I
PITAGORICI
visti da Aristotele
Lezione di Matteo Saudino
“ Eravamo
rimasti a Pitagora, filosofo di Crotone, il filosofo della
matematica, della metempsicosi.
In
un brano tratto dalla metafisica di Aristotele, il grande filosofo di
Atene fa un riferimento a Pitagora e ai pitagorici. Sta parlando
degli atomisti, che si dedicarono alla Matematica ma, egli dice,
quelli che son detti Pitagorici,per primi, la fecero progredire .
Dunque
Aristotele come tutto il mondo greco li conosceva benissimo e a loro
attribuì proprio gli inizi della matematica, dell’essersi occupati
in maniera esaustiva e approfondita della matematica.
Questi,
i pitagorici, dediti a tale studio credettero
che i principi delle
Matematiche
fossero anche i principi di tutte le cose che sono e che
l’intero
mondo fosse armonia e numero. Nei
numeri essi credevano di trovare, più che nel fuoco nella terra e
nell’acqua, somiglianza con le cose che sono e divengono; inoltre
vedevano espresse dai numeri le proprietà e i rapporti e gli accordi
armonici. Insomma ogni cosa nella natura appariva loro simile ai
numeri e i numeri apparivano primi fra tutto ciò che è nella
natura.
Aristotele
ci dice che i pitagorici, andando alla ricerca del principio di tutte
le cose, cioè l’archè
come fecero le scuole filosofiche precedenti e come continuano a
fare le altre scuole filosofiche,
individuarono nel numero
il
principio del cosmo.
Ciò
vuol dire che il numero è la legge cosmica, è il principio che
governa il cosmo è il fondamento. Il
cosmo è l’ordine, è un ordine Matematico. Tutto è numerabile,
dicevano i pitagorici, distanze, superfici, tutto è numerabile,
tutto è dato da rapporti numerici pertanto matematici.
L’armonia
del mondo è un’armonia numerica. Ed ecco che i pitagorici
esaltavano oltre la matematica un’altra disciplina, la disciplina
armonica e numerica per eccellenza: la
musica. La musica non è nient’altro che accordi
matematici, rapporti matematici, geometrici.
La
matematica è l’unione di Algebra e Geometria e per Pitagora i
numeri e i punti sono legati: il punto è il numero uno, il due
sono due punti cioè una retta, il tre è il triangolo, il quattro
quadrato. Si va avanti, il cinque è un pentagono quattro puntini con
un puntino sulla destra che ne fa poi il vertice. Dunque c’è una
corrispondenza fra algebra e geometria.
La
matematica è l’unione algebra e geometria, allora il numero ha una
rappresentazione
geometrica che ritroviamo nelle cose del mondo.
Le
cose sono matematiche perché sono distanze, sono rette, perché sono
forme geometriche, perché sono superfici sono numeri perché sono
peso, perché sono altezze dunque
il numero è la chiave di volta per comprendere l’universo.
Tutto
ciò, lo studio la ricerca dell’archè, va letto in Pitagora in
un’ottica
religiosa però non usiamo il
termine Dio, usiamo il termine Principio. Per
Pitagora la matematica ha la funzione di purificare l’anima,
o meglio gli uomini che vivono di matematica, di contemplazione
matematica, gli uomini che vivono di musica sono uomini che iniziano
un percorso di purificazione dell’anima, di comprensione del cosmo
e di elevazione e un’anima che si eleva, che si purifica è
un’anima che entra nel circolo della metempsicosi
più pura, più candida, più elevata.
Credevano nella metempsicosi,
pertanto che le anime sono immortali e alla morte del corpo si
reincarnano e per farle reincarnare in maniera più pura o meglio
per portarle sempre più verso l’equilibrio totale e per uscire
dal ciclo delle passioni umane bisogna renderla più pura possibile.
Quest’anima si purifica
attraverso una vita di contemplazione della
Matematica e della Musica,
attraverso la castità, attraverso il parlare
poco, il non mangiare la carne
cioè essere vegetariani. Poi cose bizzarre
come non mangiare le fave,
tutta una serie di
regole che facevano della
sua una scuola
sacerdotale, verticale, gerarchica.
Ma in questa sua
struttura gerarchica Pitagora
ha elevato la matematica a scienza, perché
è la scienza che permette di
conoscere il mondo.
Dunque una scuola rigida, una
setta, con regole ascetiche : anche
comunione dei beni, si viveva
insieme. Una scuola di cui non facevano parte le donne, una scuola
in cui lui si presentava come un illuminato. La conoscenza
matematica infatti, egli sosteneva, gli derivava da Apollo.
C’era tutta una struttura,
estremamente anche rigida, dentro la quale però prolifera la
matematica.
Il
numero sacro è il 10, si chiama TETRAKTYS, è un triangolo
equilatero
che
contiene numeri dall’ 1 al 10:
10 puntini. Ma i
primi 10 numeri sono i
numeri che contengono tutti
gli altri numeri : il 100, il 340, il 47, il 400.
Dunque
è il numero sacro perché contiene tutti gli altri numeri ed è
quindi
il numero dell’universo. Il 10 è il numero che ci fa comprendere
l’universo.
Ci
fa comprendere la struttura più intima del cosmo.
Abbiamo dunque una venerazione
del numero, la TETRAKTYS,aritmetica
geometria algebra unite nella
TETRAKTYS tutte unite nel culto .
Tutto è esprimibile in numeri:
la melodia del cosmo, perchè il cosmo è melodia: l’alternanza
notte-giorno l’alternanza di pianeti che si muovono, orbite che si
muovono, la nascita la morte, la salute la malattia tutto è
alternanza armonica il tutto è
armonico. Non purtroppo io che muoio e lui che nasce, ma la nascita e
la morte danno l’alternanza armoniosa nella nostra vita, c’è la
salute e c’è la malattia alternandosi danno ovviamente un’armonia
perché poi c’è chi è sempre malato e chi è sempre in salute in
quel caso l’armonia non è nel singolo ma nei due individui insieme
o nell’umanità.
