Speriamo non si chiudano le stalle quando i buoi sono già fuggiti.
Dal Consigliere regionale
Marco Mastacchi
Gli
eventi climatici estremi fanno ormai parte del nostro vivere quotidiano.
L’Agenzia Ambientale Europea (AEA) ha recentemente diffuso un report
(https://www.reteclima.it/cambiamenti-climatici-italiaed-europa-10-principali-rischi-climatici)
in cui presenta le 10 categorie di eventi meteorologici e climatici estremi che
rappresentano i maggiori rischi naturali in Europa: ondate di calore, piogge
torrenziali, straripamento di corsi d’acqua, tempeste di vento, frane, siccità,
incendi boschivi, valanghe, grandinate e mareggiate. Tutte evenienze che hanno
purtroppo contrassegnato la nostra estate negli ultimi anni e in particolare in
quella ancora in corso. Garantire il
Deflusso Minimo Vitale dei corsi d’acqua risulta sempre più complicato ed è a
rischio la salvaguardia di parchi e oasi protette in tutta la Regione (Oasi del
reggiano, Parco del Delta del Po, etc.)
Il
possibile clima futuro dell’Emilia-Romagna si configura con le seguenti
caratteristiche: Ulteriore aumento delle temperature (massime, minime e medie)
/Aumento dell’intensità e della durata delle “ondate di calore”/ Diminuzione
del numero di giorni di gelo (ma non delle gelate più dannose) /Diminuzione
delle precipitazioni medie /Aumento delle intensità delle precipitazioni
durante gli eventi intensi / Aumento delle probabilità di periodi siccitosi
lunghi.
Le
possibili conseguenze: Crescita della pressione antropica sulle risorse
idriche, in particolar modo sull’uso e sulla gestione /Aumento del rischio di
alluvioni e inondazioni /Deterioramento dei suoli e aumento del rischio di
desertificazione /Aumento del livello del mare che comporterà maggiori rischi
per le zone costiere. Si potrà verificare: l’erosione delle spiagge basse e
delle spiagge ottenute con opere di difesa costiera, la perdita di zone umide
alla foce dei fiumi, l’invasione d’acqua salata nelle falde costiere di acqua
dolce, con conseguenze sull’agricoltura e sulla disponibilità di acqua dolce.
Qualunque sia la nostra
posizione in merito, la tendenza attuale del clima conferma tute le previsioni
quando non le supera in senso peggiorativo. La gestione dell’acqua
diverrà sempre più difficile a causa del cambiamento climatico (sempre più
irregolare) e della crescita della popolazione mondiale (che determina la
crescita della domanda di acqua). L’edificazione di sbarramenti e dighe è
un uso antico che risponde ad esigenze comuni di irrigazione, controllo delle
acque e produzione energetica. Si tratta di barriere artificiali che possono contenere
acqua o qualsiasi altro liquido allo scopo di immagazzinare o controllare
l’acqua. Oltre al loro ruolo tradizionale nell’irrigazione, le dighe apportano
grandi benefici all’umanità in settori importanti quali:
Approvvigionamento idrico per uso domestico e industriale
È necessaria una fonte sufficiente di acqua per sostenere la civiltà
esistente e la crescita futura.
Domanda agricola per irrigazione e approvvigionamento alimentare
Secondo le stime, l’80% di produzione alimentare aggiuntiva dovrà
provenire, entro il 2025, da terreni irrigati.
Controllo delle alluvioni
Dighe e bacini possono essere utilizzati efficacemente per regolare i
livelli dei fiumi e le inondazioni a valle della diga, immagazzinando
temporaneamente l’acqua in eccesso che potrebbe determinare l’inondazione e
rilasciandola in seguito in modo regimentato.
Energia idroelettrica
Dalla metà del XIX secolo, per la prima volta l’energia idrica fu
utilizzata per produrre energia elettrica. Poiché l’acqua è una risorsa,
l’energia idroelettrica è una fonte di elettricità rinnovabile e ampiamente
utilizzata, è la regina delle fonti alternative in quanto disponibile quando serve. Ciò che è molto importante, è una fonte pulita di
energia.
