mercoledì 14 aprile 2010

Un altro suicidio con un salto nel vuoto dal ponte di Sasso Marconi


E’ arrivato intorno alle 7.30 all’imbocco del ‘ponte nuovo’ sul Reno a Sasso Marconi a bordo del suo furgoncino, ha parcheggiato ancor prima della rotonda, ha percorso il marciapiede evitando così la barriera dell’alto guard rail di sucurezza che scorre sul ponte per tutta la sua lunghezza, ha scavalcato il parapetto di metallo in corrispondenza della strada sterrata che fiancheggia gli orti a fianco del corso d’acqua e si è lasciato cadere nel vuoto. L’impatto dopo un volo di circa trenta metri è stato tremendo e l’uomo ha perso la vita sul colpo. Ad aver cercato così la morte è stato G. P. , un pensionato di settantotto anni di Vergato. La scelta del luogo, il Ponte di Sasso Marconi è noto per essere prescelto da coloro che vogliono togliersi la vita, e il punto in cui si è lanciato nel vuoto, in corrispondenza cioè della strada che non avrebbe consentito nessuna mitigazione alla caduta quale poteva dare invece l’acqua del fiume o la sabbia bagnata, fa presumere che la scelta sia stata meditata e valutata con determinazione. Testimoni involontari della caduta del pensionato sono stati coloro che curano gli orti ricavati sul letto del fiume che hanno subito avvertito i Carabinieri di Sasso Marconi. Sul posto, con i militari, sono giunti La Pubblica assistenza di Sasso Marconi e i Vigili del Fuoco con un elicottero, ma per l’uomo non c’era più nulla da fare. I Carabinieri hanno predisposto un cordone per evitare la presenza dei curiosi e hanno aspettato l’arrivo del magistrato per le procedure di rito. L’uomo non ha lasciato scritti o indicazioni che spiegassero le ragioni del gesto estremo di cui si è reso protagonista. Si considera possibile che la causa che lo ha portato a togliersi la vita sia stato il dolore per la perdita di una figlia di 34 anni che, a sua volta, è morta per essere caduta dal sesto piano della stabile dove risiedeva a Vergato. L’uomo era stimato e ben voluto da tutti. Curava il suo orto e di lui si conosceva la sofferenza per non essere riuscito a superare il trauma della perdita della figlia. Fra coloro che erano nell’orto sul fiume Paolo Armaroli, il quale racconta: “Abbiamo udito il tonfo della caduta del corpo sulla stradina. Abbiamo sperato che non fosse dovuto ad una persona. Siamo stati purtroppo testimoni di più di un evento come questo. Usciti dai nostri recinti coltivati abbiamo invece intravisto il corpo sfracellato sulla ghiaia, immobile poiché ormai privo di vita”.

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