Il soffocamento perseguito da Bologna ai danni del suo Appennino è ormai storico. Ha avuto inizio con la nascita del comune libero nel medioevo. A quel tempo l'avanzata della nuova e vivace realtà cittadina trovò la ferma e decisa opposizione dei Conti di Panico, forse la più potente famiglia feudale dell'epoca in Appennino. Dopo innumerevoli scontri con vicissitudini di alterna fortuna, il Comune di Bologna sconfisse nel 1306 in modo significativo gli avversari e ne distrusse il castello di Panico. Poi l'operazione annientamento dei temibili nemici continuò fino a demolire tutti i loro castelli e a impossessarsi di tutta l'area di influenza dei Panico. Ne seguì la loro completa eradicazione . Alla distruzione dei castelli, seguì il forte indebolimento dell'apparato economico dell'area. A Bologna era necessario un Appennino povero di tutto, per averne un facile controllo. Soprattutto si puntò al suo spopolamento per evitare il riformarsi di oppositori numericamente pericolosi e ci riuscì. Una inversione di tendenza si verificò nell'ottocento ma non per migliorare l'Appenino, ma per caso. Nacque per vicende fortunate la Porrettana ( prima strada di fondovalle che offriva un buon tragitto diretto e veloce) per un collegamento con il Gran Ducato di Toscana. A beneficiarne furono principalmente le Terme di Porretta (una diligenza a traino animale percorreva il tratto di statale da Porretta a Bologna in un sol giorno, era l'Italo di allora). A questa si aggiunse altrettanto fortunosamente la ferrovia, voluta dagli Austriaci per un collegamento molto celere con il porto militare di Livorno che rendesse efficace in tempi stretti gli spostamenti di truppe. Ma il beneficio fu soprattutto per l'intera vallata del Reno.
A Pioppe trovò sede una Canapiera che occupava 1200 lavoratori, la cartiera del Maglio di Pontecchio incrementò fino a occupare 600 unità lavorative. Stesso impulso l'ebbe la Cartiera di Lama di Reno. Trovarono la valle logisticamente all'avanguardia numerose altre realtà produttive fra cui la Demm di Porretta. Il tutto però ebbe fine con il disinteresse di Bologna a mantenere lo stesso standard logistico. Negli anni '80 del secolo scorso fu presentato un progetto di una nuova statale che sostituiva quella storica (a bocciarla si scomodò persino il sindaco di Bologna), come fu cassata la 'Camionale', autostrada di fondo valle che attraversava l'Appennino a fianco della A1 e che sarebbe stata riservata ai soli camion. Ne seguì con notevole ritardo la realizzazione della Direttissima ( sostanzialmente la vecchia Camionale) e i comuni dell'alta valle del Reno accettarono e realizzarono la nuova Porrettana nei tratti di loro pertinenza. Il percorso di Porrettana dell'800 rimasto è inadeguato per una economia all'altezza dei tempi e soprattutto pericoloso. Altro colpo di fortuna, soprattutto per la valle del Setta fu la realizzazione del nuovo ponte sul Reno a Sasso Marconi, il Leonardo da Vinci. Fu realizzato nell'immediato dopoguerra con l'entusiasmo della ripresa e della volontà di lasciarsi alle spalle la tragedia dell'ultimo conflitto mondiale ed ebbe fra i protagonisti, se non il principale, il padre dell'onorevole Pierferdinando Casini, consigliere della Provincia di Bologna. Il ponte era un simbolo della rinascita italiana, un vanto della Provincia e un orgoglio per la capacità dei tecnici e delle maestranze bolognesi. E' infatti a una sola arcata per cui a quel tempo era, in Europa, secondo solo a un ponte svedese. Ma la felicità ha avuto breve vita. E' stata abolita la Provincia e il suo posto l'ha preso la Città Metropolitana, presidente il sindaco di Bologna.
