La carne rossa può essere sostenibile a livello salutistico, economico, ambientale ed etico? La risposta è sì. Il suo consumo equilibrato permette di portare benefici alla salute.
Si è svolto il 19 gennaio presso la Sala Serpieri di Palazzo della Valle, sede di Confagricoltura a Roma, il convegno “Carni rosse: economia, salute e società. Una riflessione”, organizzato dall’Accademia Nazionale di Agricoltura. L’incontro è stata l’occasione per fornire uno sguardo approfondito sull’intera filiera della produzione di carne rossa in Italia, partendo dal comparto zootecnico fino ad arrivare alle qualità nutrizionali del prodotto e al suo impatto ambientale, con l’intenzione di fornire corrette informazioni sul rapporto carne rossa-salute-ambiente. Oggi, infatti, la produzione di carne, in particolare quella bovina, è messa in discussione da numerose e incontrollate fake news e per l’Accademia Nazionale di Agricoltura sfatare la disinformazione in tali campi è doveroso per informare adeguatamente i consumatori, orientandoli verso stili di vita equilibrati ed abitudini alimentari sane, senza cadere in immotivate paure. In quest’ottica un prodotto come la carne rossa, storicamente indispensabile per una corretta ed equilibrata alimentazione, deve essere presentato con un corredo di informazioni che, da una parte mettano in evidenza i rischi connessi ad un consumo inappropriato, ma dall’altra, valorizzino adeguatamente le proprietà positive di questo alimento.
La missione dell’Accademia Nazionale di Agricoltura
è quella di essere in prima fila nella divulgazione di una corretta
comunicazione in campo scientifico negli ambiti agroalimentari, ambientali,
salutistici e con l’organizzazione del convegno “Carni rosse: economia,
salute e società. Una riflessione”, ha cercato di sfatare numerosi
miti legati al consumo di carne rossa, tra i quali il possibile rischio di
patologie per l’uomo e l’inquinamento dato dagli allevamenti bovini. A
livello scientifico nessuna patologia è associata unicamente al consumo di
carne rossa e l’aumento del rischio di comparsa di patologie riferibili
alla carne rossa dipende, sia dalla quantità e frequenza del suo consumo, che
da variabili indipendenti riferibili al singolo consumatore. I dati disponibili,
nel loro complesso, suggeriscono in realtà che il consumo di carne rossa, se
mantenuto entro i limiti di una corretta alimentazione seguendo i suggerimenti
delle attuali linee guida nazionali italiane, non si associa ad alcun
significativo rischio di patologia e possa invece contribuire
favorevolmente all’apporto di alcuni componenti rilevanti del pattern
alimentare complessivo. Lo stesso dicasi a livello ambientale dove il
comparto zootecnico, in particolare quello bovino, è considerato il
maggiore a impatto climalterante e azotato nell’ambito delle filiere
agro-alimentari ma, per quanto riguarda l’Italia (dati ISPRA), le
emissioni riferite a tutta la zootecnia sono al 5,9%, di cui solo il 3,5% è
rappresentato dalle carni (esclusi latte e uova), contro il 14,5% su scala
mondiale (dati FAO). In Italia, allo stesso modo, si utilizza per la
produzione di carne il 25% d’acqua in meno rispetto alla media mondiale,
con un notevole impatto positivo per l’ambiente. A livello complessivo, dunque,
l’intero settore delle carni italiano (bovino, avicolo e suino) impiega per
l’80-90% risorse idriche che fanno parte del naturale ciclo dell’acqua e che
sono restituite all’ambiente come l’acqua piovana, mentre solo il 10-20% dell’acqua
necessaria per produrre 1 kg di carne viene effettivamente consumata. Infine,
una dimensione non trascurabile dell’impatto economico e ambientale di queste
filiere è quello del contributo che esse forniscono, sia pure indirettamente,
alla fertilizzazione azotata dei campi oltre che al recupero dei residui
carboniosi dei reflui sotto forma di fonti di energetiche rinnovabili (biogas e
biometano).
Il convegno ha visto la partecipazione di numerosi
esperti del settore, professori universitari delle università di Bologna,
Cattolica del Sacro Cuore, Sassari e Bari, rappresentanti della Società
Italiana di Nutraceutica e della Nutrition Foundation of Italy. Di seguito una
sintesi di quanto riportato dai relatori durante il convegno.
( Segnalato da Dubbio)
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