Altre finalità
Attività ricreative, miglioramento della navigazione, allevamento di pesci.
La sicurezza delle dighe allo stato attuale delle conoscenze e
dopo secoli di storia è a livelli mai raggiunti prima e di fatto sono il
mancato controllo o l’incuria del territorio da parte dell’uomo le maggiori
cause di danni.
La previsione di alluvioni è più fattibile, in quanto il
monitoraggio dei parametri meteorologici consente il calcolo della portata di
deflusso. Anche la pericolosità di frana può essere monitorata attraverso
sistemi tecnologici moderni, inoltre oggi il progetto di una
diga deve prevedere il consolidamento dei movimenti franosi presenti sui
versanti. È
possibile calcolare in modo più preciso lo scenario di allagamento
spazio-temporale grazie a mappe digitali di modellazione delle alluvioni.
E per l’agricoltura italiana ormai sono
imprescindibili. In alcune circostanze
recenti il problema si è manifestato nella sua gravità. Con il decreto legislativo n. 49 del
2010, l’Italia ha recepito la Direttiva Europea 2007/60/CE (Direttiva
Alluvioni) e si è impegnata a predisporre un quadro delle PERICOLOSITÀ E DEL
RISCHIO ALLUVIONALE e di redigere un adeguato piano di gestione per contenerne
i danni. Regioni e autorità di bacino di rilievo nazionale sono gli enti
preposti a rispondere agli obblighi previsti dalla normativa.
Da tutti gli elementi
sopra esposti emerge la necessità di un piano invasi che prenda in esame quelli
esistenti e abbandonati o semiabbandonati per riattivarli e consideri la
realizzazione di nuovi, che possano garantire la produzione di energia a minor
costo e più pulita, che mettano in salvo la nostra agricoltura e la nostra
salute utilizzando acque pulite e non inquinate da microplastiche come quelle
prese dal Po e attualmente utilizzate in molti terreni per irrigare, che
contribuiscano alla salvaguardia delle numerose oasi e parchi naturali che
tanto facciamo per istituire a tutela della natura ma che quando non c’è acqua
vanno in sofferenza a danno di flora e fauna.
La Diga di Castrola sul
Limentra, l’invaso di Armorano sul Baganza, l’invaso sul Rio Restana in Val
Nure e naturalmente la Diga di Vetto. E poi i piccoli invasi inattivi sul Lago
di Bellano e di Lago Verde sono solo alcuni esempi. Per alcuni di essi
(Castrola e Vetto) è quasi imbarazzante pensare da quanto se ne parli. La prima
esecuzione della Diga di Castrola, già approvata e finanziata, fu interrotta a
causa della Guerra d’Etiopia, nel 1935, sulla quale furono dirottati i fondi
destinati alla Diga. Da allora e fino ad oggi l’altalena dei si/no non ha
trovato ancora una soluzione. Il Consigliere Mastacchi da tempo richiama
l’attenzione della Giunta su queste questioni. Al Progetto di Legge Regionale
sulle derivazioni di grandi concessioni è abbinato quello presentato da Rete
Civica. Sue interrogazioni su questo tema vengono costantemente presentate
all’Assemblea Legislativa e alla Giunta Regionale.
I cambiamenti climatici non hanno, ahimè, i tempi della politica e della burocrazia. Speriamo non si chiudano le stalle quando i buoi sono già fuggiti.
Purtroppo siamo in Italia e politici, burocrazia, e scaricabarile chiuderanno la stalla quando i buoi saranno scappati...come in tante altre occasioni.
RispondiEliminaDei seminativi a Stanco, oppure a Castel di Casio o a Campolo, come potrebbero beneficiare di un eventuale bacino a Castrola? Come la portiamo in alto e/o lontano l'acqua?
RispondiEliminaL'acqua trattenuta dalla diga di Suviana come potrebbe arrivare al bacino di Castrola?
Alle aziende agricole servono dei piccoli e diffusi bacini aziendali!
C.Z.