venerdì 26 novembre 2021

La vendita del vino è in netta ripresa.

Aumenta la domanda estera di vino sfuso, ma l’incubo quarta ondata rallenta gli scambi commerciali.

  

di Barbara Bertuzzi 

Confagricoltura

 

Lenta risalita delle aziende del vino “non presenti” sugli scaffali dei supermercati, all’incirca  ventimila in Emilia-Romagna, con una produzione annua che non va oltre le 200 mila bottiglie per lo più  commercializzate nei ristoranti, wine bar ed enoteche (canale Horeca). La previsione di Confagricoltura Emilia Romagna segna un aumento stimato delle vendite intorno al 35-40% rispetto al terzo trimestre dello scorso anno, che è stato disastroso per il canale Horeca.

«Non dobbiamo abbassare la guardia ma l’incertezza delle prospettive rischia di minare ancora una volta la ripresa - avverte il presidente regionale di Confagricoltura, Marcello Bonvicini -. Bisogna  scongiurare chiusure generalizzate in vista del Natale, sarebbe un disastro per le aziende legate a doppio filo a chi somministra pasti e bevande. Serve una filiera unita ed efficace, dalla vigna al ristorante, tesa a rafforzare la catena del valore».

Nel complesso, infatti, il 2020 ha visto andare bene solo il consumo di vini e spumanti tra le mura di casa (+ 8% su base annua, fonte Ismea-Nielsen), in gran parte acquistati al banco della grande distribuzione.

«Stiamo vivendo un momento che segna la ripresa delle vendite nel canale Horeca in particolare la ristorazione – dice con cauto ottimismo Mirco Gianaroli, presidente della sezione viticola di Confagricoltura Emilia Romagna a tutela delle tante realtà del territorio che prediligono la qualità alla quantità e che non possono contare sulla distribuzione nella GDO -. Tuttavia, i numeri pre-pandemia sono ancora lontani. Il Covid ha cambiato gli stili di vita e i comportamenti di acquisto delle famiglie: il cliente dello spaccio aziendale, durante il lockdown si è abituato ad acquistare la singola bottiglia al supermercato magari a un prezzo scontato. Adesso, però, i rincari sulla spesa degli italiani si ripercuotono sul mercato del vino già provato, penalizzando i prodotti di fascia medio-alta». Bisogna riavvicinare il cliente alle cantine del territorio, premiare l’alto valore aggiunto generato dagli imprenditori vitivinicoli. Per aiutare queste aziende a rilanciare la propria attività è necessario «cogliere le tendenze dei consumatori nel post emergenza; la loro voglia di uscire, partecipare a fiere, eventi, singole degustazioni aziendali». D'altro canto, sottolinea, i produttori sono alla ricerca di quel contatto perso a causa delle restrizioni sanitarie, pertanto chiedono alle istituzioni di aprire le porte a nuove fiere, congressi, B2B e B2C, nel rispetto delle norme anti-Covid. Per dare anche un impulso alle esportazioni.

Coi tempi che corrono non sorridono nemmeno le aziende del vino che utilizzano principalmente i canali di vendita della grande distribuzione. Di fatto la GDO non riconosce all’imprenditore la crescita esponenziale dei costi di produzione avvenuta negli ultimi mesi, mantenendo bloccati i prezzi all’origine. «In questo modo l’onere ricade esclusivamente sull’azienda vitivinicola che ci rimette in media dal 10 al 15%. Una situazione insostenibile, destinata ad aggravarsi soprattutto per l’effetto a valanga della crisi energetica», conclude Gianaroli.

Il vino sfuso da imbottigliare, dai vitigni a bacca bianca e rossa dei Colli Piacentini e Parmensi al Sangiovese e Trebbiano di Romagna, ha registrato mediamente un incremento della domanda pari al 10-15% con punte del 25% per il Lambrusco modenese e reggiano, vitigno che spicca fra l’altro per il rimbalzo dei prezzi (+30%) dovuto alla bassa produzione annuale. L’impennata dei costi di produzione, dal packaging alla logistica, spinge addirittura gli importatori a modificare le modalità di spedizione dall’Italia, al punto da preferire il prodotto trasportato in cisterne stradali o tank container per poi imbottigliarlo in loco. La domanda estera di vino sfuso è aumentata, complice il calo produttivo molto accentuato negli altri paesi europei (oltre - 25% in Francia), ma ora l’incubo quarta ondata e la fiammata dei prezzi stanno rallentando gli scambi commerciali.

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