venerdì 12 giugno 2020

Addio a Salvina, voce e memoria di Monte Sole

Nell’eccidio perse tre sorelle e la madre, fu testimone al processo



Salvina AstraliSalvina Astrali

La ragazza che sorrideva dalla finestra, insieme alle sue sorelle Ida e Gabriella, non c’è più. La casa dove ha vissuto per parte degli anni della seconda guerra mondiale, oggi è un sito di interesse storico nel cuore del parco di Monte Sole, e il suo sguardo in qualche modo è rimasto sempre lì. Anche ora che Salvina Astrali, come si dice tra i vecchi, è andata avanti. Lei, sopravvissuta ad una delle albe più buie della storia d’Italia, da lì però non se ne è mai andata davvero. Il suo volto, assieme a quello delle sue sorelle, che morirono durante l’eccidio, fu scelto a fine anni ’90 per essere ricordato, in uno dei vari pannelli informativi posizionati all’interno del Parco, a testimonianza di un tempo che fu. L’immagine che la ritrae fu scattata nel 1939 a Caprara di Sopra, un piccolo caseggiato dove la sua famiglia aveva vissuto ed era tornata a stare poco prima di quel maledetto 29 settembre 1944. Quando fascisti e nazisti salirono in questo piccolo fazzoletto di Appennino per massacrare, in un attacco premeditato, l’intera popolazione civile. Donne, vecchi e bambini compresi. 

La storia
Salvina con il marito Augusto Iubini e la figlia Lucia Salvina con il marito Augusto Iubini e la figlia Lucia
Salvina Astrali è nata nel 1928 a San Martino, nel giorno in cui morì sua nonna, in una famiglia di contadini. Da lì poi si spostarono per arrivare qualche anno dopo a Caprara di Sopra, in una casa di proprietà del padrone terriero della zona, che allora era tutta mezzadria. Fu proprio qui che sua madre, le sorelle Ida e Gabriella, poco più che ventenni, e la piccola Anna Rosa di undici anni furono trucidate. Salvina quella mattina si salvò perché la sera del 28 settembre era scesa a recuperare il bestiame a Villa d’Ignano, qualche chilometro più a nord, da dove il giorno prima della strage la sua famiglia era sfollata, temendo altri rastrellamenti. Oltre a lei, sotto i corpi dei morti si salvarono altre due sorelle, Paola e Maria, che, come spiegò Salvina, «rimasero talmente scioccate da non poter più tornare a vivere come normali cristiane».
L’impegno per non dimenticare
Tutta la sua storia Salvina Astrali non ha mai smesso di raccontarla, decidendo anche di testimoniare nel 2006 al processo di La Spezia, il primo dopo 62 anni dal fatto, durante il quale furono condannati all’ergastolo dieci dei 17 imputati, tutti non presenti al processo, per la strage di Monte Sole. «Paola e Maria - spiegava - rimasero con la mamma e le altre sorelle sotto i cadaveri per tutta la giornata. Raccontarono che si erano salvate perché si era ribaltata una vetrina ed erano rimaste dietro. Mi hanno raccontato che sentivano urlare, i tedeschi avevano chiuso la gente nelle cascine e poi tirato dentro le bombe a mano. Avevano messo una mitragliatrice sulla finestra per massacrare chi fosse rimasto in vita, e sparavano a raffica. Spararono finché i bambini non piansero più. Le mie sorelle restarono mute, sotto quella montagna di cadaveri. Loro hanno sentito che fuori c’era della gente che parlava anche in italiano. Quelli che sparavano non erano tutti tedeschi, c’erano anche degli italiani, i repubblichini. Ero rimasta solo io a dover accudire le mie sorelle e mio padre, che erano tutti feriti. Avevo 14 anni. Nessuno di noi tornò più a Caprara, sapevamo che erano tutti morti».
La testimonianza
Una testimonianza che Salvina, sia durante il processo che in tanti video, come quello realizzato dalla Fondazione Scuola di Pace «Quello che abbiamo passato», e in diversi incontri con i ragazzi, non ha mai smesso di raccontare. Fino ad una delle sue ultime apparizioni pubbliche in occasione del 25 aprile a Monte Sole, nel 2014, come ricorda la Fondazione Scuola di Pace: «Salvina ha da sempre sostenuto il lavoro che portiamo avanti: ci ha raccontato, ci ha spronato, ci ha aiutato a capire. Veniva spesso a trovarci, e l’ultima volta è stata in occasione del 25 Aprile Monte Sole - Marzabotto Percorsi Antifascisti 2014 quando, accettando l’invito di Enrica e Gianluca di Archivio Zeta, ha vestito i panni di Tiresia (un indovino della mitologia greca, ndr), esortando tutti noi a non fare della memoria un semplice esercizio di stile, ma a renderla forza generatrice di cambiamento. Cara Salvina, ci mancherai tantissimo».

 Da Dubbio, l'articolo è di Francesca Candioli

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