di Marco Leoni
EPICURO : La teoria del tetrafarmaco
e la ricerca della felicita’
II parte
( lezione di Matteo Saudino, fantastico prof. di filosofia )
Ci concentriamo oggi sulla lettera a Meneceo, cioè la lettera sulla FELICITA’, il celebre TETRAFARMACO cioè la teoria dei quattro farmaci che rendono l’uomo felice.
Partiamo però da un presupposto : l’edonismo, cioè la ricerca del piacere, della felicità secondo Epicuro si fonda sulla negatività e non sulla positività.
Quando un uomo è felice ? Quando non prova dolore. La felicità per Epicuro non è quindi una lista da riempire di azioni che rendono felice l’uomo ma è piuttosto una lista da svuotare, eliminare le cose che rendono la vita dell’uomo infelice: la felicità consiste nell’eliminare tutte le cose che producono e provocano dolore.
La teoria del tetrafarmaco è la teoria dei quattro farmaci, cioè dei quattro rimedi contro i dolori che rendono la vita dell’uomo infelice e che impediscono la felicità.
L’edonismo Epicureo pertanto non è un edonismo del godimento, non parliamo del libertinismo, delle teorie del piacere tipiche dell’ Europa del 600 e 700. No, per Epicuro il piacere è l’assenza di dolore. E quali sono i quattro mali da cui bisogna liberarsi per essere felici ?
Il primo male è quello che deriva dal TIMORE DEGLI DEI: l'uomo spesso vive male perché è timorato di Dio. E' quello che invece sarà poi un valore per il cristianesimo: vivere timorati di Dio essere obbedienti alla divinità e a coloro che esercitano la Parola della divinità, i sacerdoti. Per Epicuro bisogna liberarsi del timore degli Dei e lo dimostra partendo da questo presupposto : gli Dei esistono ma esiste anche il male e l’interazione tra gli Dei e il Male rende evidente la non interferenza degli Dei nella vita dell’uomo perché, Epicuro dice, se Dio esiste (e Dio esiste) e se esiste il male (e il male esiste) che rapporto vi è tra Dio e il male se il male c’è nonostante ci sia Dio ? Può essere soltanto perché Dio non vuole togliere il male; ma a questo punto Dio sarebbe cattivo, impossibile, allora perché c’è il male se c’è Dio? Forse perché Dio non può togliere il male; ma in questo caso Dio sarebbe impotente ed è altrettanto impossibile. Allora potrebbe esserci un Dio che non vuole e non può togliere il male pertanto un Dio cattivo e impotente, altrettanto impossibile che Dio sia impotente e cattivo. Secondo la logica di Epicuro allora esiste una quarta via e cioè che gli Dei esistono ma non interagiscono con la vita degli uomini, con le vicende umane, non interagiscono con le guerre, le battaglie, non interagiscono con i terremoti, con i vulcani, con i maremoti, con la morte accidentale.
Non dobbiamo vivere timorati degli Dei perché la nave non è affondata per colpa di Dio, il terremoto non è avvenuto per colpa di Dio, esiste l’IMPONDERABILE la CASUALITA’ e poi le RESPONSABILITA’ UMANE. Dunque non viviamo timorati degli Dei, agli Dei delle vicende umane non importa nulla, Epicuro libera gli uomini dal vivere timorati di Dio, sotto il giogo degli Dei. La vita degli uomini è nelle mani degli uomini e della casualità, non vi è nulla da sperare, da temere, da credere, nella vita c’è bisogno di FARE, AGIRE, PENSARE non sperare e credere. Dunque soltanto lo stolto può temere quello che non conosce. Già lo diceva Socrate e qua Epicuro rafforza questa tesi dicendo: soltanto lo stolto può dire di temere ciò che non conosce con la sensibilità.
Altro male da cui bisogna liberarsi è il male che deriva dal DOLORE FISICO dal dolore che danneggia il nostro corpo, ad es. il DOLORE PASSEGGERO: mi sono rotto una gamba, ho un’influenza, ho una bronchite. Ma perché temere un dolore che finirà, perché passare male delle ore, danneggiarsi la vita per un dolore che tanto finirà. L’alternativa è dannarsi o accettarlo ed è meglio accettarlo perché tanto poi finirà e dunque la prospettiva deve essere quella dell’apatia, dell’indifferenza rispetto al dolore fisico passeggero.
