Sono
circa 130.000 le tonnellate di prodotti fitosanitari utilizzate ogni
anno in Italia. Ad essi, si aggiungono i biocidi, impiegati in tanti
settori di attività, di cui non si hanno informazioni sulle quantità
e sulla distribuzione geografica delle sorgenti di rilascio. I
risultati del monitoraggio di queste sostanze sono contenuti
nell’edizione 2016 del Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque
dell’ISPRA, disponibile sul sito web
http://www.isprambiente.gov.it/. La contaminazione da pesticidi è un
fenomeno complesso e difficile da prevedere, sia per il grande numero
di sostanze impiegate, sia per la molteplicità dei percorsi che
possono seguire nell’ambiente. Il rapporto viene costruito sulla
base dei dati forniti dalle Regioni e dalle Agenzie regionali per la
protezione dell’ambiente, ma la copertura del territorio non è
completa né omogenea soprattutto per quanto riguarda le regioni
centro – meridionali: non si dispone di informazioni relative a
Molise e Calabria e mancano i dati relativi a cinque Regioni per
quanto riguarda le acque sotterranee.
Nel
biennio 2013-2014 sono stati analizzati 29.220 campioni per un totale
di 1.351.718 misure analitiche, con un sensibile aumento rispetto al
biennio precedente. Nel 2014, in particolare, le indagini hanno
riguardato 3.747 punti di campionamento e 14.718 campioni e sono
state cercate complessivamente 365 sostanze (nel 2012 erano 335).
Sono state trovate 224 sostanze diverse, un numero sensibilmente più
elevato degli anni precedenti (erano 175 nel 2012): questo dato
indica una maggiore efficacia delle indagini condotte. Gli erbicidi
sono ancora le sostanze più rinvenute, soprattutto a causa
dell’utilizzo diretto sul suolo, spesso concomitante con i periodi
di maggiore piovosità di inizio primavera, che ne determinano un
trasporto più rapido nei corpi idrici superficiali e sotterranei.
Rispetto al passato, è aumentata notevolmente la presenza di
fungicidi e insetticidi, soprattutto perché è aumentato il numero
di sostanze cercate e la loro scelta è più mirata agli usi su
territorio. Le acque superficiali “ospitano” pesticidi nel
63,9% dei 1.284 punti di monitoraggio controllati (nel 2012 la
percentuale era 56,9); nelle acque sotterranee, sono risultati
contaminati il 31,7% dei 2.463 punti (31% nel 2012). Il risultato
complessivo indica un’ampia diffusione della contaminazione,
maggiore nelle acque di superficie, ma elevata anche in quelle
sotterranee, con pesticidi presenti anche nelle falde profonde
naturalmente protette da strati geologici poco permeabili. Nelle
acque superficiali, 274 punti di monitoraggio (21,3% del totale)
hanno concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientali. Le
sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono:
glifosate e il suo metabolita AMPA (acido aminometilfosforico),
metolaclor, triciclazolo, oxadiazon, terbutilazina e il suo
principale metabolita, desetil-terbutilazina. Per quanto riguarda il
glifosate e il metabolita AMPA, presenti rispettivamente nel 39,7% e
nel 70,9% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali, va
chiarito che sono cercati solo in Lombardia e Toscana, dove sono tra
i principali responsabili del superamento dei limiti di qualità
ambientali. Nelle acque sotterranee, 170 punti (6,9% del totale)
hanno concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientale. Le
sostanze più frequentemente rinvenute sopra il limite sono:
bentazone, metalaxil,
terbutilazina
e desetil-terbutilazina, atrazina e atrazina-desetil, oxadixil,
imidacloprid, oxadiazon, bromacile, 2,6-diclorobenzammide,
metolaclor. Diffusa è la presenza dei neonicotinoidi sia nelle acque
superficiali, sia in quelle sotterranee. Tra questi, in particolare,
l’imidacloprid e il tiametoxan, che hanno anche determinato il
superamento dei limiti di qualità. I neonicotinoidi sono la classe
di insetticidi più utilizzata a livello mondiale e largamente
