Per l’Accademia Nazionale di Agricoltura la commercializzazione dei prodotti a base di grani antichi è una strategia commerciale che si basa su una narrazione ingannevole: non sono sostenibili per l’ambiente, salubri per la salute e vengono venduti a prezzi più alti senza motivo.
“Grani antichi. Una moda piena di falsità” è stato il titolo dell’incontro organizzato lunedì 23 ottobre, presso la Sala del Cubiculum Artistarum di Palazzo dell’Archiginnasio di Bologna, dall’Accademia Nazionale di Agricoltura in collaborazione con la casa editrice “Il Mulino” e l’Associazione Regionale Giornalisti Agricoltura (ARGA Emilia-Romagna). Il dibattitto ha tentato di analizzare luci e ombre delle tipologie di frumento dette “grani antichi” oggi presenti sul mercato. Ne hanno parlato, moderati dal Dott. Ercole Borasio, Accademico Ordinario già Direttore Generale della Produttori Sementi S.p.a, il Prof. Silvio Salvi, Presidente della Società Italiana di Genetica Agraria, la giornalista Lisa Bellocchi, Presidente dell’European Network of Agricultural Journalist e il Prof. Luigi Cattivelli, Direttore del Centro di Ricerca Genomica e Bioinformatica del CREA, autore anche del volume “Pane nostro. Grani antichi, farine e altre bugie” (Edizioni “Il Mulino, 2023) presentato durante il dibattito.
Senatore Cappelli, Aureo, farro, grano monococco:
sono nomi ormai noti a tutti. Li incontriamo ogni giorno tra gli scaffali dei
supermercati, ricolmi di prodotti – farine, pane, pasta – a base di “grani” con
caratteristiche uniche o di varietà particolari, possibilmente “antiche”. Alla
base di questa corsa al grano migliore, qualsiasi cosa voglia dire, cavalcata
dal mercato e dal marketing, c’è molta disinformazione. Luigi Cattivelli ci
aiuta a capire perché parlare di varietà antiche o moderne ha poco senso, a
scoprire da cosa dipendono le caratteristiche dei diversi frumenti, come il
contenuto di proteine o la tenuta di cottura. E soprattutto a comprendere il
valore di questa pianta, strategica per il futuro dell’umanità. Dunque,
cosa sono i “grani antichi”? Fanno bene alla salute? Sono salubri dal punto di
vista della sicurezza alimentare? Aiutano l’ambiente? Di queste e molte altre
domande i relatori hanno dato una risposta.
Sono grani vecchi e non rientrano nel registro nazionale
“Quando pensiamo ai grani antichi non dobbiamo andare troppo indietro nel tempo – ha introdotto Ercole Borasio – perché sono i grani, nati dalla ricerca scientifica di Nazareno Strampelli, che sono stati utilizzati dai primi del Novecento fino al primo dopoguerra. In Italia la legge sementiera è stata introdotta con grave ritardo nel 1972 e, solo a partire da quella data, è stato iscritto il Registro Nazionale, al quale devono essere registrate tutte le varietà seminate che hanno superato specifiche prove di differenziabilità, uniformità e stabilità tali da ricevere la certificazione. Oggi le farine sono tutte registrate e controllate dal CREA, mentre i cosiddetti grani antichi, non sono iscritti a nessun registro e non hanno regole. Sono grani vecchi che non rispondono più alle esigenze nutritive e produttive di oggi, come si può pensare di nutrire il pianeta con grani non più attuali? E poi se compro una pagnotta di grano antico chi mi garantisce cosa c’è dentro e cosa mangio senza controlli? E’ stato dato valore a qualcosa che non ce l’ha”.
Falso il messaggio sulla sostenibilità ambientale e
la molitura a pietra.
