Ogni paese europeo impegnato nella transizione all’idrogeno, nonostante l’attività di pressione e di lobby a livello locale ed europeo da parte dei soggetti interessati, non può prescindere dalle proprie condizioni infrastrutturali economiche ed industriali di partenza
I fondi destinati alla transizione ecologica del PNRR sono ingenti ed una quota importante è destinata ad individuare l’idrogeno come vettore energetico sostenibile. Tutti gli attori, ad ogni livello, privato e pubblico, dei paesi europei stanno dispiegando impegno e conoscenze per potere dotare le proprie economie di adeguati sistemi di produzione e stoccaggio dell’idrogeno.
La grande mole di
sussidi che i paesi europei hanno messo a disposizione per le energie
rinnovabili ha fatto virare la percezione iniziale di costo, in quella di
opportunità.
In questa fase di
assestamento ed individuazione del miglior metodo di produzione dell’idrogeno
(grigio-blu-verde) è importante che ogni paese valuti con cura ed attenzione le
proprie condizioni di partenza industriali ed economiche per evitare scelte
infrastrutturali che potrebbero nel medio-lungo periodo rivelarsi errate o poco
appropriate.
Una caratteristica
propria dell’idrogeno è quella di essere un vettore molto versatile ed il
blending (miscela di idrogeno e gas naturale) può rappresentare una possibile
strategia per iniziare il processo di decarbonizzazione e verificare se il
mercato viene sollecitato/orientato a creare a domanda.
Nello specifico l’Italia potrebbe essere in grado di sfruttare il vantaggio dovuto alla sua posizione geografica, oltre a disporre già di un’infrastruttura di trasporto (gasdotti) capace di rendere il trasporto almeno 10 volte più economico rispetto a quello via mare con navi cariche di idrogeno liquefatto.
La Germania che per diversi
aspetti, non ultimo quello tecnologico, rappresenta un punto di riferimento
anche per le scelte degli altri paesi europei, nel campo dell’idrogeno ha
orientato le sue scelte attuali sulla produzione di idrogeno blu.
Secondo Marco Alverà
Amministratore delegato di SNAM, anche in Italia la produzione di idrogeno blu
potrebbe essere una strada percorribile in quanto è disponibile una tecnologia
matura e perché risulta economico e possibile stoccare in sicurezza la CO2 derivante
dalla lavorazione di estrazione di idrogeno miscelato con il gas naturale.
Idrogeno ed i siti
“brownfield”
Un’ulteriore possibilità
per la produzione di idrogeno, anche in questo caso blu, risulta essere l’uso
di tecnologie mature per affrontare la transizione all’idrogeno. Si tratta di
unire la disponibilità di Siti d’Interesse Nazionale - SIN, l’esistenza di
domanda, la disponibilità di capitali, di capitali verdi, di credito, di
rischio, per realizzare le fasi di avvicinamento alla transizione del vettore
energetico. Occorre infatti ricordare che l’idrogeno non è una fonte di
energia ma solo un veicolo energetico.
Date le condizioni di
partenza del nostro paese sarebbe possibile avviare la realizzazione di
distretti circolari verdi. Si rende in questo caso necessario
mappare ed individuare i siti “brownfiled” e che per loro natura detengono già
una connotazione industriale e di infrastrutture.
I terreni bruni o
marroni sono aree/terreni precedentemente sviluppati a vocazione industriale,
che non sono più in uso. Si tratta di siti inquinati e/o potenzialmente
contaminati, nei quali gli interventi di riutilizzo o trasformazione d’uso, la
valorizzazione delle caratteristiche e collocazione geografica, sono in grado
di produrre benefici economici uguali o superiori ai costi relativi alle opere
di trasformazione e alle opere di bonifica o messa in sicurezza. In queste aree
sono presenti maestranze, competenze tecniche ed un indotto di imprese che
opera con esperienza nei processi di trasformazione industriale come ad esempio
raffinerie od ex-raffinerie, siti problematici o che lo potrebbero diventare. I
siti accoppiati geograficamente con la disponibilità di rifiuti plastici ed
altri tipi di rifiuto, che contengono carbonio, possono creare una base che
funzioni da accumulazione nel portafoglio delle tecnologie verdi, che poi
possono diventare mature e pertanto scalabili.
Se il progetto iniziale
prevede di concentrare in un luogo fisico una serie di impianti e lavorazioni
che sarebbero in grado di produrre idrogeno blu, in seguito, disponendo di
tecnologie più aggiornate e performanti, sarebbero in grado di ottenere anche l’idrogeno
verde. Si tratta di unire l’economia circolare e la chimica verde, la prima ha
la caratteristica che il rifiuto può arrivare ad essere un prodotto evitando il
costo di smaltimento, afferma Perroberto Folgiero - Chief Executive Officer di
Maire Tecnimont.
L’economia circolare
parte col vantaggio del conto economico rappresentato dal costo evitato dello
smaltimento. Il problema dell’economia circolare è che il prodotto è sempre più
povero, perché il ricircolo diminuisce le capacitò prestazionali del prodotto.
L’economia circolare detiene si un conto economico vantaggioso, ma un prodotto
impoverito. La chimica verde invece è esattamente il contrario, significa tanto
prodotto ma a costi altissimi. L’unione di economia circolare (uso dei SIN, ed
il riuso di plastiche ad alto contenuto di carbonio) con la chimica verde per
estrarre, in questo caso, idrogeno blu, vedrebbe la realizzazione di un
processo industriale innovativo, facilmente cantierabile, capace di avviare nel
paese una reale economia dell’idrogeno.
Segnalato da Dubbio
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