di Marco Leoni
PLATONE
:
il simposio e il mito dell’androgino
Riporto una
lezione di Matteo Saudino
Fantastico
prof. Di filosofia
Il mito dell’androgino è
narrato da Platone in uno dei suoi dialoghi: il Simposio o Convito
.
Il Simposio è uno dei
grandi dialoghi della maturità platonica ed è un vero capolavoro
della letteratura ancor prima di essere uno dei grandi testi della
filosofia antica dedicato
al tema dell’amore, dell’eros, della ricerca dell’uomo della
verità , della bellezza , il Simposio è un dialogo costruito in
modo perfetto da Platone, c’è un’architettura narrativa senza
eguali.
Siamo a casa di Agatone,
vi è un banchetto per festeggiare la vittoria della tragedia scritta
e messa in scena da Agatone e tutte le principali personalità sono
giunte per festeggiare, per banchettare e per bere insieme.
A tale banchetto giunge
anche, invitato con tutti gli onori del caso, il filosofo di Atene
per eccellenza,Socrate.
Socrate, si attarda come
era solito fare. Giunge per primo Aristodemo, il narratore di questo
banchetto Simposio che si tenne nell’antichità ma la cui eco
ancora oggi rimbomba, rieccheggia .
Socrate, giunto a casa di
Agatone, dopo tutti i convenevoli del caso e dopo aver cibato lo
stomaco, si reca in veranda con Agatone e gli altri invitati a bere e
poi a parlare, a filosofeggiare .
Infatti, nelle case
aristocratiche di Atene e delle principali città greche, dopo aver
mangiato si era soliti fare filosofia o si era soliti parlare di
politica, parlare degli affari.
Quella sera Agatone
chiede di cosa avrebbero voluto parlare i suoi celebri importanti
invitati e Fedro il sommo poeta antico propone di parlare di Eros: “è
giunto il tempo di elevare un encomio ad Eros, abbiamo costruito
templi e monumenti per la guerra, per l’intelligenza per tutte le
divinità ma poco abbiamo dedicato del nostro tempo a parlare a
filosofeggiare intorno ad Eros”.
E la proposta di Fedro il
poeta piace. Piace a Pausania, il generale militare presente che
rappresenta le virtù politiche e militari di Atene, piace ad
Erissimaco l’allievo del più grande medico dell’antichità
Ippocrate, piace ad Agatone il padrone di casa, piace a Socrate il
filosofo e piace anche ad Aristofane il grande commediografo nonché
nemico di Socrate in vita, colui che ubica Socrate nel pensatoio
sulle Nuvole, accusato appunto di essere nell’apologia di Socrate e
di Platone colui che ha deviato e corrotto i giovani portandoli ad
indagare ciò che vi è sotto terra e ciò che vi è in cielo
distogliendoli dunque dal giusto pensare alle cose terrene, concrete
e a rispettare gli antichi valori della Grecia. Ma è Aristofane,
proprio il grande accusatore il grande vecchio nemico, ad avere in
questo dialogo, scritto dal Platone, l’onore di presentare uno dei
più bei miti, di fare uno dei più bei discorsi.
Il Simposio è strutturato
Circolarmente.
Dunque la filosofia è
intesa come circolo quasi ermeneutico e come modalità di discussione
si sceglie quella circolare in cui i convitati circolarmente prendono
la parola e fanno un discorso, in questo caso un elogio di Eros.
Comincerà Fedro,
proseguirà Pausania, passerà la parola a Erissimaco e dopo di che
prenderà la parola Aristofane.
Aristofane nel suo encomio
presenterà quelle che sono le basi della teoria dell’Eros di
Platone che verranno poi riprese da Socrate nel suo discorso finale.
Ma il discorso di
Aristofane è senza dubbio quello più importante dopo quello di
Socrate, presentatoci da Platone in questo discorso.
In questo encomio Platone
fa per bocca di Aristofane pervenire a tutti quello che è uno dei
più belli, affascinanti miti dell’antica Grecia, il mito
dell’androgino.
Che cos’è Eros ?
