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Quando
agli inizi degli anni Ottanta, dopo quarant’anni di
“keynesianesimo” e di intervento dello Stato nell’economia,
presero piede la deregulation
reaganiana e il monetarismo della scuola di Chicago, in tutto il
mondo occidentale ci fu un improvviso entusiasmo per le teorie
liberiste e un contemporaneo rigetto di qualsiasi forma di intervento
o di controllo dello stato sull’economia. Negli anni che seguirono,
gran parte delle aziende statali vennero cedute ai privati e venne
contemporaneamente abolita o ridotta ogni forma di controllo sui
prezzi e sulle tariffe, nella convinzione che il mercato avrebbe
determinato autonomamente il giusto prezzo d’equilibrio fra la
domanda e l’offerta.
Oggi,
i delusi e i disillusi di tale politica vanno sempre più crescendo.
Infatti, la liberalizzazione economica e tariffaria, ben lungi dal
portare vantaggi in termini di prezzi e di efficienza ai cittadini,
si è tradotta, nella quasi totalità dei casi, in vertiginosi
aumenti di prezzo senza corrispettivo miglioramento della qualità
del servizio erogato. In parole povere e chiare, si è tradotta in un
grande arricchimento per gli imprenditori e in un notevole
impoverimento per gli utenti. Gli esempi sono infiniti, ma basterà
citare le assicurazioni auto, le tariffe di acqua, luce e gas e il
prezzo dei trasporti. Anche a livello di enti locali, la concessione
dell’autonomia impositiva ha portato a una selvaggia sventagliata
di tasse e balzelli quali i posteggi a pagamento, che hanno
letteralmente invaso le nostre città, le tasse di soggiorno, i
multavelox (che sono tasse mascherate) e la vergognosa serie di
addizionali Irpef che ogni anno vengono aumentate. E non passa giorno
senza che la fantasia di manager e amministratori locali partorisca
qualche nuovo aggravio per noi cittadini. Ultimi esempio sono stati
la proposta di pedaggio per il grande raccordo anulare (poi
fortunatamente naufragata) e la tassa di un euro per usufruire dei
trolleys portabagagli a Fiumicino.
La
morale è che la deregulation
è un vero e proprio fallimento, perché si è consumata tra due
parti che hanno peso politico e contrattuale enormemente diverso. Da
un lato i consumatori, poco informati, divisi e con scarso peso
politico; dall’altro gli imprenditori, che sono ricchi, potenti,
uniti e capaci di influire pesantemente sulle scelte politiche
mediante una costante e aggressiva azione di lobbying. La
liberalizzazione non poteva funzionare per il semplice fatto che non
è stata una vera liberalizzazione. Infatti, nei trasporti e nei
servizi non vi è una molteplicità di aziende che offrono lo
stesso bene o servizio facendosi concorrenza fra loro. Nelle ferrovie
abbiamo una sola società proprietaria delle rotaie, nei trasporti
urbani abbiamo una sola azienda ed anche acqua, elettricità e gas
sono effettivamente prodotti da pochi operatori mentre tutte le altre
sono mere società commerciali che vendono ma non producono. Nel
settore delle assicurazioni invece, ove le aziende sono molte, queste
hanno fatto cartello stravolgendo i principi del liberismo ed
aumentando artificiosamente le tariffe, come varie sentenze
dell’autorità sulla concorrenza hanno dimostrato. E che dire,
infine, delle autostrade che lo Stato ha venduto in nome del libero
mercato e che ora sono nelle mani di un’unica famiglia? Quindi,
possiamo senz’altro dire che in questi anni abbiamo abolito le
tariffe controllate e amministrate (che garantivano un certo sostegno
al consumatore) non in favore del libero mercato, bensì in favore
del monopolio o, nel migliore dei casi, del peggiore oligopolio.
