EPICURO
: Il timore della morte è immotivato
di
Marco Leoni
(riporto una lezione di
Matteo Saudino, fantastico prof. di filosofia)
“
In un passaggio tratto
da 'Vite dei filosofi' di Diogene Laerzio, Epicuro, filosofo del
giardino e della felicità, ci parla della morte e soprattutto
fornisce uno dei pilastri fondamentali del tetrafarmaco cioè la
teoria della liberazione dai mali e dalle paure. Epicuro parla della
morte e del perché l’uomo non deve temerla.
L’uomo, egli dice, deve
liberarsi dalla paura della morte, abituarsi a pensare che la morte
non è nulla perché ogni bene e ogni male risiede nella facoltà
di sentire di cui la morte è appunto
privazione. Per cui la retta conoscenza che la morte non è niente
rende gioiosa la stessa condizione mortale della nostra vita, non
prolungando indefinitivamente il tempo ma sopprimendo il desiderio
della mortalità.
Le cose di cui possiamo
avere paura invece sono cose di cui possiamo o dobbiamo fare
esperienza. Se metto la mano sulla stufa calda mi brucio, allora devo
avere paura perché posso fare esperienza di una scottatura. Ma
della morte non si può fare una esperienza sensibile perché noi la
morte non la conosciamo, non la percepiamo né con gli occhi né col
tatto né con l’olfatto né con l’udito, pertanto dato che non si
può farne esperienza sensibile, la Morte è una cosa sconosciuta.
Perché dunque temere una
cosa di cui non conosciamo l’essenza più intima?
Noi non sappiamo cosa sia
la morte, lo diceva già Socrate, pertanto perché temerla se non
possiamo farne una esperienza.
Dunque la morte è
quell’evento che non prolungando all’infinito il tempo della
nostra vita ci rende più che mai interessante vivere. La morte
quindi ci fa un regalo, il non essere immortali e se non siamo
immortali anziché pensare alla morte sarà meglio occuparsi della
vita.
Però la semplicità di
questo pensiero è limitativo e in realtà la sua profondità ha
permesso all’Epicureismo di attraversare i millenni e di essere
anche oggi una filosofia di vita: voi potete uscire di qua e dire 'io
sono Epicureo', perché essere Epicureo è una modalità di
approcciarsi alla vita, ad es. non temere la morte perché non la si
conosce e valorizzare quel che c’è prima di essa che è la vita.
Nulla c’è di temibile
nel vivere per chi si sia veramente convinto che nulla c'è di
temibile nel non vivere più. Chi non teme la morte di conseguenza
vive in maniera molto più sicura e profonda la vita. Se non temo la
morte in vita, di ben poche cose avrò paura e dunque
non temendo la morte io nobilito e libero la vita.
Tutta una serie di
religioni che propongono invece una visione di morte come abbandono,
come grande tragedia, portano i fedeli a vivere angosciati perché
temono quell’orizzonte finale di morte.
Epicuro, liberando la
morte dalla dimensione di angoscia, paura e terrore vuole liberare la
vita. L’uomo che non teme la morte vive la vita più sereno perché
non sarà angosciato da quell’appuntamento a cui tanto giungerà un
attimo prima, cioè non lo vedrà quell’appuntamento perché non
può farne esperienza. Così è anche stolto chi afferma di temere la
morte non perché gli arrecherà dolore sopravvenendo, ma perché
arreca dolore il fatto di sapere che verrà: ciò che non fa
soffrire quando sopravviene è vano che ci addolori nell’attesa.
Ovviamente è un pensiero anche molto molto forte perché quello che
noi temiamo in realtà non è tanto la morte ma è il fatto che
arrivi o addirittura che arrivi per dei nostri cari, ma lo stesso
discorso di prima vale per questa situazione: se temiamo la morte
per i nostri cari nel momento in cui essa non è ancora arrivata, noi
anziché vivere profondamente la vita con loro, viviamo situazioni di
disagio angoscia e turbamento.
Dunque bisogna liberarsi
dal pensiero della morte dato che non conosciamo effettivamente come
essa sia, sia per quanto riguarda la nostra morte sia per quanto
riguarda quella di chi ci è vicino.
Non dobbiamo anticipare il
pensiero della morte ma sapere che essa c’è. Non anticiparlo in
maniera angosciante ma prendere consapevolezza della morte per vivere
profondamente la propria vita.
Il più terribile dei
mali dunque, la morte, non è niente dal momento che QUANDO
NOI CI SIAMO LA MORTE NON C’è E QUANDO ESSA SOPRAVVIENE
NOI NON SIAMO PIU’.
Essa non ha alcun
significato né per i viventi né per i morti perché per gli uni non
è niente e quanto agli altri essi non sono più.
Ma lo stolto ora fugge la
morte come il più grande dei mali, ora invece la cerca come
cessazione dei mali della vita, il saggio al contrario non teme di
vivere né teme il non vivere, non è contrario alla vita ma neanche
ritiene che la morte sia un male, il saggio è colui che vive
distaccato dalla morte.
Questo è un ideale di
saggezza ovviamente molto difficile da raggiungere.
Qui andiamo verso i
concetti di atarassia di equilibrio: io sto in equilibrio nel mondo
perché i turbamenti della morte non mi coinvolgono, addirittura
bisogna essere apatici verso la morte, cioè non provare
sentimenti di paura verso essa.
Ma attenzione, questo
pensiero è pericoloso se mal interpretato: bisogna essere apatici
verso la vita, cosa vuol dire ?
Vuol dire non rendere la
nostra vita un insieme, un focolare, un calderone di desideri.
Infatti, se vogliamo fortemente la vita, la desideriamo e
l’arricchiamo di desideri e aspettative in molti casi futili, di
bisogni che Epicuro dirà non necessari.
La nostra vita la vivremo
da schiavi perché noi passeremo le giornate a cercare di realizzare
desideri vani come la gloria, il potere, il successo, il denaro, la
forza, la bellezza. Questi sono fugaci perché c’è sempre chi è
più ricco di te, chi è più bello di te, perché c’è un giorno
in cui non sarai più bello, non sarai più ricco, perché la gloria
è passeggera perché ci sarà un complotto, un tradimento che farà
cadere la tua stella. Inoltre se vivi per essere il primo della
classe quando non lo sei, tutto il tuo castello di vita è venuto
meno; tu non devi affrontare il sapere per voler primeggiare nel
sapere ma devi affrontare il sapere per poterlo usare a vivere
bene.
Dunque la maggior parte
degli uomini temendo la morte e desiderando sempre più vita non vive
perché non è libero ma è schiavo.
La
morte temuta e la vita desiderata rendono l’uomo schiavo
Non
permettono all’uomo di vivere una vita di libertà e dignità.