L'avversità di Bologna per l'Appennino si è subito rilevata: le strade ex provinciali sono abbandonate ( quelle comunali lo sono da tempo), emblematica ora la perdita del ponte Leonardo da Vinci a Sasso Marconi: la Città Metropolitana, cui compete la gestione, nonostante le numerose sollecitazioni e richieste addirittura di un Comitato di cittadini a provvedere, se ne è fregata bellamente fino ad accorgersi che non era più praticabile dicendo che l'ammaloramento era venuto negli ultimi mesi e in un modo repentino ( se fossimo al bar e forse lo siamo, direi 'se credo a questa me ne racconti un'altra'). Ma la più comica è l'approvazione del Nuovo Piano Territoriale della Città Metropolitana. La pianificazione sposta ogni iniziativa di valenza commerciale ed economica in pianura, ingessa l'Appennino impedendogli anche di riconvertire l'esistente, quando siamo di fronte a una, si spera, nuova rinascita economica. Insomma, con l'arrivo della Città Metropolitana si 'migliora in peggio', per utilizzare una spiritosa, ma non troppo, frase di un commentatore di questo blog. Incrementa il turismo è vero, arrivano le ciclabili e ben vengano, ma l'economia di un'area non può basarsi su un unico settore. Lo ha dimostrato questa pandemia. Le aree a sola vocazione turistica sono state quelle che hanno pagato il prezzo più alto. A rendere l'accaduto mortificante c'è poi la strategia messa in campo sempre dalla Città Metropolitana per confondere, si dice, 'i distratti' amministratori dell'Appennino in sede agli organismi comunitari; la carota appesa al bastone è stata la creazione di un nuovo fondo che raccoglierà tutti gli oneri di urbanizzazione della provincia che poi verranno divisi 'equamente' fra i vari Comuni indipendentemente da quale di essi hanno avuto origine. Mi sembra una doppia fregatura: ingessati e costretti a sperare in fondi che hanno origine altrove, sempre a crederci.
Ultima prova della malafede di costoro: il consigliere regionale Mastacchi, accortosi dell'ingessatura, ha presentato una risoluzione in cui chiedeva fossero riammessi i recuperi degli edifici esistenti, la riconversione di quelli ora inutilizzabili, come le vecchie stalle e il riutilizzo di quelli anche collabenti, quindi con nessun consumo di suolo vergine, scopo cui si mira. Gli hanno chiesto in Regione di ritirarla per discuterla prima in commissione. Ha accettato chiedendo tempi ristretti, poiché altrimenti la conclusione sarebbe stata postuma alla votazione definitiva e, per impedire critiche e in disprezzo a quanto promesso, la Citta Metropolitana ha deciso di anticipare la votazione del suo consiglio al prossimo 12 maggio. L'ultima speranza è quindi quella che gli amministratori dell'Appennino in sede al consiglio della Città Metropolitana si oppongano, ma, come detto, pare siano distratti dalla carota. Vedremo, altrimenti non sarà che l'ennesima prova che abbiamo migliorato in peggio. Continuerò a trattare il tema 'salute economica dell'Appennino', sempre che io riesca a farlo, perchè credo profondamente nelle enormi potenzialità di questo territorio tanto bello e ricco ambientelmente e credo ancor di più nella capacità, nella abnegazione e nella creatività dei suoi abitanti perchè non siano costretti ad elemosinare le briciole dalla pianura o peggio ad abbandonare le loro amate origini.
A leggere questo articolo viene sola voglia di piangere !
RispondiEliminahttps://youtu.be/n1oKv_Yaaeo
RispondiEliminaChe schifo! l'abolizione delle Province è stata l'ennesima fregatura data dai politici ai cittadini.
RispondiEliminaIn che brutte mani siamo finiti.
per l'anonimo delle 17.50: a me invece scappa da ridere... come si fa a scrivere queste cose faziose e con pochissimo fondamento?
RispondiEliminaIn questo bel riassunto storico mancano gli oltre 3 secoli di governo dello Stato Pontificio che hanno mantenuto la povertà della zona.
