di Luigi
Marchi
Gli alluvionati chiedono interventi concreti e
manutenzione costante dei corsi d’acqua: cura degli argini, disboscamento dei
fiumi, ricostruzione dei ponti, realizzazione di vasche di espansione e
monitoraggio delle criticità. Misure che, secondo loro, garantirebbero una
gestione più sicura delle piene, anche quelle di maggiore portata.
La Regione Emilia-Romagna, invece, punta su un
approccio diverso: trasferire i residenti dalle aree più a rischio e creare
zone alluvionali. Lo ha ribadito il presidente della Regione durante
l’assemblea di giugno a Faenza.
Due strategie distinte, che rispondono a esigenze
diverse: da un lato la volontà di affrontare le cause, dall’altro quella di
limitare le conseguenze. Non si tratta di soluzioni sbagliate, ma di visioni
alternative.
Gli alluvionati contestano alla
Regione l’incuria nella gestione dei fiumi, trasformati in aree protette senza
la dovuta manutenzione. L’amministrazione regionale, invece, attribuisce i
disastri ai mutamenti climatici. È qui che si gioca lo scontro: per i cittadini
colpiti, la manutenzione è una necessità concreta e immediata; per la Regione,
la priorità è dimostrare che le calamità derivano da fattori globali, non da
scelte locali.
Sul futuro resta l’incertezza. La
strategia regionale – costosa e percepita come punitiva per le comunità colpite
– appare soprattutto come una linea difensiva dalle accuse di disastro colposo.
E se è vero che chi è accusato ha diritto a difendersi, gli alluvionati
chiedono che ciò non avvenga “a spese dei cittadini e prendendoli in giro”.
(Inviato da Dubbio)

Peggio fanno più prendono voti. Quindi vuol dire che va bene così...
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