mercoledì 5 dicembre 2012

Confederazione Italiana Agricoltori: una proposta per un equilibrio sostenibile tra agricoltura e selvaggina.




Pietro Sabbioni della direzione Cia di Bologna.
La ‘ricetta’ della Confederazione italiana agricoltori (Cia) di Bologna per arrivare a una corretta gestione e a una sopportabile presenza di ungulati in Appennino è stata divulgata in un comunicato nel quale l’associazione indica i suoi obiettivi nella discussione per la stesura del nuovo  PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE ora in discussione.
I ‘denti dolenti sono diversi’ e i punti salienti della proposta sono sostanzialmente tre: riorganizzazione della caccia affinchè le squadre di cacciatori non siano troppo legate alla zona loro assegnata, ridefinizione degli ambiti territoriali, ridimensionamento del numero di capi in rapporto al territorio.
  Le squadre  tendono ad operare per mantenere negli spazi loro assegnati una quantità di selvaggina elevata per non diminuire ‘il raccolto di caccia’ (si abbattono preferibilmente i maschi e si ‘graziano’ le femmine perché figliano) a scapito degli agricoltori che si vedono razziare i raccolti. La soluzione è quella di avviare una rotazione delle squadre. Ridisegnare gli ambiti territoriali di caccia non più per latitudine ma per longitudine, così che ogni ambito a semicerchio rispetto alla città abbia una propria caratteristica ambientale e agricola omogenea e una gestione uniforme in tutto il suo arco. Verso la città, dove esiste una agricoltura intensiva di qualità gli ungulati dovranno essere eliminati. Nelle altre zone i censimenti dovranno essere più precisi e gli ungulati eliminati dovranno essere in numero tale da consentire la permanenza massima di due o tre capi ogni 100 ettari.

Riportiamo le parti salienti del documento dove il lettore potrà meglio trovare il pensiero e la proposta della Cia.

I censimenti ufficiali per l’anno 2012, (tenuto conto che viene censito il 60/70% degli animali, perché i 5 Parchi Regionali della provincia, le zone di ripopolamento e cattura, e gli altri Ambiti protetti non sono coperti dalla rete dei Censitori ), hanno dato questi risultati:
Caprioli n° 18.716- Cervi n°1.575- Daini n° 1.186 – cinghiali 8/10 mila a fine settembre, per un totale di circa 35.000 animali di grossa taglia!!

E’ soprattutto sulle centinaia di aziende agricole operative della collina e della montagna che si scarica tutto l’anno questo “ciclone di ungulati”, poiché si tratta, senza esagerazioni, di dovere sottostare tutti gli anni e senza indennizzo ad un ammanco della produzione lorda vendibile di almeno il 20%. Considerata l’impossibilità di fare agricoltura, zootecnia e selvicoltura in condizioni accettabili, al fine di scongiurare la definitiva chiusura di molte aziende agricole, riteniamo doveroso aprire una discussione costruttiva con tutti i soggetti interessati ed avanzare come primo contributo le seguenti proposte di cambiamento:
1)    Cinghiale
Mantenere decine di squadre di cinghialai fisse da anni sullo stesso territorio loro assegnato, è equivalso a consolidare dei veri e propri interessi venatori. Il cinghiale è gestito come una forma di zootecnia alternativa in campo aperto in casa di altri ( gli agricoltori ). Purtroppo questo sistema di caccia contribuisce solo a consolidare la specie che, con un alto tasso di riproduzione annua nonostante il prelievo venatorio, si mantiene sempre a non meno di 8.000 capi. E’ una situazione intollerabile!! Questo animale deve essere ritenuto specie dannosa all’agricoltura e a tutto l’ecosistema.
Deve essere riportata la densità al minimo pari ad 1, massimo 2 capi per ogni 100 ettari in montagna, e attuare ogni forma di eradicazione sulla restante parte del territorio, comprese le zone collinari. Le squadre dei cinghialai dovranno  svolgere la loro attività in rotazione sul territorio ed in concorrenza tra di loro, al fine di considerare la specie non più come un loro patrimonio.
I Piani di controllo, da effettuarsi tutto l’anno su tutto il territorio, dovranno essere più tempestivi ed incisivi, rafforzando il potere di intervento e coordinamento della Polizia Provinciale e del Corpo Forestale, preposti per Legge in via prioritaria.
L’autodifesa da parte degli agricoltori, sui loro terreni, va riconfermata con facoltà di trattenere almeno 2 capi l’anno.

