Il capogruppo di Rete Civica Emilia-Romagna, Marco Mastacchi, in un Question Time punta nuovamente i riflettori sulla criticità della situazione medici di base
di Letizia Rostagno
Qualcuno ha la fortuna di avere un medico in famiglia o amici dottori. Ma
la maggior parte delle persone ha solo il medico di base, prima figura di
riferimento quando ci si ammala o anche solo si ha bisogno banalmente di una
ricetta per farmaci, visite o trattamenti, sporadici o continuativi a seconda
delle patologie. Il medico di base è la prima porta di accesso alla cittadella
della Sanità.
E se le città, a causa della maggiore popolazione, riescono a garantire
un numero maggiore (ancorché insufficiente) di professionisti, nei paesi dei
territori più fragili o marginali, come la montagna o le campagne, spesso il
medico è uno solo, con una popolazione nella quale la percentuale degli anziani
cresce esponenzialmente ogni giorno che passa. E tra la popolazione che
invecchia ci sono anche gli stessi medici di famiglia, che dunque vanno in
pensione. Non uno, non due, ma un numero consistente, tutto in una volta.
In un mondo ideale e con i mezzi già a nostra disposizione, una simile
curva sarebbe stata da tempo prevista in modo da correre ai ripari e
assicurarsi non solo che i medici in via di pensionamento avessero un sostituto
pronto ma addirittura si aumentasse sul territorio la presenza di medici di
base.
Si sarebbero aperti i numeri chiusi a medicina e si sarebbero incentivati
i bonus e le agevolazioni per i giovani dottori, tenuti a frequentare il corso
triennale di specializzazione, in modo da rendere appetibile sia la professione
che la eventuale destinazione in aree svantaggiate. Si potevano scaglionare gli
ingressi in funzione dei pensionamenti previsti e, anche meglio, ci si sarebbe
potuti dotare di un numero maggiore di medici in previsione dell’invecchiamento
della popolazione e dunque della maggiore necessità.
Niente di tutto questo.
Gli accessi a medicina sono rimasti talmente chiusi che i test di entrata
vengono da molti ripetuti per due anni consecutivi quasi a dover dimostrare la
più profonda delle convinzioni rispetto alla scelta della professione medica e
con la conseguente perdita di un anno di vita e di studio, letteralmente
buttato dalla finestra. Superato il primo ostacolo, il secondo viene a laurea
conseguita, quando viene richiesto il triennio di corso di specializzazione che
impone al medico il limite dei 500 assistiti che garantirà sì la formazione, ma
certamente non la sussistenza del dottore.
La carenza dei medici di base è relativa
all’intero territorio regionale e in alcune zone si sta trasformando in assenza
totale di medici a causa dei pensionamenti, e i rinnovi dei collocati in quiescenza
o l’invito “forzato” rivolto agli assistiti a recarsi in un altro Comune
limitrofo, per garantire loro assistenza, non rappresenta la soluzione al
problema.
Nelle aree appenniniche, data anche la
conformazione del territorio e l’elevata presenza di cittadini in età avanzata,
la carenza dell’assistenza medica di base mette a rischio la salute delle
persone proprio nel momento in cui invece l’assistenza territoriale dovrebbe
essere rafforzata.
La riduzione della pressione sugli ospedali passa necessariamente da una medicina territoriale efficiente. Se all’inefficienza si aggiunge la mancanza tout-court del medico non arriveremo da nessuna parte e men che meno alla fine del tunnel. L’emergenza Covid19 diventerà, come purtroppo è già da tempo, emergenza sanità.
É vero che la Regione ha appena pubblicato il nuovo bando di concorso
pubblico per esami per il triennio 2021-2024 potenziandolo con 83 posti in più
rispetto allo scorso bando (178 invece che 95) e ulteriori 78 da graduatoria
riservata e 61 finanziati con il PNNR. Ma si tratta di professionisti che
avremo a regime fra tre anni, mentre servono urgentemente ora. Sarebbe poi
bene, vista l’esperienza, fare una simulazione da qui a tre anni per valutare
se comunque anche questi posti saranno sufficienti.
Per la contingenza attuale l’Amministrazione in
alcuni casi ha cercato di porre rimedio designando sostituti, assegnati solo
però temporaneamente o attivando il servizio di Guardia medica diurna, ma
queste soluzioni temporanee non garantiscono l’assistenza territoriale che solo
il “proprio medico di fiducia” può assicurare.
Da qui l’interrogativo pressante del Consigliere Mastacchi per sapere se la
problematica della carenza dei medici di base, che tutti gli schieramenti hanno
sollevato in questi due anni, aggravatasi tra la fine dell’anno scorso e
l’inizio di questo a causa dell’ultima
ondata tutt’ora in corso, trova una risposta immediata dal nostro Ente, vista
la situazione emergenziale in atto e quali invece sono le azioni nel lungo
periodo che la Regione intende
percorrere con l’ausilio delle Asl e di concerto con il Ministero della Salute,
per risolvere il vuoto assistenziale che perdura da tempo in diverse zone del
nostro territorio e che crea grande e comprensibile preoccupazione fra i cittadini.
Nel rispondere, l’Assessore alla
Sanità Donini assicura l’impegno della Regione sia a livello locale che
nazionale e evidenzia il fatto che in effetti un esame della curva
dell’andamento dei prossimi anni evidenzia una significativa riduzione dei medici
di base fino almeno al 2028. In seguito, il numero dovrebbe risalire fino ai
livelli attuali. Le azioni di contrasto messe in campo dalla Regione riguardano
l’aumento concordato con il Ministero dei numeri di posti disponibili per i
corsi di specializzazione. Per quanto riguarda il disagio che limita il numero
di assistiti a 500, è stato firmato recentemente (27 dicembre) un verbale
d’intesa con tutte le associazioni sindacali per aumentare fino a 650 il numero
degli assistiti per gli incarichi temporanei.
Sottolinea Mastacchi che tutti gli
interventi sono utili ad attenuare il problema fermo restando il fatto che
ritiene necessario mettere ulteriori risorse programmatorie per trovare
risposte che consentano nell’immediato ai cittadini di avere un medico come
punto di riferimento, per loro tranquillità, per la garanzia di una migliore
copertura sanitaria e per evitare intasamenti nei Pronto Soccorso, già
pesantemente sovraccarichi.
La risposta dell'assessore Donini e' incredibile: non hanno fatto NIENTE come regione se non raccordarsi col governo nazionale! E' noto da ANNI che i medici di base nella nostra provincia sono in gran parte prossimi alla pensione, quindi ANZIANI, ma nessun rispetto per loro e per il loro sovraccarico di lavoro durante la pandemia, nessun rispetto per i pazienti costretti a interminabili code e disservizi, NIENTE NUOVE ASSUNZIONI, la sola cosa che avrebbe migliorato la situazione, anzi, alziamo il numero dei pazienti possibile per gli specializzandi, sai cosi' quanto migliora il servizio!
RispondiEliminaQUALI ALTRE PRIORITA' SE NON LA SALUTE DEI CITTADINI DOVREBBE GARANTIRE LA REGIONE? Forse il proprio avanzo di bilancio?