“Anche il messaggio della sostenibilità è falso
perché i grani antichi sono decisamente meno produttivi di quelli odierni e
perciò servirebbero molti più ettari di terreno da coltivare per avere un
quantitativo accettabile. Lo stesso – ha proseguito Ercole Borasio -
dicasi per la salubrità perché le piante, rispetto a quelle moderne, essendo il
doppio di altezza sono maggiormente soggette alle micotossine, si allettano
facilmente e sono anche più soggette all’assorbimento di metalli pesanti
presenti nel terreno come il cadmio. Infine, anche la macinazione a pietra,
molto pubblicizzata, è falsa. I vecchi mulini erano a pietra, ma erano curati
dai mugnai, che sapevano come mantenere le pietre e picchiettarle per fare
giuste le scanalature per la molitura. Oggi nessuno lo fa più, forse poche
persone, ma soprattutto la produzione industriale permette moliture migliori e
di grande quantità. Non si può rispondere alle esigenze moderne con risposte
del passato e le varietà antiche non danno nessun beneficio. E’ giusto dirlo ai
consumatori che pagano prezzi più alti per comprare prodotti fatti con queste
farine.”
Grano e cambiamento climatico una fake news
“Una storia, quella del frumento, che lascia a bocca
aperta. L’evoluzione della nostra specie è legata al frumento che si coltiva
dal Canada, al Kenya, alla Russia perché l’uomo, nei secoli, è riuscito a
selezionare piante sempre più resistenti adattate ai climi diversi che
incontrava: sono stati i geni del frumento a permetterglielo. Sento – ha
esordito Luigi Cattivelli - che tanti collegano grano e cambiamento
climatico dicendo che il futuro in Italia è quello di coltivare banane o
datteri a causa del clima più caldo: non diciamo falsità. Il frumento si
coltiva in Africa da millenni, ogni pianta si adatta al clima che trova e un
chicco che in Germania produce 10 tonnellate in Kenya non crescerebbe e
viceversa, sarà sempre l’uomo con la sua ricerca e i suoi studi a creare le
piante giuste per i luoghi giusti. Un grano antico poteva andare bene per il
mondo di 100 anni fa, ma per quello attuale sarebbe del tutto inutile.”
Sì all’integrale e la farina di manitoba è un falso
mito
“Il 20% delle calorie consumate dall’uomo nel mondo
è a base di frumento. A livello nutrizionale – ha continuato Luigi
Cattivelli - il cosiddetto grano antico ha un 20% in più di minerali
rispetto agli odierni, ma va tutto visto all’interno di una dieta equilibrata.
Se mettiamo un cucchiaio di pomodoro nella pasta che mangiamo abbiamo già molti
antiossidanti in più del 20%. Lo stesso discorso vale sul glutine, non ci sono
evidenze scientifiche che affermano che le farine antiche ne hanno meno in
assoluto. E qui entra in gioco il mito della farina di manitoba importata in
Italia negli anni Sessanta dal Canada. Questa farina, che si chiama così solo
perché è il nome della regione che lo produce, veniva utilizzata perché
considerata una farina di forza con più glutine e che, dunque, dava più sapore
e morbidezza ai prodotti da forno, al contrario delle farine che venivano usate
in Italia all’epoca che erano poverissime di glutine e necessitavano di tempi
di cottura molto lunghi. Ma nel tempo i caratteri della manitoba sono stati
selezionati e incrociati con quelli dei nostri grani per avere farine
equilibrate e giuste sotto il profilo nutrizionale. Il glutine non deve
mangiarlo chi è celiaco, per tutti gli altri è una fonte di nutrimento
essenziale. Di certo, a livello scientifico, sappiamo che la farina integrale
aumenta del 300% gli antiossidanti e fa bene alla salute. La farina integrale
allunga la vita e fa bene alla salute”.
