venerdì 25 novembre 2011

"Beccacce e cinghiali" di Romano Zunarelli


Riceviamo e pubblichiamo.

Leggo sulla prima pagina del Carlino dell’ 8/11/2011 la vicenda dei 41 poveri cacciatori nostrani sbarcati all’aeroporto di Rimini tenendo nascoste nei sottofondi dei loro trolley canini 500 beccacce impallinate in Crimea. Una ventina di questi trasvolatori sono finiti a loro volta impallinati dai finanzieri con circa 15mila euro di multa ciascuno.

Questa vicenda altro non è, a mio parere, che il rovescio di una stessa medaglia: l’annosa tragedia piombata, una ventina d’anni fa, sulle spalle degli agricoltori dell’Appennino emiliano-romagnolo a causa di leggi scriteriate che hanno favorito l’invasione dei campi e dei boschi da parte di cinghiali e cervidi. Ciò ha consentito in pratica alle lobby della caccia il lucroso commercio delle carni selvatiche e ha messo i presupposti, – anno dopo anno, per uno scippo sistematico dei raccolti da parte degli ungulati.

Sugli articoli di stampa si parla a volte di emergenza storica. Balle. Qui si mente per la gola. Si mira soltanto a disorientare l’opinione pubblica per perpetuare l’attuale scandaloso business dei ristoranti e delle sagre. Nel contempo si consente ad alcuni poveri privilegiati di esercitare la caccia grossa a due metri dall’uscio di casa,… senza scomodarsi a trasvolare in Crimea.

Si tratta cioè di un autentico spregio verso il lavoro agricolo dei montanari, di una sorta di cinico boicottaggio dei prodotti tipici che solo la collina ed i boschi sanno dare; di un colpo forse già irreversibile all’economia montanara con conseguenze gravissime per l’intera comunità nazionale poiché asseconda l’insorgenza di frane e inondazioni.

Va detto a tutta voce che fra i nostri monti di storico c’è solo il lavoro di intere generazioni di contadini che purtroppo, loro sì, sono ora ridotti al lumicino.... sostituiti, anzi scacciati dai cinghiali !

Occorre che le istituzioni rettifichino una volta per tutte gli errori legislativi commessi al riguardo. Salvaguardare l’agricoltura della montagna dall’invasione degli ungulati significa rispettare il diritto naturale di chi trae sostentamento dal proprio onesto lavoro e sa tramandare la sua specificità operativa ai propri figli. Significa mantenere sul territorio colui che è l’antagonista per antonomasia, attraverso la manutenzione quotidiana dell’ambiente in cui opera, dei disastri ecologici che tanto riempiono le cronache di questi giorni. Significa essere equanimi e responsabili verso i poveri veri e i poveri dell’ipocrisia imperante.


I contadini superstiti, ma non solo loro, sapranno certo tenerne conto nelle urne.

Romano Zunarelli (nella foto)

ungulatialpotere@alice.it


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