Asili nido rarissimi; scuole dell’infanzia gestite da ordini
religiosi che ormai non ce la fanno più; elementari e medie alle
prese ogni anno con supplenti che non ne vogliono sapere di andare in
una piccola scuola di montagna e con classi che non raggiungono il
numero necessario per avere insegnanti e bidelli. La scuola in
Appennino è in crisi e i sindaci lanciano l’allarme: «Se non
riusciamo a garantire i servizi scolastici, qui non verrà più
nessuno a vivere e lavorare. I nostri territori rischiano di
spopolarsi».
Il
grido d’allarme più forte lo lancia da tempo Castiglione dei
Pepoli. Dove il Comune si sta inventando di tutto per offrire un
servizio adeguato alle famiglie. «Le scuole da noi — dice la
vicesindaco Daniela Aureli — sono un presidio del territorio, se
chiudono anche quelle per noi è un disastro. Siamo andati dal
provveditore più volte a chiedere un aiuto e dopo molte riunioni
quest’anno ci ha dato altre 18 ore di un bidello, sempre meglio che
nulla». I problemi più grossi li hanno le frazioni di Castiglione.
«A Lagaro la parrocchia ha dato lo sfratto alla scuola elementare,
ne stiamo costruendo una nuova che sarà pronta a Natale. Mentre a
Camugnano stanno costruendo sia materna che elementare. Noi Comuni ci
siamo svenati con le spese di costruzione, ora non possiamo stare
senza docenti».
Il
tempo pieno resta un miraggio. «Quest’anno Castiglione ha
ottenuto per la prima volta una sezione di tempo pieno, ma per
offrire un servizio al pomeriggio c’è un’associazione che fa
attività di doposcuola con insegnanti volontari due volte la
settimana. Facciamo tutto quello che possiamo ». A Monghidoro non
c’è l’asilo nido. «Per le famiglie che lavorano — dice il
sindaco Barbara Panzacchi — è un grosso problema, sto cercando una
soluzione. Dare questo servizio sarebbe importante, ma non è
semplice con così pochi fondi». Anche le strutture religiose,
spesso le uniche a garantire i servizi per l’infanzia in montagna,
negli ultimi anni fanno molta fatica. A Lizzano le suore che
gestivano la materna e un piccolo nido se ne sono andate: «Il Comune
— spiega il sindaco Elena Torri — a quel punto è subentrato e ha
creato una sezione unica sperimentale 0-6, gestita da una cooperativa
di educatrici ». Che è un po’ quello che è successo a Gaggio
Montano anni fa, dove c’erano le suore del Cottolengo. «Un giorno
ci hanno convocati — racconta il sindaco Elisabetta Tanari — e ci
hanno detto che non sarebbero più state in grado di gestire i
bambini. In poco tempo abbiamo acquisito la struttura, è stata
statalizzata e per anni abbiamo potuto aprire solo due sezioni,
invece delle tre necessarie. Se il Comune si fosse trovato oggi in
questa situazione, non avrebbe potuto permetterselo».
Dove
gli ordini religiosi sono rimasti, non sono tutte rose e fiori. A
Monzuno la materna è parrocchiale. Il Comune ci mette una quota.
«Solo con le rette la parrocchia — spiega il sindaco Marco
Mastacchi — non ce la fa, ogni tanto serve una raccolta fondi». E
allora il paese si mobilita. Qualche domenica fa c’è stato un
pranzo di finanziamento. «Parliamo da tempo dell’ipotesi di
statalizzare la struttura, ma poi non si fa. Noi della scuola non
possiamo fare a meno, è uno dei servizi a cui guardano le famiglie
per insediarsi sul territorio. Per le primarie abbiamo chiesto più
volte delle deroghe per avere insegnanti, nonostante con i numeri dei
bambini spesso facciamo fatica a formare le classi».
E
non si può nemmeno accorpare bimbi di diverse frazioni, viste le
distanze e le condizioni avverse in inverno. «Anche noi — dice il
sindaco di San Benedetto Val di Sambro, Alessandro Santoni —
abbiamo seguito la statalizzazione della materna delle suore, mentre
per elementari e medie abbiamo chiesto più volte al provveditore di
non tagliare il personale: se solo viene meno una sezione siamo in
difficoltà». «Senza il Comune unico non avremmo risolto questo
problema che è serio per l’Appennino », aggiunge Daniele
Ruscigno, sindaco di Valsamoggia e delegato alla Scuola in Città
metropolitana. «In Città metropolitana — dice — la questione è
uscita in tutta la sua criticità e verrà presto messa all’ordine
del giorno, perché nelle fasce montane c’è una continua,
pericolosa erosione del numero di studenti».
Forse il sindaco Mastacchi dovrebbe smetterla di denigrare le fusioni tra i piccoli Comuni che invece permetterebbero di avere più fondi da utilizzare anche per il potenziamento delle scuole.
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