La
filosofia pitagorica, è la filosofia del Numero, della Musica, è
anche filosofia della dualità, perché Pitagora e i pitagorici
dividono i numeri in pari e impari, pari 2, 4, 6 impari 1, 3, 5
E
dall’unione scontro tra il pari e l’impari nasce il parimpari
che è
l’equilibrio,
figlio dello scontro. Risente dei culti orientali, Pitagora è un
teorico dell’armonia che nasce dallo scontro, il parimpari è
quell’armonia che deriva dallo scontro fra pari e impari.
Dunque
c’è un’armonia complessiva che è figlia di uno scontro, di un
dualismo.
Filosofia dell’unità se pensiamo al numero ma in realtà è una
filosofia duale perché considera i numeri come pari e impari e al
pari e all’impari corrisponde la dualità del mondo.
Per
Pitagora e i pitagorici gli impari sono i numeri del bene, perché
sono numeri chiusi.
Sono
numeri chiusi per questo motivo: sia il chiuso che il limitato è
superiore all’infinito e all’illimitato.
Il numero 1 è unità, è completo, il numero 2 è una retta
infinita, il numero 3 è un triangolo, finito. I numeri pari sono
infiniti e aperti e dunque imperfetti. Per i greci ciò che è
incompleto è manchevole, ciò che è infinito, indeterminato, è
manchevole.
Dunque
i numeri pari sono numeri proiettabili all’infinito, indeterminati;
i
numeri dispari sono numeri completi. I numeri dispari sono la luce,
il bene i numeri pari sono il male, le tenebre. I numeri dispari sono
la completezza, i numeri pari sono l’incompletezza.
Il
numero pari che è incompleto è la donna il numero dispari è la
Perfezione
è la completezza è l’uomo.
In
quella società maschilista, come sempre alla ricerca del perché
l’uomo
è
veramente perfetto, Aristotele dice che l’autore della vita, colui
che in realtà la porta è l’uomo che con il seme dona la vita; la
donna, nei greci come anche nei romani e anche nei cristiani, la
donna semplicemente
la
ingloba e anche anatomicamente la donna ha una mancanza, l’uomo
ha
una completezza che porta alla nascita. Concludiamo dicendo che il
numero, ovviamente il dualismo, ci porteranno poi un proseguio di
scoperte e di calcoli. Per Pitagora esistevano solo i numeri naturali
e poi i numeri razionali positivi 1, 2, 3...
A
un certo punto queste grandezze, che sono tutte misurabili, vengono
messe
in discussione da Ippaso di Metaponto che si presentò a scuola
sollevando
il problema della diagonale del quadrato di lato 1 che ha una
diagonale
equivalente alla radice quadrata di 2.
Dunque
tutta l’impostazione pitagorica dei numeri come grandezze
misurabili,
i numeri come figure geometriche calcolabili, salta,
perché
esistono
anche grandezze, come la diagonale in questo caso, che non hanno una
corrispondenza misurabile in modo naturale o razionale perché la
radice quadrata di 2 crea dei problemi.
Ippaso
di Metaponto fu cacciato, secondo altre leggende o racconti fu
addirittura
ucciso dai seguaci di Pitagora che lo fecero buttare giù da una rupe
antistante la scuola pitagorica di Crotone.
Ma
il tema sollevato da Ippaso di Metaponto è lì a testimonianza che
poi
nonostante
la rigidità e il potere sacerdotale della filosofia di Pitagora
fossero
indiscutibili, la filosofia il pensiero come domanda, come ricerca
di
risposte
andrà avanti e i pitagorici andranno oltre gli insegnamenti di
Pitagora
stesso, andando verso il tema dei numeri frazionari, dei numeri
irrazionali verso il tema dell’infinito che vedremo già con
Zenone, allievo di Pitagora.
Chiudo
con una riflessione per dimostrare anche l’intelligenza di questa
scuola: alcuni pitagorici, come Ecfanto di Siracusa, ipotizzarono
l’universo
eliocentrico nell’osservare
le stelle, nel cercare di calcolarne gli spostamenti, nell’osservare
i pianeti, nel cercare di calcolarne i movimenti.
Dunque
con Ecfanto di Siracusa abbiamo una delle prime ipotesi
eliocentriche
che poi cadrà.
Poi,
e qua chiudo, anche con Aristarco di Samo sempre a partire da calcoli
matematici, all’interno delle scuole pitagoriche si comincia a
studiare chiaramente astronomicamente l’universo. A un certo punto
si comincia a immaginare l’universo con un fuoco centrale attorno a
cui tutto ruota e si pensa alla terra, a parte Ecfanto e Aristarco
che pensavano al sole.
Ci
doveva essere un perno centrale a cui tutto intorno ruota e facevano
ruotare 9 corpi celesti. Ma 9 non è equilibrio perché ci sarà un
decimo pianeta perché il 10 è il numero sacro.
E'
il 10 che contiene tutti i numeri possibili. Allora
ipotizzarono l’esistenza di un decimo pianeta invisibile all’occhio
umano fatto di una materia non percepibile, che ruota, un pianeta
oscuro.
E’
chiaro che oggi, se si pensa alla fisica e all’astrofisica, si
pensa che si sta cercando l’antimateria, allora i pitagorici non
pensavano all’antimateria ma
pensavano che per capire il funzionamento dell’universo si potrebbe
anche ipotizzare l’esistenza di qualcosa che materialmente noi non
vediamo, concetto che è alla base degli studi odierni
sull’antimateria.
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