di
Carmine Caputo
I
sindaci dell'Unione dei comuni dell'Appennino bolognese denunciano la
grave situazione che si sta verificando nelle filiali delle Poste
Italiane, a seguito della chiusura degli uffici periferici.
«Purtroppo
il condivisibile obiettivo di proteggere alcuni dipendenti»
spiega il presidente Maurizio
Fabbri
«sta
mettendo ancora di più a rischio il lavoro di altri, e la salute dei
cittadini. Questo è francamente ingiustificabile. In un momento
difficile come questo, in cui siamo tutti impegnati a far
rispettare le direttive nazionali e regionali, non possiamo anche
doverci occupare dell'ordine pubblico presso gli uffici postali».
Su
tutto il territorio italiano infatti Poste Italiane ha
riorganizzato il servizio, riducendo a tre giorni l'apertura per
tutti gli uffici che effettuavano turno unico, ovvero con orario
8.20-13.35, e per quelli che effettuavano il doppio turno, ovvero
dalle 8.20 alle 19.05, nei comuni sotto i 25 mila abitanti. Ma il
disagio più grave è stato comportato dalla
chiusura completa degli uffici delle frazioni periferiche.
In
questo modo, da un lato si formano code e assembramenti che invece
dovrebbero proprio essere scongiurati per contrastare l'epidemia,
dall'altra si costringono i cittadini a muoversi di casa per
percorrere anche decine di chilometri.
La
condizione peculiare dell'Appennino, spiegano infatti i sindaci, è
quella di avere uffici postali molto distanti da quelli del
capoluogo, che possono superare anche i dieci chilometri. E anche la
calendarizzazione degli accessi, divisi in ordine alfabetico, può
creare qualche disordine o conflitto tra i cittadini. Le forze di
polizia municipale, già duramente impegnate in questi giorni, non
possono certo occuparsi anche della gestione degli accessi agli
uffici per conto di Poste Italiane.
«Questa
situazione di emergenza»
conclude Fabbri «ci
fa capire di quanta strada dobbiamo ancora fare sul fronte del
digital divide e della alfabetizzazione informatica, visto che tanti
nostri residenti, i più anziani, ritirano la pensione o pagano i
bollettini in contanti. Ci lavoreremo, ma intanto non possiamo
costringerli a esporsi a un rischio maggiore o lasciarli senza
soldi».
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