I racconti di Nonna Gegè
“Signora
BUONGIORNO, non mi saluta?”. Mi giro e vedo un signore da me
sconosciuto che, imbarazzato, si scusa per aver scambiato persona.
“Non
si scusi, ricevere il BUONGIORNO è sempre piacevole” rispondo.
L’uomo,
vista la mia disponibilità a scambiare chiacchiere inizia a
raccontare.
Oggi
è già difficile rispondere ai saluti figuriamoci poi a parlare.
Le
racconto questo: vivo con mio nipote e ieri, domenica, è stato tutto
il giorno chiuso nella sua camera davanti al computer. Mi sono
permesso di suggerirgli di andare almeno un’ora al Bar per
incontrare qualche amico. Sono stato zittito subito dicendomi che non
posso capire e che oggi le relazioni si fanno collegandosi con il
computer. Volevo replicare, ma lui ha chiuso subito la porta .
Sono
rimasto ancora una volta sorpreso per questo nuovo modo di vivere.
Poi ho ricordato quando a fine estate sono stato invitato ad un
pranzo conviviale di famiglia a Parma.
Raggiunto
il ristorante indicato, dopo saluti e soliti convenevoli, mi indicano
di sedermi a capotavola (posto degno di rispetto!).
Dopo
il viaggio BOLOGNA-PARMA (viaggio un po’ lungo per la mia età)
cerco di rilassarmi pregustando il pranzo.
La
mia famiglia è molto numerosa e così tutti si siedono formando
gruppetti – bambini con bambini, adolescenti con adolescenti e
ragazzi (i cinquantenni oggi si sentono ancora ragazzi) con ragazzi.
La tavola è apparecchiata con solo bicchieri, posate e smartphone,
di piatti neanche l’ombra. Arriveranno dopo, mi dico.
Mi
guardo attorno: il locale è molto accogliente. Silenzio assoluto.
Al
mio tavolo nessuno più parla, sono tutti persi nel loro smartphone,
solo qualche sguardo di intesa.
Passano
i minuti, la situazione non cambia: Avevo l’impressione di essere
ad una veglia funebre. Che faccio? Avessi almeno preso le parole
crociate.
Provo
a sorridere a qualcuno che ha alzato la testa, niente succede.
Con
la scusa del bagno mi allontano, rifletto: perché sono qua? Oltre a
un buon pranzo desideravo un po’ di calore … è un pranzo
conviviale!
Mi
porto alla mia auto e decido di tornare a casa. Qualcuno mi raggiunge
al parcheggio : “zio cosa succede? Stai male? Chiamiamo un
dottore?”.” Ebbene sì sto male ma non serve un medico, sto male
nel vedere come vivete il vostro tempo, questo mondo non mi
appartiene più.”
Me
ne ritorno a Bologna con il solo rimpianto di non aver mangiato i
famosi tortelli di Parma.
Esistono anche gli aspetti positivi, in passato quando non esistevano questi telefonini intelligenti poteva capitare di andare in un locale in cui comitive di una ventina di persone parlavano tutti simultaneamente come se fossero in quaranta e nessuno ascoltava, il risultato era un frastuono che ti stressava come una ferriera, non vedevi l'ora di finire e venir via, odiavo questi locali fracassoni e li evitavo con cura, il silenzio è bellissimo e poco importa se per ottenerlo i vicini di tavolo stanno con gli occhi puntati su questi piccoli schermi.
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