sabato 8 aprile 2023

Dal campo alla tavola, passando dal mulino storico

Farro e grani antichi dei campi dell’Appennino  diventano farine integrali per i pani del forno storico. Al Mulino del Rosso di Lagaro si torna al passato per un futuro migliore

 


Stefano Stefanelli ( nella foto) è tornato a coltivare a tempo pieno l’azienda agricola di famiglia a Lagaro,  ha recuperato le colture di grani antichi e di farro, che ottiene con una rigorosa attenzione alle prescrizioni per il biologico, ha ripristinato il mulino storico dell’azienda operando, anche in questo caso, per ottenere farina integrale e poi, per terminare in bellezza, impasta, riempie con i suoi pani  il forno storico e al termine, nel rispetto della tradizione contadina, con la pala traccia una croce sulla pietra alta dell’arco della bocca del forno.

Terminato il tempo di cottura sforna il pane e gode con i fortunati presenti il profumo rassicurante del pane cotto. Con lui il figlio Samuele che collabora con vera  passione nella evidente consapevolezza che la lezione che il padre gli impartisce è appassionante e affascinante.

Il recupero delle attrezzature storiche ha partecipato il maestro falegname Tiziano Neri di Rioveggio ( nella foto osserva il suo lavoro). Le parti in legno dell’impiantistica che nel tempo e con il disuso si erano ammalorate, grazie alla capacità di Tiziano sono tornate alla piena funzionalità, in particolare Tiziano ha rimesso in funzione il setaccio in liste di legno che seleziona le farine, separandole in base agli spessori.

Le macine sono due e la principale funziona con la forza motrice dell’acqua del fiume Setta.

La vendita dei prodotti del forno avviene  direttamente al  mulino su prenotazione a una clientela affezionata che si reca allo spaccio al lunedì o al giovedì  (chi vuole verificare o ordinare tel. 320 28 22 929 ; 320 66 89 461)

Visitando il Mulino di Stefanelli non si capisce se si fa un tuffo nel passato o un salto nel futuro.

Tiziano mostra un pane appena sfornato

“ La mia famiglia gestisce il forno da  cinque  generazioni. Oltre ai grani e al farro, maciniamo anche castagne essiccate e lavoriamo il riso. In passato il mulino  ha macinato  anche  sassi per ottenere ghiaia e si produceva inoltre calce,” racconta Stefano.  

Il mugnaio è soddisfatto dei suoi risultati, ma non manca anche di lamentare gli  incomprensibili intralci burocratici che ha dovuto affrontare; teme di trovarne ancora e mormora: “Basterebbe che non ci mettessero i bastoni tra le ruote. Non chiediamo niente. Vogliamo solo lavorare”.

Fra gli entusiasti del Molino del Rosso, il mastro Tiziano, che racconta la nascita dell’idea: a guidarlo nell’impresa di recupero  è stata, più che la dedizione al suo lavoro, l’amore nella ricerca di tecniche di lavorazione antiche. “Questi mulini sono scrigni pieni di ingegnosità dell’uomo e sono tanto efficaci da rappresentare il futuro,” precisa Tiziano. “I mulini non spariranno mai e con questa tecnica e queste farine il pane che si ottiene è una medicina”.

A seguire il recupero di Stefano anche il presidente del Consorzio Mela Rosa Romana dell’Appennino, il professor Dario Mingarelli ( a destra nella foto), da tempo attento al recupero delle produzioni appenniniche che hanno nella Mela Rosa Romana una indiscussa eccellenza. “L’Appennino si sta sempre più rivelando un’isola felice che va salvaguardata e sostenuta anche in modo concreto,” dice Mingarelli. “I suoi prodotti, come studi universitari e ricerche culinarie hanno accertato,  hanno  una valenza e una qualità tale da assicurare una nutrizione salutare e rigenerante. Al di là delle dichiarazioni invito tutti  a verificare la fondatezza di quanto ho affermato  seguendo diete a base di prodotti appenninici.”


Alcuni dei prodotti del forno, fra cui la pizza di farro





Nella parte alta della bocca del forno, la croce tracciata con la pala

Samuele all'opera 

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