Aristofane, per dirci
quale sia la natura di Eros, ricorre al mito dell’androgino, al
mito dei generi umani e racconta:
“Ci fu un tempo in cui i
generi umani erano tre: maschile, femminile e l’androgino. Gli
uomini cioè erano tondi, composti da due metà, metà maschile più
metà maschile formavano il maschile la metà femminile unita
all’unità femminile formavano il femminile, la metà femminile
unita alla metà maschile formavano l’androgino.
Questi uomini tondi
avevano due facce, avevano quattro gambe, quattro braccia, correvano
velocissimi come fossero saltinbanchi facevano la ruota, erano di
grande intelligenza di grandi qualità e soprattutto erano eterni.
Questa loro condizione di
eternità, di forza, di coraggio di slancio vitale giunse a
minacciare gli Dei dell’Olimpo, la tranquillità e il dominio
degli Dei. Erano infatti ambiziosi questi tre generi umani, anelavano
all’ Olimpo e gli Dei non potevano permettersi che queste creature
minacciassero lo status quo e non rispettassero l’ordine delle
cose.
Così gli Dei, come fecero
già rispetto ai Giganti e ai Titani (che nella loro arroganza e
forza decisero di scalare le forze dell’Olimpo, di aggredire
l’Olimpo e per questo furono gettati dentro i crepacci della Terra
e in fondo al mare), decisero di reagire.
“Faranno la stessa fine
che fecero i Giganti”, si dissero, “ faremo fare agli uomini
maschile, femminile e androgino la loro stessa fine, li uccideremo”.
Zeus era su tutte le
furie, ma consultandosi con gli altri Dei capiva che se avesse ucciso
gli uomini, cosa sarebbe rimasto del potere divino? Gli Dei sono tali
perché gli uomini credono in essi, gli Dei sono tali perché gli
uomini costruiscono templi in loro onore, gli Dei sono Dei perché
gli uomini hanno paura di loro, perché li venerano, gli Dei sono
tali perché gli uomini credono nella loro esistenza, pertanto
uccidere gli uomini avrebbe significato per gli Dei perdere la fonte
del loro potere, perdere la fonte del loro essere divinità.
Dunque Zeus, compreso
tutto ciò, decide di prenderli e di spezzarli in due con le saette.
Così con Apollo. suo figlio prediletto, convocò gli uomini e con la
saetta li divise. Per cui il maschile fu diviso in maschile maschile
e il femminile in femminile femminile; l’ androgino in femminile e
maschile.
Quelle creature forti,
perfette, eterne si ritrovarono spezzate in due. “Così imparerete
a rispettare il potere degli Dei e se non vi comporterete bene
sarete tagliati in due e ancora in due e ancora in due”,
tuonò minaccioso
Zeus.
A questo punto gli esseri
umani soli, infreddoliti, spaventati cominciarono a vagare alla
ricerca della metà perduta il maschile a cercare il maschile, il
femminile il femminile e il femminile il maschile.
I tre generi umani ridotti
parcellizzati spezzati furono animati dal desiderio di ricongiungersi
con la metà perduta ecco l’inizio DELL’AMORE
, l’amore è figlio
dell’incompletezza, l’amore è il desiderio di completezza, un
desiderio di riunione con la metà perduta, l’amore nasce quando si
ha la percezione di non essere più completi, l’amore nasce quando
si ha il desiderio di arricchirsi con la metà perduta di ritornare
ad essere completi e così le metà andavano in giro per il mondo a
ricercare la metà perduta e una volta che la ritrovavano si
accasciavano vicino ad essa, si abbracciavano, si addormentavano
insieme fino a lasciarsi morire, perché non erano più eterni,
spezzati erano diventati deboli, spezzati erano diventati fragili e
morivano.
Zeus chiamò Apollo suo
figlio e gli chiede cosa stesse succedendo: “Muoiono perché non
hanno più quell’immortalità, bisogna fare qualcosa altrimenti
l’umanità si estinguerà, l’umanità sarà l’umanità
perduta”
A quel punto gli Dei
decisero di donare agli uomini la possibilità di riprodursi, Apollo
e Zeus presero gli uomini, portano il loro volto verso l’interiorità
spezzata, chiusero l’ombelico in modo tale che finissero le perdite
di sangue: quell’ombelico sarebbe sempre stata visivamente la
ferita che ricorda all’uomo la propria mortalità, la propria
finitudine, il senso del limite, la propria debolezza. Dunque gli Dei
lasciarono visivamente sul nostro corpo la cicatrice di quella grande
battaglia di quel grande rischio di estinzione e posero anche i
genitali verso l’interno in modo tale che gli uomini unendosi
potessero riprodursi e l’immortalità
perduta venisse donata nella specie.
