La “seconda ondata” dei contagi ha avuto un impatto più significativo della prima anche in ambito lavorativo. La categoria professionale più colpita è quella dei tecnici della salute, con il 38,6% delle infezioni denunciate, circa l’82% delle quali relative a infermieri, seguita dagli operatori socio-sanitari (18,6%), dai medici (9,5%), dagli operatori socio-assistenziali (7,6%) e dal personale non qualificato nei servizi sanitari, come ausiliari, portantini e barellieri (4,7%). I casi mortali tra i sanitari sono il 23,7%, al primo posto infermieri con il 9,3% dei morti e poi i medici con il 6,5%. IL RAPPORTO.
Le
infezioni da Covid-19 di origine professionale denunciate all’Inail
alla data del 30 novembre sono 104.328, pari al 20,9% del complesso
delle denunce di infortunio sul lavoro pervenute dall’inizio
dell’anno e al 13% dei contagiati nazionali comunicati
dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa
data.
Rispetto alle 66.781 denunce rilevate alla
data del 31 ottobre i casi in più sono 37.547, di cui 27.788
riferiti a novembre e 9.399 a ottobre, per
un totale al 30 novembre di 104.328 denunce.
Lo
rileva oggi l'Inail che sottolinea come la “seconda ondata” dei
contagi abbia avuto un impatto più significativo della prima anche
in ambito lavorativo.
Nel bimestre ottobre-novembre, infatti, si rileva il picco dei
contagi con quasi 49mila denunce di infortunio (pari al 47% del
totale) rispetto alle circa 46.500 registrate nel bimestre
marzo-aprile. Il divario, peraltro, è destinato ad aumentare nella
prossima rilevazione per effetto del consolidamento particolarmente
influente sull’ultimo mese della serie.
Ricordiamo
che l'Inail non registra i casi di contagio e i decessi dei
sanitari non assicurati con Inail (mmg, liberi professionisti,
farmacisti, ecc.)
I
casi mortali dall'inizio della pandemia sono 366,
pari a circa un terzo del totale dei decessi denunciati all’Inail
dall’inizio dell’anno, con un’incidenza dello 0,7% rispetto ai
deceduti nazionali da Covid-19 comunicati dall’Iss alla stessa
data. Rispetto ai 332 decessi rilevati dal
monitoraggio al 31 ottobre, i casi mortali segnalati all’Istituto
sono 34 in più, di cui 20 nel solo mese di novembre. La metà dei
decessi (50,3%) è avvenuta ad aprile, il 33,1% a marzo, il 6,0% a
maggio, il 5,5% a novembre, l’1,6% a luglio e a ottobre, l’1,4% a
giugno e lo 0,3% ad agosto e settembre.
Sul
totale dei 366 decessi, il settore della sanità e assistenza sociale
(ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici
universitari, residenze per anziani e disabili…) registra il 23,7%
dei decessi codificati (pari a 87 decessi);
seguito dalle attività del manifatturiero (addetti alla lavorazione
di prodotti chimici, farmaceutici, stampa, industria alimentare) con
il 13,7%; dal trasporto e magazzinaggio con l’11,5%;
dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti
alla sanità – Asl - e amministratori regionali, provinciali e
comunali) con il 10,3%; dal commercio all’ingrosso e al dettaglio
con il 9,9%, dalle costruzioni con il 7,6%; dalle attività
professionali, scientifiche e tecniche (dei consulenti del lavoro,
della logistica aziendale, di direzione aziendale) con il 4,6%; dalle
attività finanziarie e assicurative con il 3,8%; da quelle dei
servizi di alloggio e ristorazione, dalle altre attività dei servizi
(pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla
persona, parrucchieri, centri benessere…) e dalle attività
inerenti il noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle
imprese (servizi di vigilanza, attività di pulizia, fornitura di
personale, call center…), tutte con il 3,4% ciascuna.
Nel
dettaglio, le categorie più colpite dai decessi sono quelle dei
tecnici della salute
(il 58% sono infermieri, di cui circa la metà donne) con il 9,3% dei
casi codificati e dei medici con il 6,5% (un decesso su dieci è
femminile).