E se il dolore fisico non è passeggero ma è un dolore legato a una malattia che sarà mortale, anche in questo caso è inutile dannarsi perché la morte ci libererà dal dolore. C’è in Epicuro una prospettiva di eutanasia antelitteram : la morte (terzo male) non viene temuta , diventa l’anticamera della fine del dolore, diventa portatrice di libertà perché libera dai dolori. Bisogna con indifferenza rapportarsi alla malattia perché tanto la malattia ha solo un vantaggio su di noi, quello di renderci la vita invivibile, di renderci invivibili quelle giornate che possiamo ancora vivere o comunque vivremo perché poi la malattia finisce. Dovessi avere anche una grave disabilità per tutta la vita, l’alternativa non è altro che o accettarla o rammaricarsi: l’accettazione di quella menomazione fa sì che tu possa vivere la vita comunque con slancio e possibilità di felicità, l’alternativa è il dolore.
Quarto e ultimo male da cui liberarsi è il male che più di tutti oggi probabilmente ci coinvolge, su questo male Schopenhauer costruirà tutta la sua fortuna tutta la sua filosofia pessimistica, è il male che deriva dai DESIDERI e dai PIACERI NON SODDISFATTI.
Divide Epicuro i DESIDERI in DESIDERI NATURALI E NECESSARI, NATURALI E NON NECESSARI E NON NATURALI E NON NECESSARI.
Partiamo dai primi, I DESIDERI NATURALI E NECESSARI vanno perseguiti perché sono necessari alla nostra vita e la felicità è data dal raggiungimento dell’appagamento del desiderio; il dolore e dunque l’infelicità sono dati dal non raggiungimento del desiderio. I desideri naturali, indispensabili alla nostra vita sono mangiare, dormire, andare di corpo, bere... Sono desideri, piaceri naturali che vanno sostenuti alimentati e ovviamente ci accorgiamo della loro importanza sostanzialmente quando non riusciamo a soddisfarli. Un insonne non può essere felice perché la sua grande preoccupazione non sarà andare a sciare o comprarsi il quattordicesimo paio di scarpe, ma sarà quello di dormire una notte beato e tranquillo. Lo stesso discorso vale per uno stitico, perché la sua grande preoccupazione è andare di corpo e non è la cura dell’anima attraverso la poesia, la letteratura la preghiera, sarà andare in bagno e raggiungere dunque un sollievo, l’esaltazione dell’appagamento dei piaceri fisici.
Tra i piaceri fisici naturali ci sono poi I PIACERI NATURALI MA NON NECESSARI che vanno perseguiti moderatamente: mangiare bene, bere bene, dormire in maniera comoda, fare l’amore. Questi vanno distribuiti in maniera parsimoniosa perché se io ogni giorno mangio il mio cibo preferito o mangio tanto, il piacere che ne deriva verrà meno perché la settima volta su sette giorni che mangio la pizza o le tagliatelle della nonna non è più un piacere, mi sono assuefatto e dunque ci sarà un nuovo desiderio, quel desiderio sarà banalizzato e dunque non sarà più fonte di piacere; lo stesso vale per dormire, dice Epicuro, dormire tanto va bene quella volta alla settimana perché se tutti i giorni dormo tanto e non facessi altro che dormire finirei poi nella noia nella apatia negativa, invece il fatto che tutti i giorni uno si alzi presto per andare a scuola o a lavorare fa sì che la domenica mattina quando si può dormire di più, si provi di fatto piacere. Ecco il filosofo delle piccole cose.
Lo stesso varrà per la sessualità: non sono il libertinaggio o le orge la grande sessualità esaltata magari in altre filosofie edonistiche quelle che portano alla felicità, questo è un edonismo della moderazione. Anche Epicuro come Democrito esalta la masturbazione dunque l’autoerotismo come possibilità di provare piacere, di adeguarsi alle proprie esigenze fisiche in maniera autonoma . Gli epicurei esaltano l’autoerotismo come elemento di libertà e di autonomia. E’ chiaro che dietro la masturbazione ci può anche essere un elemento di solitudine ma Epicuro non la vede così ma solo come momento di autonomia e di capacità di prodursi piacere da soli. E' chiaro che poi sia la scienza illuministica medica del settecento e anche ben prima la dottrina cristiana cattolica e tutte le altre religioni condanneranno la ricerca autonoma del piacere e questo è un altro motivo per cui Democrito ed Epicuro cadono nel calderone dei filosofi da abbandonare da non seguire, i filosofi che la dottrina cristiana definisce come filosofi del peccato.