Stando così le cose, si è facili profeti nel prevedere che, di qui
poco, la gente incomincerà a dire che, forse, si stava meglio quando
si stava peggio e non è escluso che, dopo la ubriacatura liberista,
si possa tornare ad una qualche forma di intervento statale
nell’economia al fine di frenare gli abusi delle aziende. Certo
è che le cose non possono andare più avanti così, perché nel
cittadino si sta facendo strada un senso di ribellione verso un
trattamento giudicato ingiusto e vessatorio che ha, come risultato
ultimo, una drastica diminuzione del potere d’acquisto dei salari e
un impoverimento sensibile delle famiglie.
> Infatti, la liberalizzazione economica e tariffaria, ben lungi dal portare vantaggi in termini di prezzi e di efficienza ai cittadini,
RispondiElimina> si è tradotta, nella quasi totalità dei casi, in vertiginosi aumenti di prezzo senza corrispettivo miglioramento della qualità del servizio erogato.
Alcune osservazioni sono pertinenti e precise.
Manca però mezza verità.
L'indicibile, innumerabile, aberrante, tumorale debito che ci ritroviamo addosso è il risultato di
un vero e proprio fallimento, che si è consumato dalla fine del fascismo fino ai nostri giorni, in una gara al peggio, prima Craxi, poi Berlusconi quindi Renzi, IRI, MdsS, Autostrade, Alitalia, un vero e propri assalto demagogico alla casse pubbliche, i regali ai miliardari kompagni Benetton, a colpi di deficit pesantissimi annuali che hanno pompato il debito, con un vero e proprio furto intergenerazionale, la distruzione a base di tumore edilizio, grandi opere inutili se non nefaste, People Mover costati 10 volte il progetto ferroviario, etc. etc. con l'inquinamento del dirittismo, con l'assistenzialismo, con le pensioni baby, cucciolo, nannolo e chissenefregolo di intere categorie di milioni di lavoratori che hanno versato 30 e prendono 100.
Anche in questo la sinistra è riuscita a fare di peggio di B., con Renzi e Gentiloni che in anni di tassi artatamente favorevoli NON hanno fatto diminuire il debito di un solo euro, anzi lo hanno pompato ulteriormente con un'altra serie malata di deficit annuali, imponendo agli italiani costi aberranti (4 o 5 miliardi all'anno) per la "accoglienza coercitiva" a spese di paesani e cittadini, contro la loro volontà, con una schiera di razzisti anti che li hanno derisi, insultati in tutti i modi possibile per i loro mugugni.
Il peggio della più becera demagogia, del citrocapitalismo, del razzismo anti, in cui quasi tutto il paese è stato responsabile.
Si può raccontare solo la metà della verità.
Questo articolo attacca tutto e tutti, esclusi i banchieri.
RispondiEliminaUn chiaro invito a non toccare le banche, che sono ben difese, come nella seguente foto:
https://pbs.twimg.com/media/Del1MJQW4AACC3o.jpg
altrimenti si scrolla l’alberino delle noci….
aggiuniamo nel debito i treni inutili che da bologna a marzabotto viaggiano sottutilizzati.
RispondiElimina> aggiuniamo nel debito i treni inutili che da bologna a marzabotto viaggiano sottutilizzati.
RispondiEliminaNel periodo di sospensione del servizio tra Riola e Porretta sono state incomprensibilmente abolite alcune corse "della mezzora". Una tra tutte quella in partenza alle 18:34 dalla stazione centrale.
Questo ha comportato che il treno delle 18:04, già ai limiti se non oltre in quanto a posti disponibili rispetto alla richiesta, si sovraccaricasse ulteriormente.
Arriva l'intelligente che vuole spostare carico su treni già sottodimensionati e ridurre il servizio.
Qui si continua a ragliare di tagli ai treni per/da Marzabotto e si tace sulle scempiaggini, insensatezze e dilapidazioni di denari pubblici, sui caselli solo telepass, sui pipol muer, sulla quintuplicazione di porrettane pseudo veloci, sulla demolizione del secondo binario e suo rifacimento a Vergato, sui trafori per il nulla tra Vergato e Rioveggio, sul tumore catramitico, etc. .
Mah.