A seguire gli operatori socio-sanitari con il 5,1%
(oltre la metà sono donne), il personale non qualificato nei servizi
sanitari (ausiliari, portantini, barellieri, tra questi il 27% sono
donne) con il 3,1% e gli operatori socio-assistenziali (due su tre
sono donne) con il 2,8%, gli specialisti nelle scienze della vita
(tossicologi e farmacologi) con il 2,0%.
Le restanti
categorie professionali coinvolte riguardano gli impiegati
amministrativi con l’11,8% (nove su dieci sono uomini), gli addetti
all’autotrasporto con il 5,9% (tutti uomini), gli addetti alle
vendite e i direttori e dirigenti amministrativi e sanitari con il
2,5% ciascuno, gli artigiani meccanici con il 2,2%, gli addetti ai
servizi di sicurezza, vigilanza e custodia e gli artigiani e operai
specializzati nelle rifiniture e mantenimento delle strutture edili,
tutti con il 2,0% ciascuno.
L’analisi
territoriale conferma che le denunce di infezione ricadono
soprattutto nel Nord del Paese:
il 50,3% nel Nord-Ovest (il 30,5% in Lombardia), il 21% nel Nord-Est,
il 13,7% al Centro, l’11,1% al Sud e il 3,9% nelle Isole. Le
province con il maggior numero di contagi sono Milano (11,9%), Torino
(7,6%), Roma (4,2%), Napoli (3,9%), Brescia (3,2%), Genova (2,8%),
Varese (2,7%) e Bergamo (2,6%). In termini relativi, però, sono le
province meridionali a registrare i maggiori incrementi: Reggio
Calabria, Caltanissetta, Caserta e Salerno vedono più che triplicare
i casi denunciati rispetto alla rilevazione di fine
ottobre.
Concentrando
l’analisi esclusivamente sui decessi,
la percentuale del Nord-Ovest sale al 53,8% (il 39,3% in Lombardia),
ma rispetto al totale delle denunce si osserva una quota più elevata
al Sud, che con il 16,9% dei casi mortali precede il Centro (13,7%),
il Nord-Est (12,8%) e le Isole (2,8%). Le province che contano più
decessi si confermano essere quelle di Bergamo (11,2%), Milano
(8,5%), Brescia (6,8%), Napoli (6,3%), Roma (5,5%) e Cremona
(4,9%).
Rispetto
alle attività produttive coinvolte dalla pandemia, il settore della
sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura
e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze
per anziani e disabili –
con il 68,7%
delle denunce (pari a 71.673 casi)
precede l’amministrazione pubblica (attività degli organismi
preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali,
provinciali e comunali), in cui ricadono il 9,2% delle infezioni
denunciate e il 10,3% dei decessi.
Gli altri settori più
colpiti sono i servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e
call center), il manifatturiero (tra cui gli addetti alla lavorazione
di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare), le
attività dei servizi di alloggio e ristorazione e il
commercio.
Ripartendo l’intero periodo di osservazione
in tre intervalli – fase di “lockdown” (fino a maggio
compreso), fase “post lockdown” (da giugno ad agosto) e fase di
“seconda ondata” di contagi (settembre-novembre) – per
l’insieme dei settori della sanità, assistenza sociale e
amministrazione pubblica (Asl) si osserva una progressiva riduzione
dell’incidenza delle denunce tra le prime due fasi e una risalita
nella terza (si è passati dall’80,5% dei casi codificati nel primo
periodo al 49,2% del trimestre giugno-agosto, per poi risalire al
76,3% nel trimestre settembre-novembre). Viceversa altri settori, con
la graduale ripresa delle attività, in particolare nel periodo
estivo, hanno visto aumentare l’incidenza dei casi di contagio tra
le prime due fasi e una riduzione nella terza.
È il
caso, per esempio, dei servizi di alloggio e ristorazione (passati
dal 2,5% del primo periodo, al 6,3% del trimestre successivo e al
2,4% nel trimestre settembre-novembre) e dei trasporti (passati
dall’1,2%, al 5,8% e al 2,4%). Il decremento osservato in questi
settori nell’ultimo trimestre analizzato non deve però trarre in
inganno. In ottobre e, in particolare, a novembre il numero dei
contagi sul lavoro da Covid-19 denunciati all’Inail è tornato ad
aumentare vigorosamente in tutti i settori di attività. A diminuire
è la quota di questi casi sul totale, a fronte del più consistente
aumento che caratterizza nuovamente la sanità, sia in valore
assoluto che relativo.