Bassi livelli produttivi ma potrebbero aiutare
l’economia collinare e montana
“Il grano antico ha un basso livello di resa
produttiva. L’Italia produce il 40% del frumento tenero che si usa per fare
pane, pasta e pizza e il resto lo importa soprattutto dalla Francia, produciamo
già meno di quello di cui abbiamo necessità. Se volessimo passare ai frumenti
antichi scenderemmo al 20% di produzione nazionale, essendo così costretti a
importare ancora di più dall’estero, anche da paesi che non rispettano le
regolamentazioni internazionali, senza sapere cosa compriamo. I grani antichi
non sono sostenibili a livello economico e ambientale, ma spezziamo una lancia
a loro favore perché potrebbero essere coltivati nei terreni collinari e di
montagna, dove i terreni sono abbandonati se non si coltiva vite, per fare
piccole produzioni che magari aiuterebbero anche a evitare lo spopolamento di
molte zone.”
Un libro interessante per i non addetti ai
lavori
“Il libro di Luigi Cattivelli è una lettura affascinante (meglio di un romanzo
giallo) ed agevole anche per i non addetti ai lavori, per la sua chiarezza
espositiva. Interessantissimi l’iter scientifico e di cooperazione
internazionale che ha portato al sequenziamento del genoma “monster” del
frumento (15 miliardi di basi per quello tenero) e gli studi in corso sulla
regolazione degli stomi in caso di stress idrico, per trovare un compromesso
tra l’esigenza di risparmiare acqua e la necessità di fa entrare la CO2 per la
fotosintesi e quindi la produzione. Molto interessante, ha
sottolineato Lisa Bellocchi - anche la parte sui grani antichi, che hanno
alcune importanti caratteristiche, ma spesso non quelle che i consumatori
attribuiscono loro. Tuttavia, da soli non sfamerebbero l’umanità. Il libro
aiuta chi si occupa di informazione a non commettere errori e non essere
megafono di fake news. Ad esempio, quella di chi sulle etichette gioca sulla
formula “a basso indice di glutine”, confidando che il consumatore interpreti
il dato come “qui c’è poco glutine”.
I nuovi grani sono l’agricoltura e la sostenibilità
ambientale del futuro
“Non c’è nulla di male nelle varietà moderne che
sono più produttive ed ugualmente nutritive rispetto alle antiche ed è
impossibile distinguere una farina antica da una moderna, soprattutto, non per
le caratteristiche nutritive. L’unica differenza fondamentale – ha
concluso Silvio Salvi - è la produttività; quelle antiche producono molto
meno e dobbiamo usare più suolo incidendo inevitabilmente sull’ambiente. Le
nuove farine, nate dagli studi scientifici e genomici più avanzati, sono le
uniche adatte per una agricoltura del futuro che punti a produrre meglio
sfamando un maggior numero di persone.
(Segnalato da Dubbio)
Chiunque abbia acquistato e lavorato delle farine di grani antichi conosce la evidente differenza in termini di glutine che si manifesta in una "forza" inferiore.
RispondiEliminaAttenzione a non ugualizzare tutti i frumento ad un unico, indistinto "contemporaneo superiore".
Infine: il problema della grave insufficienza anche alimentare d'Italia è dovuta ad una grave sovrappopolazione che ora viene solo peggiorata dalla violenta immigrazione di massa che è voluta dai grandi capitali con tutto il sostegno della sinistra e di parte dei cattolici.
Non c'è cosa più stupida che si possa fare che quando orto e legnaia non sono sufficienti, mezzi vuoti e i bidoni del rusco straboccano perché non si sa più dove cacciarlo che stipare altri stranieri nella casa già sovraffollata.
C.Z.
Industriale all'assalto, grazie a questi prezzolati esperti, livellatori di qualità, genuinità, evviva la farina di insetti.
RispondiEliminahttps://www.lindipendente.online/2023/10/30/e-vero-che-i-grani-antichi-sono-una-truffa-del-marketing/?fbclid=IwAR1z0_e_VsVFU0dRyonfUZktGlfNJF921qUDCK9mzFkZnbyEvat01NhszKE
RispondiElimina