di
Umberto Agrimi
direttore
del Dipartimento sicurezza alimentare, nutrizione e sanità
pubblica veterinaria
Non
esiste alcuna evidenza che gli animali domestici giochino un ruolo
nella diffusione di SARS-CoV-2 che riconosce, invece, nel contagio
interumano la via principale di trasmissione. Tuttavia, poiché la
sorveglianza veterinaria e gli studi sperimentali suggeriscono che
gli animali domestici siano, occasionalmente, suscettibili a
SARS-CoV-2, è importante proteggere gli animali di pazienti affetti
da COVID-19, limitando la loro esposizione.
Il
virus SARS-CoV-2, lasciato il suo probabile serbatoio animale
selvatico, si è diffuso rapidamente in tutti i continenti, trovando
nella specie umana una popolazione recettiva e in grado di
permettergli una efficiente trasmissione intraspecifica. L'elevata
circolazione del virus tra gli esseri umani sembra però non
risparmiare, in alcune occasioni, gli animali che condividono con
l'uomo ambiente domestico, quotidianità e affetto. Al 2 aprile 2020,
a fronte di 800 mila casi confermati nel mondo di COVID-19 nell’uomo,
sono solamente 4 i casi documentati di positività da SARS-CoV-2
negli animali da compagnia: due cani e un gatto ad Hong Kong e un
gatto in Belgio. In tutti i casi, all'origine dell'infezione negli
animali vi sarebbe la malattia dei loro proprietari, tutti affetti da
COVID-19.
Il
dato, per quanto limitato a poche osservazioni, merita attenzione. A
questi casi di infezione avvenuta naturalmente, si stanno infatti
aggiungendo i risultati degli studi sperimentali effettuati in
laboratorio su alcune specie domestiche. Questi confermerebbero la
suscettibilità del gatto, del furetto e, in misura minore, del cane
all’infezione da SARS-CoV-2.
Le
evidenze disponibili suggeriscono che l’esposizione degli animali a
SARS-CoV-2 possa dare luogo a infezioni
asintomatiche/paucisintomatiche, ovvero manifestarsi con malattia
vera e propria. Nei due cani e nel gatto osservati ad Hong Kong,
l'infezione si è evoluta in forma asintomatica. Il gatto descritto
in Belgio ha, invece, sviluppato una sintomatologia respiratoria e
gastroenterica a distanza di una settimana dal rientro della
proprietaria dall'Italia. L'animale ha mostrato anoressia, vomito,
diarrea, difficoltà respiratorie e tosse ma è andato incontro a un
miglioramento spontaneo a partire dal nono giorno dall'esordio della
malattia. Il rapporto realizzato dal Comitato scientifico istituito
presso l'Agenzia federale Belga per la Sicurezza alimentare segnala
che nel vomito e nelle feci dell'animale era presente un'elevata
carica virale. Questo rilievo unitamente ai sintomi clinici, fa
ipotizzare che l'animale, dopo essere stato esposto al contagio da
parte della sua proprietaria, sia andato incontro a una infezione
virale produttiva, ovvero accompagnata da una attiva replicazione del
virus. È opportuno sottolineare che, in tutti e 4 i casi descritti,
gli accertamenti diagnostici sono stati condotti mediante tecniche
molecolari e, al momento, non sono disponibili dati di isolamento
virale, utili a definire con maggiore certezza lo stato di infezione.
Tuttavia, in uno dei due cani di Hong Kong la positività degli
accertamenti sierologici supporta l'ipotesi che il cane fosse infetto
da SARS-CoV-2.
Essendo
SARS-CoV-2 un virus nuovo, occorre intensificare gli sforzi per
raccogliere ulteriori segnali dell’eventuale comparsa di malattia
nei nostri animali da compagnia, evitando tuttavia di generare
allarmi ingiustificati. Vivendo in ambienti a forte circolazione
virale a causa della malattia dei loro proprietari, non è inatteso
che anche gli animali possano, occasionalmente, contrarre
l'infezione. Ma, nei casi osservati, gli animali sono stati
incolpevoli “vittime”.
Non
esiste infatti alcuna evidenza che cani o gatti giochino un ruolo
nella diffusione epidemica di SARS-CoV-2 che riconosce, invece, nel
contagio interumano la via di trasmissione. Tuttavia, la possibilità
che gli animali domestici possano contrarre l'infezione pone domande
in merito alla gestione sanitaria degli animali di proprietà di
pazienti affetti da COVID-19. La raccomandazione generale è quella
di adottare comportamenti utili a ridurre quanto più possibile
l'esposizione degli animali al contagio, evitando, ad esempio, i
contatti ravvicinati con il paziente, così come si richiede agli
altri membri del nucleo familiare.
Gli organismi internazionali che
si sono occupati dell'argomento raccomandano di evitare effusioni e
di mantenere le misure igieniche di base che andrebbero sempre tenute
come il lavaggio delle mani prima e dopo essere stati a contatto con
gli animali, con la lettiera o la scodella del cibo.
A
margine di tutto ciò occorre sottolineare che gli animali domestici
contribuiscono alla nostra gioia e al nostro benessere, soprattutto
in periodi di stress come quelli che stiamo vivendo. In assenza di
sintomi riferibili a COVID-19 e se non si è in isolamento
domiciliare, passare del tempo con il proprio animale domestico e
accompagnare il proprio cane nell'uscita quotidiana (nel rispetto
della normativa) contribuisce a mantenere in salute noi stessi e i
nostri amici animali.
Bisogna
considerare che le conoscenze sul virus SARS-CoV-2 sono in rapida
evoluzione e dunque quanto detto è da considerarsi ad interim.
Tuttavia, l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) ritiene utile
promuovere lo scambio di conoscenze, man mano che queste sono rese
disponibili, per il benessere e salute degli animali da compagnia e
dei loro proprietari e dunque fornirà gli aggiornamenti necessari
per rimanere in linea con l’evolversi della letteratura scientifica
e delle posizioni ufficiali delle principali autorità nazionali e
internazionali e per fornire informazioni dettagliate e indicazioni
di comportamento.
Inviato
da Dubbio
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