impiegata anche in Italia. Uno studio condotto a livello mondiale
(Task Force sui Pesticidi Sistemici – 2015) evidenzia come l’uso
di queste sostanze sia uno dei principali responsabili della perdita
di biodiversità e della moria di api. Nel complesso la
contaminazione è più ampia nella pianura padano-veneta dove, come
già segnalato in passato, le indagini sono generalmente più
efficaci. Nelle cinque regioni dell’area, infatti, si concentra
poco meno del 60% dei punti di monitoraggio dell’intera rete
nazionale. In alcune Regioni la contaminazione è molto più diffusa
del dato nazionale, arrivando a interessare oltre il 70% dei punti
delle acque superficiali in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, con
punte del 90% in Toscana e del 95% in Umbria. Nelle acque sotterranee
la diffusione della contaminazione è particolarmente elevata in
Lombardia 50% dei punti, in Friuli 68,6%, in Sicilia 76%. Più che
in passato, sono state trovate miscele di sostanze nelle acque,
contenenti anche decine di componenti diversi. Ne sono state trovate
fino a 48 sostanze in un singolo campione. La tossicità di una
miscela è sempre più alta di quella dei singoli componenti. Si
deve, pertanto, tenere conto che l’uomo e gli altri organismi sono
spesso esposti a “cocktail” di sostanze chimiche, di cui a priori
non si conosce la composizione. È necessario prendere atto di queste
evidenze, confermate a livello mondiale, e del fatto che le
metodologie utilizzate in fase di autorizzazione, che valutano le
singole sostanze e non tengono conto degli effetti cumulativi,
debbono essere analizzate criticamente al fine di migliorare la stima
del rischio.
C’è
stata una sensibile diminuzione delle vendite di prodotti
fitosanitari scesi nel 2014 a circa 130.000 tonnellate, con un calo
del 12% rispetto al 2001. Nello stesso periodo si è ridotta del
30,9% la quantità di prodotti più pericolosi (molto tossici e
tossici). Indubbiamente c’è un più cauto impiego delle sostanze
chimiche in agricoltura, come richiesto dalle norme in materia, che
prevedono l’adozione di tecniche di difesa fitosanitaria a minore
impatto, in cui il ricorso alle sostanze chimiche va visto come
l’ultima risorsa.
L’analisi
dei dati di monitoraggio, peraltro, non evidenzia una diminuzione
della contaminazione. Nel periodo 2003 – 2014, infatti, la
percentuale di punti contaminati nelle acque superficiali è
aumentata di circa il 20%, in quelle sotterranee di circa il 10%. Il
fenomeno si spiega in parte col fatto che in vaste aree del centro –
sud, solo con ritardo, emerge una contaminazione prima non rilevata.
La risposta dell’ambiente, inoltre, risente della persistenza delle
sostanze e delle dinamiche idrologiche spesso molto lente,
specialmente nelle acque sotterranee, che possono determinare un
accumulo di inquinanti, e un difficile ripristino delle condizioni
naturali.
Ma vè!
RispondiEliminaAbbiamo scoperto l'acqua calda.
Se noi siamo tra i primi consumatori di glifosate in Europa, da qualche parte dovrà pur andare a finire, no?
Non è un caso che le varie ARPA hanno sempre evitato di fare il test per il glifosate.
E tutto questo con un incidenza marginale di OGM sul territorio italiano... Figuriamoci quando li liberalizzeranno anche da noi.
RispondiEliminaI prudenti funzionari pubblici ISPRA hanno trovato l'erbicida MONSANTO nell'acqua?
Ha ha ha! Ma dai! Sono diventati complottisti anche loro!
Certo hanno dimenticato completamente di riferirci su altre sostanze presenti nell'acqua e
che non derivano da agricoltura,vabbè,non si può poi dire tutto.
In ogni caso è inutile, a breve le multinazionali diventeranno intoccabili ed i cittadini ancor più schiavi.
Condivido tutto il pensiero dell'anonimo delle 19.21, i primi nemici sono proprio le persone deputate alla tutela della nostra salute che percepiscono uno stipendio per guardare da un'altra parte, ARPA, USL, fischiano gli orecchi,(le orecchie)?
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