Il capogruppo di
RETE CIVICA - Progetto Emilia-Romagna Marco Mastacchi in un question time alla
Presidente dell’Assemblea legislativa Emma Petitti e alla Giunta Regionale indaga
sullo stato di abbandono che caratterizza una parte della ex Cartiera Burgo a
Lama di Reno, nel comune di Marzabotto e sulle possibilità/necessità di
riqualificazione dell’area perseguendo la filosofia “GREEN” che già
caratterizza le realtà presenti: Cooperativa Sociale Cartiera e Dismeco srl.
di Letizia Rostagno
La
storia legata alla cartiera di Lama di Reno è un pezzo di storia importante per
l’Appennino e come molte altre storie, oggi purtroppo dimenticata. Le origini
del molino della carta della Lama risalgono al 980 e sono legate alla storia
dei conti feudatari di Panico. I conti, dal 980 e per tutto il Medio Evo,
dominarono buona parte dell’Appennino bolognese fino a che il comune di Bologna
rase al suolo il loro castello. Per molti secoli i resti del castello, a
cavallo della vallata fra Sasso Marconi e Marzabotto, restarono a far la
guardia al fiume Reno. Oggi tutto quello che rimane del “castellaccio” dei
celebri conti di Panico è lo stemma conservato presso il museo etrusco di
Marzabotto. Alla Lama di Panico, oggi Lama di Reno, nel luogo ove attualmente
sorgono le strutture della ex cartiera Burgo, si sa con certezza che operarono
nel medioevo un opificio dedito alla produzione della carta e un mulino per la
produzione di farina. Il molino da farina continuò la sua attività fino alla
prima guerra mondiale, mentre la produzione della carta nel corso dei secoli
subì diverse trasformazioni intervallate da lunghi periodi di inattività.
Nel 1896 un imprenditore di origine ebraica, Celso Saltarelli, trasforma il “molino” in una vera e propria impresa cartaria dotata di una caldaia a vapore da 20 cavalli, una turbina idraulica da 80 cavalli e una occupazione fissa di 45 operai per la produzione di cartoni e carta paglia. La famiglia Saltarelli gestisce la cartiera fino alla 2° guerra mondiale, quando le note persecuzioni a carico degli ebrei la obbligano a rifugiarsi all’estero. Dopo la guerra l’azienda viene acquistata da un imprenditore e proprietario terriero toscano che ripara i macchinari danneggiati dagli eventi bellici riprendendo la produzione cartaria. Dopo alterne vicende, nel 1954, decide di vendere la cartiera al comm. Angelo Rizzoli che ha come obiettivo la fabbricazione di tutta la carta per le riviste e i libri della Rizzoli Editore proprio a Lama di Reno. Sarà soprattutto merito suo se lo stabilimento, a partire dai primi anni ’60, diventerà un grosso complesso industriale arrivando nel periodo di massimo splendore, nella seconda metà degli anni ’80, a produrre oltre 400 tonnellate di carta al giorno dedicate principalmente alla stampa di riviste settimanali, quotidiani ed altre opere di editoria con oltre 500 dipendenti. Rizzoli installò qui il primo impianto di disinchiostrazione d'Europa.
Serviva a riciclare la carta "usata" togliendo
l'inchiostro, per trasformarla in carta nuovamente
utilizzabile per la produzione di giornali e riviste.
Fino al giugno 2006 la cartiera
si è avvalsa della sola linea rimasta produttiva delle tre che costituivano in
origine l'ossatura dello stabilimento, con l’impiego di circa 120 dipendenti
per la produzione di carta patinata di tipo ecologico. Problemi di mercato, di
concorrenza, di difficili sinergie con gli altri stabilimenti del gruppo, fino
alla necessità di importanti investimenti in campo energetico ed ambientale,
hanno portato alla chiusura della cartiera alla metà del 2006 ed allo
smantellamento totale degli impianti conclusosi alla metà del 2013.
Dopo la dismissione dell'impianto la struttura attende da più di dieci anni un compratore. Uno scheletro
enorme al centro di una frazione, Lama, che attorno alla
cartiera era nata e cresciuta.
L’area
dell’ex cartiera Burgo di Lama di Reno in questi anni è stata oggetto di un
proliferare di progetti per la sua riqualificazione.
Attualmente dei
100.000 mq di questo sito industriale oltre un terzo della superficie è
impiegato dalla Dismeco srl (https://www.dismeco.com/)
specializzata nello smaltimento e trattamento di materiale elettrico ed
elettronico. Dismeco è la prima azienda nata a Bologna nel 1977 per il recupero
dei rifiuti tecnologici. Trasferitasi a Lama di Reno ha avviato, con grande
rispetto del territorio e della sua storia, il recupero filologico degli
edifici della Cartiera, utilizzando nel contempo per la propria attività macchinari a tecnologia avanzata, che
impattassero il meno possibile sul territorio e gli abitanti.
