Dubbio segnala un pezzo, uscito su VergatoNews, che propone interessanti considerazioni sull'Appennino. Riteniamo utile sottoporlo all'attenzione dei lettori, in quanto l'argomento, particolarmente sentito nelle nostre zone, è stato oggetto anche di alcuni recenti interventi su questo blog. .
Prof. Dario Mingarelli : Alcune riflessioni come contributo per lo sviluppo futuro e diverso del nostro amatissimo Appennino.
LE EMERGENZE
Lo
squilibrio economico e sociale delle nostre montagne rispetto allo
sviluppo avanzato che caratterizza la nostra Regione, è
sotto gli occhi di tutti, o meglio dovrebbe, anche per coloro che
godono di un osservatorio privilegiato dagli scranni di comando della
nostra Regione.
Lo
sviluppo economico ha favorito i centri maggiori dotati ampiamente di
servizi e infrastrutture, mettendo in ombra, da sempre, le aree
appenniniche
Gli
indicatori statistici, basta leggerli, evidenziano, in modo chiaro,
il ritmo e l’intensità degli squilibri territoriali.
La
progressiva concentrazione dei servizi, del capitale e delle
infrastrutture sociali e civili che si è realizzata nelle zone
urbane è conseguenza anche della mancanza di una politica
programmata dell’intervento pubblico che ha quasi sempre finito col
rispondere ad una logica che non prevedeva una politica di
DISTRIBUZIONE EQUILIBRATA e legata alle esigenze del territorio,
delle risorse pubbliche disponibili.
Faccio
presente come nelle zone lungo la via Emilia e in quelle di
concentrazione urbana si verificano fenomeni di congestione, di
disgregazione sociale, di deculturazione a dimostrazione che lo
sviluppo di tali aree non ha favorito nè l’ambiente nè l’armonia
delle comunità.
Le
aree collinari e montane rappresentano il 50% del territorio
regionale e le statistiche ci dicono che la popolazione appenninica
ha avuto un decremento del 40% rispetto al censimento del '51
con un lieve e non rimarcabile recente piccolo incremento.
Lo
spopolamento di un area così vasta ha moltiplicato l’esistenza di
problemi economici, sociali e disastri geologici.
Il
nostro Appennino è un vecchio con i piedi di argilla. I problemi
geologici, stante l’attuale politica, porteranno la nostra zona a
disastri irreparabili.
Nei
comuni della media e alta valle del Reno, esistono oltre 400
movimenti franosi e il rischio idrogeologico coinvolge ormai il 95%
della nostra montagna.
Alla
crisi demografica si aggiunge LA CRISI NEI DIVERSI SETTORI
PRODUTTIVI.
In
particolare è preoccupante LA CRISI DELL’AGRICOLTURA
caratterizzata da cause, direi, evidenti:
- invecchiamento della popolazione
- l’esodo della popolazione attiva
- una occupazione monosettoriale
- la presenza di infrastrutture insufficienti e strutture aziendali sfavorevoli (parcellizzazione dei terreni)
- scarso associazionismo.
Anche
se l’Europa prevede specifici provvedimenti per la montagna, tali
provvedimenti sono limitati, limitate le risorse ad essi destinati e
in vari casi (vedi i GAL) non hanno avuto una applicazione tempestiva
e appropriata. L’industria, essenziale per uno sviluppo
equilibrato, presenta insofferenze per mancanza di viabilità
adeguata.
VANNO
AIUTATE E SUBITO LE IMPRESE DI TIPO ARTIGIANALE sul piano
dell'organizzazione tecnologica e della competitività. Per il
comparto TURISMO, non si è riusciti ancora a sfruttare pienamente il
ricco potenziale delle risorse attrattive dell’ambiente montano sia
per i beni culturali presenti che per le bellezze naturali (parchi
e loro funzionalità).
Prof.
Dario Mingarelli –
Presidente
del Consorzio Produttori della mela Rosa Romana dell’Appennino
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