Abbiamo poi il terzo tipo di piacere che non va mai perseguito. Sono i PIACERI NON NATURALI E NON NECESSARI cioè i PIACERI ARTIFICIALI e questi piaceri portano dolori. Sono la ricerca della FAMA , la ricerca della BELLEZZA , la ricerca del CONSUMO , la ricerca del POTERE. Guarda caso sono proprio i valori trionfanti nella nostra società ma non lo dico in un’ottica moralistica, è una presa d’atto di quello che è l’elemento cardine della nostra società cioè produrre passioni, pulsioni costanti perché attraverso la passione e la pulsione siamo portati a consumare. Dobbiamo desiderare la borsa bella, desiderare quattordici paia di scarpe, la cintura firmata, desiderare di andare in vacanza. Desiderare, desiderare, desiderare, una produzione di desideri tutti tendenzialmente realizzabili in minima parte ma comunque in parte realizzabili perché sono base di consumo.
Il desiderio della felicità, del lavoro che piace, il desiderio di viaggiare, studiare, tutti desideri che noi espelliamo dal nostro orizzonte perché sappiamo che non possiamo avere se non almeno nel tempo libero.
Poi altra sfera è quella del POTERE il desiderio del potere della fama e della bellezza. Oggigiorno ad es. la chirurgia ti permette una rincorsa alla bellezza fattibile e ci si può tranquillamente proiettare ad essere ancora dei giovincelli pur avendo cinquanta sessanta, settant’anni.
Ecco, Epicuro vive in un altro mondo e vive in un’altra prospettiva e direbbe che probabilmente una persona che a cinquant’anni ne vuole avere venti, a sessanta ne vuole avere trenta, a settanta ne vuole avere quaranta e che si veste e si addobba appunto come un ragazzino, in realtà è frustrato perché sta cercando di appagare i desideri che sono tendenzialmente desideri irrealizzabili e quando lo fai, lo fai in realtà producendo dentro di te delle tensioni e dei turbamenti. Dunque questi desideri non vanno perseguiti perché non sono stabili. Non posso fondare sulla bellezza la mia vita perché la bellezza finisce, non posso fondarla sul potere perché il potere finisce, non posso fondarla sulla ricchezza, e qui non dice che chi è povero è felice ma che chi è ricco non è detto che sia felice perché se ho degli amici perché sono ricco, quando la ricchezza finisce o quando percepisco che le amicizie sono in realtà false, non c’è più la felicità ma c’è dolore.
Dunque bisogna perseguire i piaceri stabili che sono: L’AMICIZIA, IL DIALOGO, LA COOPERAZIONE, LA CONVIVENZA e L’ELIMINAZIONE DEI DOLORI. Bisogna ridurre la fonte del disagio, bisogna incidere sulle proprie vite eliminando le fonti del dolore, dei dispiaceri, le tensioni che intaccano la nostra possibilità di felicità.
E dunque siamo ben lungi dall’idea della felicità come amore rozzo, sfrenato, sensuale.
La comunità filosofica 'del giardino', quella di Epicuro, viveva in maniera morigerata, semplice viveva in comunità e viveva con un forte senso di appartenenza e di amicizia.
Tutto questo fa ancora oggi della scuola del giardino un modello di felicità un modello di vita difficilmente compatibile con la società a capitalismo avanzato che si fonda tendenzialmente sull’uomo che è lupo degli altri uomini, sull’accumulo, sul consumo, su una ricerca sfrenata di successo e di beni a cui pensiamo sia collegata la felicità: il GRANDE INGANNO della società in cui noi viviamo è quello di aver collegato la felicità al consumo, al Pil, aver collegato la felicità al possesso.
Se noi non ci liberiamo di questo concetto sarà molto difficile raggiungere una stabilità, una felicità.
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