2)    Ungulati Nobili (Capriolo, Cervo, Daino)
I censimenti 2012 sul capriolo hanno registrato un incremento sia nell’ATC B02, (+11%) con una densità media di 12,7 capi ogni 100 ettari, che nell’ATC B03 con una densità media di 12,1 caprioli ogni 100 ettari, su 60 mila ettari coperti dal censimento. Se poi teniamo conto che i Parchi, le Oasi, Riserve naturali, rifugi e zone di ripopolamento e cattura, restano quasi sempre esclusi dai censimenti, la situazione si aggrava ancora.

Questi dati mettono in risalto che gli abbattimenti consentiti corrispondono solo all’incremento utile annuo della specie pari ad un 20/25% complessivo di prelievo. Così facendo si mantiene il capitale e si prelevano solo gli interessi, così che la specie è destinata ad aumentare in modo esponenziale.
Lo stesso ragionamento si può fare per il cervo ed il daino.
Questa situazione, non più tollerabile, deve essere assolutamente riequilibrata.
La densità obiettivo del capriolo deve essere riportata, in tutta la fascia collinare, a non più di 2/3 capi ogni 100 ettari. Proponiamo una riperimetrazione in senso orrizzontale  ed altitudinale degli attuali 3 ATC, dovendosi tenere conto della necessità di un drastico ridimensionamento di tutti gli ungulati. Questa ipotesi potrà regolamentare una gestione della popolazione degli ungulati, nell’ATC di fascia medio alta, tale da farla diventare una risorsa anche per le aziende agricole. Si dovrà pertanto investire almeno il 70% delle risorse finanziarie di questo ATC, in prevenzione, risarcimenti danni adeguati, ed incentivi  a favore delle aziende agricole della Zona.
Purtroppo sin ad ora, la gestione finanziaria degli attuali ATC è stata fortemente indirizzata in investimenti di carattere venatorio, in sintesi alle aziende agricole nel 2011, l’ATC BO1 ha destinato il 21% del proprio bilancio, l’ATC BO2 il 19% e l’ATC BO3 il 38%. Chiediamo di rivedere gli attuali Regolamenti di prevenzione e risarcimento danni, affinchè gli ATC possano diventare una vera struttura associativa in cui anche gli agricoltori possano riconoscersi come soci con diritti riconosciuti.




         3) Censimenti
Corre l’obbligo di esprimere forti perplessità su chi fa le stime della popolazione degli ungulati e sul metodo con cui vengono fatte, in un giorno della seconda metà del mese di marzo di ogni anno. I Censitori sono quasi esclusivamente gli stessi selecacciatori, che dopo aver frequentato un breve corso, coordinati dalla Provincia, contano cervi, caprioli e daini. Non sono quindi soggetti superpartes, ma persone, ancorchè qualificate, interessate a non suscitare allarmismi, ovvero a fare in modo che tutto risulti sotto controllo; gli stessi che contano poi andranno a sparare.
Purtroppo dopo anni di esperienza, pur aumentando il numero dei prelievi, la produzione degli animali aumenta. Tutto ciò ci induce a pensare: chi  controlla il controllore?

         4) Direttive Regionali per la prevenzione e risarcimento dei danni
Dal mese di novembre 2011, la Regione ha emanato un Regolamento che ha causato alle aziende agricole, forti restrizioni nelle modalità di prevenzione e risarcimento dei danni.
La CIA di Bologna chiede perciò che venga modificato, reinserendo l’autocertificazione del danno fino a mille euro, togliendo la franchigia nelle zone di collina e montagna, eliminando l’obbligo di iscrizione alla Camera di Commercio per le piccole imprese agricole, ed il ripristino della dotazione e fornitura di mezzi di prevenzione.
Inoltre, non possiamo più accettare che vengano disattese le norme previste dalla Legge statale 157/92 e Legge Regionale 8/94, che stabiliscono che i proventi della tassa di concessione regionale sulla licenza di caccia, devono essere investiti nel settore.
I fondi destinati al risarcimento danni vengono continuamente ridotti, diventa indispensabile un adeguamento della tassa di concessione regionale che è rimasta invariata dal 1992, mentre le altre Regioni l’hanno adeguata nel pieno rispetto di quanto previsto dalla Legge statale.

Bologna li. 13 novembre 2012

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