La
categoria professionale più colpita continua a essere quella dei
tecnici della salute,
con il 38,6% delle infezioni denunciate, circa l’82% delle quali
relative a infermieri, e il 9,3% dei casi mortali, seguita dagli
operatori socio-sanitari (18,6%), dai medici (9,5%), dagli operatori
socio-assistenziali (7,6%) e dal personale non qualificato nei
servizi sanitari, come ausiliari, portantini e barellieri (4,7%). Le
altre categorie più coinvolte sono quelle degli impiegati
amministrativi (4,3%), degli addetti ai servizi di pulizia (2,2%),
dei conduttori di veicoli (1,2%) e dei dirigenti amministrativi e
sanitari (1,0%).
Dall’analisi dei dati per mese di
accadimento emerge una progressiva riduzione dell’incidenza dei
casi di contagio per le professioni sanitarie nelle prime due fasi e
una risalita nella terza. La categoria dei tecnici della salute, in
particolare, è passata dal 39,3% del primo periodo, fino a maggio
compreso, al 21,4% del trimestre giugno-agosto, per poi risalire al
38,6% nell’ultimo trimestre. I medici, scesi dal 10,2% della fase
di “lockdown” al 3,7% in quella “post lockdown”, hanno fatto
registrare il 9,0% nella “seconda ondata” dei contagi.
Con
la ripresa delle attività, altre professioni hanno invece visto
aumentare l’incidenza dei casi di contagio tra le prime due fasi e
registrato una riduzione nella terza. Gli esercenti e addetti nelle
attività di ristorazione, per esempio, sono passati dallo 0,6% del
primo periodo al 4,2% di giugno-agosto e allo 0,8% tra settembre e
novembre. Gli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia,
tra la prima e la seconda fase hanno raddoppiato la percentuale dei
contagi rispetto al totale (dallo 0,6% all’1,2%), per poi
attestarsi allo 0,9% nell’ultimo trimestre. Le infezioni relative
agli artigiani e operai specializzati delle lavorazioni alimentari,
invece, sono aumentate dallo 0,2% al 7,1%, per poi tornare allo 0,2%
dei contagi denunciati tra settembre e novembre.
La
maggioranza dei lavoratori contagiati sono donne (69,4%),
con un’età media dall’inizio dell’epidemia di 46 anni per
entrambi i sessi. Il 42,5% delle denunce riguarda la classe 50-64
anni, seguita dalle fasce 35-49 anni (36,8%), 18-34 anni (18,8%) e
over 64 anni (1,9%). I decessi, invece, sono concentrati soprattutto
tra gli uomini (84,2%) e nella fascia 50-64 anni, con il 71,6% del
totale dei casi. Seguono le fasce over 64 anni (18,6%) e 35-49 anni
(8,7%), con un’età media dei deceduti di 59 anni.
L’85,6%
dei contagi denunciati riguarda lavoratori italiani.
Il restante 14,4% sono stranieri (otto su 10 donne), concentrati
soprattutto tra i lavoratori rumeni (pari al 20,2% dei contagiati
stranieri), peruviani (15,0%), albanesi (7,8%) ed ecuadoregni
(5,1%).
Inviato da Dubbio
E intanto...
RispondiEliminahttps://www.quotidiano.net/cronaca/v-day-solo-per-9mila-siamo-ultimi-in-europa-la-germania-ha-gi%C3%A0-comprato-forniture-extra-1.5855426
https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/25690681/vincenzo-de-luca-vaccino-il-tempo-osho-non-so-voi-io-da-oggi-sono-zona-gialla.html
Siamo il fanalino di coda dell'Europa, ma i primi ad avere politici sciagurati ed incompetenti.
Vero, abbiamo politici scarsi, basterebbe che copiassero dagli altri stati...ma forse è troppa fatica.
RispondiEliminahttps://www.quotidiano.net/cronaca/berlino-conferma-fatta-incetta-di-vaccini-italia-in-ritardo-anche-la-neve-ci-rallenta-1.5857768