Così il maschile quando
incontra il femminile potrà generare figli, ma l’immortalità di
cui parlavano gli Dei non è soltanto l’immortalità della specie
attraverso i figli perché dall’amore dell’androgino del maschile
che ritorna al femminile nascono i figli perché dall’incontro in
questo caso tra il maschile ( il sole) e il femminile (la terra)
nasce il figlio (la luna). L’androgino è l’amore lunare in
questo caso è l’amore che incontra a metà strada la terra simbolo
del femminile e il sole simbolo del maschile.
Ma non è solo questa, la
procreazione, l’immortalità. Il Simposio è anche il più grande
inno all’ amore uomo-uomo che sia mai stato scritto nell’antichità.
L’omofilia esaltata in ogni pagina del Simposio da Pausania, che
esalta l’amore maschio- maschio come amore vigoroso come amore
virtuoso, ad Aristofane che esalta soprattutto l’amore
maschio-maschio, perché il maschile quando incontra il maschile
perduto non potrà generare figli ma genererà intelligenza, genererà
opere d’arte, genererà grandezza.
Quello che è il
maschilismo tipico del mondo greco secondo il quale l’uomo è
l’uomo razionale l’uomo che esercita il logos è l’uomo che ha
delle virtù etiche, morali, politiche, artistiche, filosofiche che
però vengono innescate dall’amore.
L’amore per un uomo
bello, l’amore per il bello porta l’uomo ad elevarsi dalla
mediocrità, l’amore è elevarsi dalla terra per andare verso il
cielo, l’amore è sempre amore per il bello, ci dirà Socrate nel
Simposio. Platone farà, sempre nel Simposio, riferimento all’amore
che eleva l’uomo come una verticalità che partirà dall’amore
per le cose terrene, l’amore per i corpi, per giungere all’amore
per la scienza fino ad arrivare all’amore in sé, l’amore chiama
l’amore cioè l’amore chiama la bellezza in sé a ciò che di più
bello non ci può essere.
E l’amore maschile
maschile va al di là del piacere del corpo va direttamente al
piacere dell’anima ci dice Aristofane e il piacere dell’anima
significa due anime belle che si incontrano per generare il bello,
l’amore per il bello è finalizzato per generare il bello, quando
un uomo incontra una donna vorrà generare una cosa bella, un figlio.
Platone attraverso il mito
dell’androgino ci ricorda che la bellezza dell’amore è riservata
agli uomini, gli Dei essendo perfetti non sono manchevoli di nulla
non possono innamorarsi.
La
bellezza è un regalo che ci hanno fatto gli Dei perché spezzandoci,
dividendoci, ci
hanno lasciato un regalo, un viaggio da compiere che è quello della
ricerca del Bello
e dell’amore: c’è da qualche parte del mondo l’anima gemella,
c’è da qualche parte
qualcuno da amare, qualcuno da raggiungere, qualcuno con cui ricongiungersi
e dopo quel qualcuno ci potrà essere qualcun altro o qualcos’altro,
L’innamorato per
eccellenza è il filosofo proprio perché animato da questo
costante slancio vitale, da questo forte e costante amore per il
sapere, per le leggi, per la giustizia per il bello. Chi ama è in
costante movimento, chi ama non invecchia, chi ama è come una corda
tesa sempre proiettata verso un obiettivo.
Il Simposio e il mito
dell’androgino elevano l’amore al grande regalo che gli Dei ci
hanno fatto, è una condizione di debolezza quella di potersi
innamorare che può trasformarsi in una occasione di vita bellissima.
Gli uomini hanno
l’opportunità di trasformare la propria vita in una bellezza
attraverso l’amore.
L’amore nasce dalla
mancanza, dall’incompletezza, l’amore è un viaggio senza fine
alla ricerca della bellezza e dell’eternità.
L’amore è un privilegio
che spetta a chi è consapevole di essere finito e limitato,
cioè agli uomini.
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