L’azienda ha il record mondiale per il recupero di materia
prima da alcuni elettrodomestici (le lavatrici in particolare) e ha in
corso due progetti europei, uno dei
quali per il corretto smaltimento dei vetri piani dei grattacieli.
Nel 2020 è stato
riconosciuto da un gruppo internazionale
di Università (International Waste Workgroup) un caso di studio internazionale nel campo della GREEN ECONOMY.
Con
il ritiro e trattamento dei RAEE, il progetto “Borgo Ecologico” (si produce
energia pulita con l'impiego di energie rinnovabili, come l'impianto
fotovoltaico di ultima generazione da 1 MW di potenza di picco) e le
collaborazioni con Pubbliche Amministrazioni, Scuole e Università, l’azienda è
senza dubbio strategica tra le attività della Regione e perfettamente in linea
con la filosofia “Green” tanto citata e promossa a ogni livello.
Mentre il nuovo
Piano strategico regionale sui rifiuti 2022-27 dà precise direttive sul fatto
che i rifiuti urbani devono essere gestiti in termini di prossimità, c’è da
registrare il fatto che attualmente l’80% dei rifiuti tecnologici
dell’Emilia-Romagna viene mandato fuori regione.
Dismeco
ha in previsione investimenti importanti e non impattanti legati al settore di
eccellenza dell’economia circolare che persegue con riconoscimenti a livello
internazionale da almeno 11 anni. Investimenti che porterebbero nuovi posti di
lavoro sul territorio oltre a quelli già impiegati.
Investimenti
che andrebbero agevolati e supportati.
All’interno
della vecchia cartiera è ospitata la sede della cooperativa sociale “Cartiera”
(http://www.coopcartiera.it/) nata
nel 2017 per offrire una risposta al rischio di esclusione sociale, attraverso
le sue attività nel settore della produzione artigianale di accessori in pelle
e tessuto per la moda e il design d’interni, recuperando materie prime di
elevata qualità, lavorate secondo le tecniche dell’artigianato Made in Italy e
impiegando persone in condizioni di svantaggio con un processo produttivo
eticamente e socialmente sostenibile. Con questo modello Cartiera ha ricevuto nel tempo
numerosi riconoscimenti:
Una menzione speciale per essersi distinta per
originalità e coerenza con gli obiettivi dell’Agenda 2030 all'interno della
quinta edizione del Premio Innovatori
Responsabili della Regione Emilia Romagna del 2019.
"Battiti" percorso di accelerazione per start up ad alto
impatto sociale, promosso da Emil Banca Credito cooperativo, entrata nella
compagine sociale della cooperativa nel 2019.
Welfare
che Impresa, il concorso attraverso
il quale Fondazione Italiana Accenture, Fondazione Bracco, Fondazione Snam, UBI
Banca, e Fondazione CON IL SUD invitano le start up sociali a presentare
progetti innovativi di welfare comunitario, per creare rete sul territorio e
generare impatto sociale e occupazionale.
Nel 2020 è stata premiata dalla Commissione Europea, all’interno del concorso
#EU4FairWork, come la più
rappresentativa a livello europeo sul tema della promozione del lavoro equo e
regolare e l’encomio ‘Welcome. Working with Refugee’ da parte
di UNHCR per l’impegno profuso
nell’inclusione dei migranti e nella crescita professionale.
La cooperativa
Cartiera contribuisce attivamente alla realizzazione di 9 dei 17 obiettivi
indicati dalle Nazioni Unite nell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
All’interno
di un simile contesto, non stupiscono le reazioni di contrarietà alle varie
ipotesi di riqualificazione che nel tempo si sono susseguite.
Per
la riqualificazione della restante area, negli anni, sono stati presentati
progetti molto impattanti per un territorio contiguo al nucleo abitato di Lama
di Reno, che hanno suscitato molte preoccupazioni ed ostilità da parte dei
cittadini, diretti alla realizzazione di centrali Turbogas o di impianti di
compostaggio di fanghi da acque reflue, sfalci e potature o alla
coltivazione dell’alga spirulina.
Da
qualche tempo nella popolazione si alternano notizie di altri investitori con
progetti puntuali, che riaccendono la speranza di nuova occupazione per questo
territorio.
Mastacchi chiede
alla Giunta se la Regione è a conoscenza di progetti più attuali, le cui
notizie iniziano a circolare tra la popolazione, ansiosa di prospettive per
questo territorio volte a creare nuove opportunità e nuova occupazione e se
tali progetti risultano coerenti e
compatibili con il “Borgo Ecologico”, nell’ottica della “Green Economy”
dell’area industriale e con lo sviluppo sostenibile portato avanti dalla
cooperativa Cartiera, che contribuiscono attivamente alla realizzazione degli
obiettivi indicati dalle Nazioni Unite nell’agenda 2030 proprio per lo sviluppo
sostenibile.
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