Gian Paolo Frabboni, marzabottese, ci ha inviato una sua lirica sul doloroso evento che ha ferito così profondamente l’Emilia Romagna.
La pubblichiamo volentieri per condividerla con i nostri lettori.
“Emilia e Romagna” così vien chiamata,
come fossero sorelle,
“Ma Regione unita E’ ”
per ordine Supremo,
ma non son parenti.
Una , severa, si estende sul piano e i
monti,
l’altra, gioiosa, ride e guarda il
mare,
che volge all’orizzonte.
Il popolo è silente, ma altrove ha
il suo pensiero,
tutti hanno affanni e il Supremo ........ pensa.
Lassù tutto crolla e giù il mare
piange
e in Alto non s’avvedono (eppur
sanno)
in che stato è un ruscello
e nessun provvede all’opre
necessarie.
Paesi e borghi
affondano e l’acqua avanza.
Così senza “equilibrio” persona
partorisce
“onde di piena” nella Maggiore Piazza,
mentre via Saffi s’innalza
l’alluvione.
Il popolo si prostra con secchi e col badili.
I Grandi prometton subito,
doverosi aiuti.
E prontamente in campo, mettono il
Tributaio
che in quella via ordina, senza
ritegno alcuno,
l’immantinente ripristino, e non l’aiuto,
a chi ha subito il danno,
per l’esplosione d’acqua dentro i suoi locali.
Ma a chi può rivolgersi il povero
cittadino?
Abbiamo un solo santo nella Val del Reno,
e allora affidiamoci al “beato
Fornasini”.
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