Il Nursind critico sulla rivoluzione dei pronto soccorso:
“Diversi aspetti lasciano perplessi e la maggior parte dei cittadini non è
stata adeguatamente informata. Di chi è la responsabilità se un codice verde è
in realtà un rosso? Non tutti sanno riconoscere una patologia, servono competenze
e professionalità.” Rodigliano:
“Nessun coinvolgimento da parte della Regione, a Casalecchio e al Navile
servono formazione e sicurezza per gli operatori”
“Siamo molto preoccupati e critici riguardo la riorganizzazione dell'emergenza-urgenza messa in atto dalla Regione Emilia-Romagna con l'istituzione dei Cau: non c'è stato alcun coinvolgimento, non abbiamo capito quali sono le ragioni che hanno motivato questa scelta, né qual è l'obiettivo finale di chi l'ha presa”. Antonella Rodigliano, segretaria territoriale del Nursind di Bologna, oltre che referente regionale del sindacato degli infermieri in Emilia-Romagna, interviene così nel dibattito delle ultime settimane riguardo quella che molti, in viale Aldo Moro, hanno definito vera e propria “rivoluzione per evitare la privatizzazione”, prevedendo la nascita di Cau, centri di assistenza e urgenza, per dirottare dai pronto soccorso a queste nuove strutture i pazienti meno gravi, e cioè quelli da codici verdi e bianchi. A livello bolognese, i primi Cau dovrebbero partire dal prossimo primo novembre a Budrio, Vergato, Casalecchio e al quartiere Navile, com'è stato annunciato ai sindacati durante un incontro con l'azienda sanitaria qualche giorno fa. “Ci sono però diversi aspetti che ci lasciano perplessi -continua Rodigliano-, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza sia dei professionisti che dei cittadini”.
In particolare, se a Vergato e Budrio il personale è già competente nella gestione dell'emergenza, essendoci già sistemi di 118 sul territorio, per quanto riguarda Navile e Casalecchio “sarebbe meglio andarci piano” continua la segretaria del sindacato degli infermieri, di cui fa parte anche Renato Mazzuca, quotidianamente sul campo nel dipartimento di emergenza-urgenza. “Per queste due realtà siamo un po' più preoccupati -dice-. Cercheremo di avere rassicurazioni sia sulla formazione dei colleghi, sia per le risorse a disposizione per la loro sicurezza, non avendo mai fatto questo tipo di lavoro. Vogliamo anche capire l'organizzazione coi medici di continuità assistenziale -continua Mazzuca-, come verrà composta l'equipe e quali saranno le procedure e i protocolli per l'accoglienza dei pazienti, che arriveranno da soli ai Cau”.
A proposito di accoglienza. Rodigliano spiega: “Da un modulo presentato nei giorni scorsi, sembrerebbe che i cittadini che hanno bisogno di cure e che presentano determinati sintomi debbano recarsi ai Cau e non ai pronto soccorso. Questo ci dice che se prima c'era un medico al triage, poi un infermiere con le sue competenze e una vera a propria preparazione da triagista, adesso tutto ciò viene addirittura scaricato sui cittadini”. Non tutti però sono in grado di riconoscere una patologia e può anche capitare, prova ad esemplificare la rappresentante sindacale, che un codice verde sia in realtà un codice rosso. “Di chi è a quel punto la responsabilità? Ci chiediamo che tipo di cure stiamo dando ai cittadini e che tipo di sicurezza possiamo garantire in questo modo ai professionisti” continua Rodigliano, mentre Mazzuca aggiunge: “La criticità di questa riorganizzazione è che va ad inserire un nuovo modello all'interno di uno che si è consolidato negli anni. Certo, andava migliorato e potenziato, ma ci preoccupa ritrovarci adesso con una nuova organizzazione che è già difficile da comprendere per operatori e professionisti, figuriamoci per i cittadini”.
Tra l'altro, riprende Rodigliano, “crediamo sia anche mancata una comunicazione importante proprio coi cittadini. Credo che ad oggi non siano adeguatamente stati informati su questa riorganizzazione importante, che riguarda soprattutto la loro salute”. Il punto principale, conclude però la sindacalista, è che “ci sarebbe piaciuto poterci confrontare prima. Come dico sempre, siamo gli attori principali della sanità, dovunque e sempre vicino ai pazienti. Li conosciamo più di tutti, ci spiace non essere stati coinvolti”.
Il sistema sanitario è marcio, bisogna azzerare tutto e ricominciare con nuove risorse umane, nessuno dei tanti lavoratori, tecnici, dottori, baroni, politici, che si sono occupati di sanità in passato, dovranno essere ammessi alla NUOVA sanità, perciò, fanno bene gli infermieri ad essere preoccupati, considerato che altri campi di concentramento da cui trarre uno stipendio, non ne troveranno. (veterinari inclusi)
RispondiEliminaQuale nuova sanità, quella privata? Quella in cui ti curi a quazzo di cane imbattendoti di sverminatore per cavalli?
RispondiElimina...vai a letto e copriti, invornito.