Semina girasole alto oleico (+5000 ettari), soia (+7000 ha) e sorgo ma poco mais. Bonvicini: «Definire piani colturali strategici per il 2022-2023. Attenzionare le colture proteiche e il mais che sono di vitale importanza per le filiere zootecniche e per la produzione dei tanti salumi e formaggi Dop dell’Emilia-Romagna»
di Barbara Bertuzzi
Confagricoltura Emilia Romagna
È iniziata la corsa in
Emilia Romagna per seminare nuovi campi di girasole ad alto contenuto
oleico, soia, sorgo e (poco) mais sui 22.000 ettari circa di superfici a riposo
sboccate recentemente dalla Ue per rafforzare la sicurezza
dell’approvvigionamento alimentare.
«Di
sicuro non si può più seminare grano in questo periodo dell’anno -
precisa Lorenzo Furini responsabile sezione cereali di
Confagricoltura Emilia Romagna - la scelta ricade prevalentemente su
colture quali girasole, soia e sorgo che richiedono il minor impiego di concimi
e prodotti fitosanitari. Il mais esige invece più
fertilizzanti che costano troppo o sono addirittura difficili da
reperire dopo lo stop alle forniture da Russia e Ucraina, primi esportatori al
mondo».
Gioca in
anticipo Marcello Bonvicini, presidente di Confagricoltura Emilia
Romagna, guardando ai piani colturali 2022-2023. «Occorre fronteggiare la
mancanza di materie prime agricole e commodity con piani strategici di settore finalizzati
a coltivare nel tempo ciò di cui abbiamo bisogno. Con una particolare attenzione
alle colture proteiche e al mais, che sono di vitale importanza per le
nostre filiere zootecniche e per la produzione dei tanti salumi
e formaggi Dop dell’Emilia-Romagna».
Grazie
al recupero dei terreni lasciati a riposo, l’Emilia-Romagna vedrà così
aumentare del 25-30% gli ettari a girasole (da 12.000 a 17.000), con una
novità: i produttori della regione si sono sempre orientati sul girasole da
seme fino a coprire il 90% delle superfici investite, ora però la necessità li
ha spinti a coltivare quasi esclusivamente quello alto oleico.
Rilevante
è anche l’incremento atteso delle superfici regionali a soia (da
40.000 a 47.000 ettari), per colmare il deficit di prodotto dell’industria
mangimistica, con le province di Ferrara, Bologna e Modena a guidare la
classifica delle nuove semine. Stesso discorso vale per il sorgo, anch’esso
utilizzato per l’alimentazione animale, che si avvia ad aumentare del 10% le
sue coltivazioni soprattutto in Romagna e nelle aree marginali.
Sorprende
il dato non positivo relativo alle semine di mais in
Emilia-Romagna. Nonostante il balzo dei prezzi oltre il 40% la coltura
continua a essere disincentivata dagli alti costi di produzione. Già alla
fine del 2021 le previsioni segnavano un calo della superficie attorno al
10-15% rispetto all’anno scorso quando in regione sono stati coltivati circa
110.000 ettari.
Dei
nuovi terreni messi a disposizione, solo 3000 ettari circa verranno
infatti destinati alla produzione di mais e sono soprattutto
le aziende zootecniche a sfruttare tale opportunità per garantire la
sopravvivenza dei propri allevamenti.
Inoltre, una piccola parte dei 22 mila ettari sbloccati dalla Ue in regione sarà destinata alle orticole da seme (coriandolo, radicchio, ecc.); la restante parte non sarà coltivata per scelta dell’agricoltore a causa del clima di incertezza che caratterizza l’andamento delle quotazioni.
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