RispondiEliminaDall'anonimo delle 19.59, dato che lui non è fazioso, vorrei sapere dove sono le cose prive di fondamento di cui parla. Non è forse vero che la viabilità in Appennino è ferma al secolo scorso ed è scarsamente manutenuta, non è forse vero che le frane non sono risolti, vedi quella di Rioveggio, non è forse vero che il ponte Leonardo da Vinci è stato trascurato nonostante da anni i cittadini denunciassero evidenti danni e che la Città Metropolitana si è degnata di intervenire quando ormai non c'era altro da fare che chiuderlo ? Non è forse vero che Sasso è divenuto un tappo veicolare per cui tutte le mattine siamo costretti a fermarci in lunghe file per raggiungere il lavoro ? Non è forse vero che nel 2021 non siamo messi meglio di due secoli fa? Lei che non è fazioso mi aiuti a capire.
RispondiEliminaTreno e bici funzionano alla grande, no code, no menate di parcheggio, no costi di benza/gasolio, maggiori sicurezza e puntualità, tiene testa e corpo sani!
EliminaIn molti ma ancora pochi lo facciamo tutti giorni.
Il conflitto tra città parassitanti e zone rurali parassitate esiste da sempre. D'altra parte se parte dell'Appennino è ancora splendida e integra ciò è dovuto a questa mancanza di becero sviluppo/tumore da conurbazione.
RispondiEliminaLa media parte delle valli del Reno/Limentra/Setta ed emiliane-romagnole è spopolata a causa della geologia, pessime argille azzurre instabili (eufemismo), aride, miserrime dal punto di vista agricolo. Se non hai casa, acqua da bere, da mangiare non vivi e quindi non ci abiti. Non ci sono incredibili complotti, dietro.
Non sento alcuna necessità di rendere Sperticano, Lagacci, Ganzole etc. degli inferni letteralmente sepolti da inferno come la Quercia di Marzabotto.
La mentalità di scimmiottare il tumore cittadino cemento & catrame & banlieue & GDO & rifiuti & speculazione di ciarpame edilizio & infrastrutture nefaste per portare in giro cineserie, pomidoro olandesi, roba scadente, etc. e di incistarlo in provincia è molto cittadino, metropolitano, appunto, poco intelligente.
Il miglior modo per annientare il settore primario (agricolo/zootecnico) che è l'unica economia diffusa che si può fare in collina, montagna, settore già martoriato da robaccia scadente importata proprio... colle infrastrutture.
Meno catrame, tenersi caro il ferro che andrà anche a petrolio finito, più rete e banda! A Tresana, a Stagno, Castel d'Aiano si può lavorare ad alto valore aggiunto (bio medicale, informatica, turismo di qualità, miele e pappa reale bio, ricerca alta conduzione, farina di castagne, nuovi materiali, etc.) se c'è rete e banda e servizi. Non è che bisogna metterci un acciaieria e poi l'autostrada per i TIR che portano via i semilavorati, e in bottega le scarpe di plastica Made in Thailand, il pollo agli antibiotici dalla Bulgaria!
C.Z.
Sono d'accordo sul breve riassunto storico ed anche sul fatto che per tre secoli tutta la vallata è stata governata dallo Stato Pontificio. Fu solo dopo il 1796 con l'arrivo di Napoleone che gli ordini ecclesiastici furono aboliti.Purtroppo lo stato della viabilità delle vallate del Reno e del Setta è stato troppo trascurato sia a livello manutentivo che innovativo. Detto ciò credo che in questo momento dovrebbero essere i sindaci delle due vallate a prendere una ferma posizione comune indipendentemente dal loro credo politico per cercare di modificare l'immobilismo della città metropolitana e della regione stessa. Purtroppo le prossime elezioni del sindaco di Bologna e le attuali schermaglie politiche non lasciano ben sperare ( vedasi ad esempio l'allargamento del passante nord ). Questa è l'Italia che ci meritiamo purtroppo.
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