martedì 27 marzo 2018

Appennino. In 15 anni in montagna hanno chiuso 2 aziende agricole su 3, vanno via anche i giovani. Responsabili i cinghiali.

Il trentenne Stefano Vivarelli, titolare di un’azienda agricola di 22 ettari e attualmente presidente di Coldiretti in comune di Lizzano in Belvedere, si sfoga: “ Produco latte di alta qualità destinato alla produzione dei Parmigiano Reggiano. I cinghiali vanificano le mie fatiche. Penso a malincuore che l’unica soluzione sia chiudere baracca e burattini e cercare un lavoro più tranquillo al di fuori dell’agricoltura”.

 
A chiacchiere si dice di voler rilanciare l'agricoltura in Appennino. Nei fatti si opera per incentivarne l'abbandono. Sembra che la visione dei politici e di chi abita in città ( i redditi di costoro non sono condizionati o mutilati dalla presenza di animali onnivori) è un futuro con l'Appennino abitato da animali e ricco di soli sentieri, la cui manutenzione sarà da affidare a quei pochi 'fortunati' che continueranno ad abitare in Appennino e che con grande magnanimità ( e non altro perchè l'Appennino è area di razzia per la città) verranno ringraziati per il loro 'servizio' alla comunità. Se la lettura è corretta è ora di passare dalle parole ai fatti 'pratici' non ascoltando più i 'parolai' imbroglioni. Il giochino dura ormai da trent'anni e la misura e visibilmente colma.

Hanno ispirato queste considerazioni la denuncia-richiesta di Coldiretti che, come al solito, risulterà sostanzialmente ineccepibile, ma praticamente ignorata, quasi un 'gioco' formale per 'zittire' le 'povere ' vittime. 'Io l'avevo detto', sarà ciò che si sentiranno ripetere i 'tartassati' dai cinghiali.

Ecco la denuncia – richiesta del sindacato degli agricoltori

Emanare al più presto una ordinanza per svolgere una attività di controllo del numero dei cinghiali in eccesso. È quanto chiede Coldiretti Bologna ai sindaci dei comuni di: Lizzano in Belvedere, Gaggio Montano, Alto Reno Terme, Camugnano e Castel di Casio, per evitare il definitivo abbandono della montagna da parte degli agricoltori.
Motivo della richiesta – spiega Coldiretti Bologna – è la continua devastazione dei campi, con decine e decine di ettari di raccolti distrutti in diversi Comuni della montagna bolognese, dove i cinghiali sono ormai fuori controllo, con una densità di animali per ettaro al di sopra del sopportabile dall’uomo e dalla natura. I produttori agricoli sono ormai esasperati – afferma Coldiretti Bologna – di fronte al ripetersi di attacchi alle colture che stanno erodendo irrimediabilmente il reddito già risicato delle imprese agricole nelle zone di montagna. Non è un caso infatti che molti agricoltori stiano abbandonando i campi – rileva Coldiretti Bologna – come dimostra il fatto che dagli anni 2000 ad oggi sulla montagna bolognese due agricoltori su tre hanno chiuso l’azienda e a fronte delle 3.000 imprese agricole censite all’inizio del terzo millennio oggi ne rimangono meno di 1.000.
Nelle zone montane – informa Coldiretti Bologna – i cinghiali hanno preso possesso delle aree agricole e dei boschi rendendo impossibile l’attività di coltivazione e allevamento, al punto da mandare in fumo il raccolto di un anno intero, mettendo in crisi gli allevamenti a causa della distruzione dei campi di foraggio che rende impossibile l’utilizzo del fieno aziendale.
Ad essere colpiti non sono solo le attività agricole – spiega Coldiretti Bologna – ma vengono messe a rischio cose e persone come dimostra la crescita esponenziale degli incidenti stradali che vedono coinvolti proprio i cinghiali. Il carico eccessivo di questi animali – sottolinea Coldiretti – mette in crisi anche l’ecosistema, con forti problemi per la biodiversità in quanto si crea una situazione di forte sofferenza della piccola fauna e della flora, con la distruzione sistematica di gemme e rigetti delle piante, come sostenuto più volte anche dall’Ispra, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.

A pensare seriamente all’abbandono dell’azienda sono anche coltivatori giovani, come è il caso di Stefano Vivarelli 30 anni, giovane presidente di Coldiretti in comune di Lizzano in Belvedere che alcuni anni fa, grazie ai finanziamenti per il primo insediamento del Piano di Sviluppo Rurale, è diventato titolare di un’azienda agricola di 22 ettari a seminativi (foraggio e cereali) con un allevamento di una trentina di vacche da latte per Parmigiano Reggiano. “È frustrante – dice Vivarelli – perdere l’entusiasmo per questo lavoro perché vedi i tuoi campi devastati e ti trovi nell’impossibilità di utilizzare il foraggio che hai seminato perché i tuoi campi sono diventati la dispensa dove i cinghiali mangiano a loro piacimento e il poco foraggio che ti resta non è nemmeno utilizzabile perché è rovinato e non è adatto per vacche che producono latte di alta qualità destinato alla produzione dei Parmigiano Reggiano. A volte penso che l’unica soluzione sia chiudere baracca e burattini e cercare un lavoro più tranquillo al di fuori dell’agricoltura”.

7 commenti:

  1. Non andate a trovare responsabilità dove non c' è. I responsabili non sono i cinghiali......ma bensi la vita difficile che si fa nelle periferie. In particolare l' inverno pesante appena passato ha fatto riflettere, con i tanti disoccupati che ci sono e chi lavora non arriva a metà del mese gli stipendi sono sempre gli stessi da 10 anni e con l' entrata in vigore dell' euro la vita è peggiorata in particolarmodo nelle periferie dell' appennino, in poche parole chi ha delle attività è costretto chiudere. La gente non ha soldi per spendere per se stessa, se non solo pagare tasse, tassine e tassone. Questa è la verità che si cerca di nascondere e si ricorre ad accusare da anni i cinghiali di esserne i responsabili. Guardate in faccia la realtà senza nascondervi o incolpare chi deve sopravvivere come gli animali dell' appennino.

    RispondiElimina
  2. Non solo cinghiali devastano l'Appennino, ci sono anche enduro selvagge!

    RispondiElimina
  3. A cinghiali, lupi, cormorani e aironi se vogliamo salvare noi e l'ambiente occorre dare una sostanziosa ridimensionata senza lacci o lacciuoli di politicanti incapaci e asserviti all'europa.

    RispondiElimina
  4. In particolare la valle del setta e tutto l' appennino è un continuo cantiere di sfruttamento del territorio, assieme alle imprese edili, autostrade, hera, il fotovoltaico e fibbra ottica, si spartiscono sabbia e ghiaia per costruire strade e varianti con il consenso da parte delle amministrazioni comunali di tirarare giù persino le montagna. Di quella bellezza del teritorio osservata nel passato è rimasto ben poco. Si continua da anni e secoli il depredare e sfruttare il suolo per uso privato.Per quanto riguarda i cinghiali i contadini lamentano disastri vari da anni per avere incentivi per il loro stesso sopravvivere ad una economia che traballa inesorabilmente e senza speranza. I giovani vanno via ??? ma anche i vecchi vorrebbero andarsene.....e fanno più che bene.

    RispondiElimina
  5. ha ha enduro che devasta.... bella questa! hai vinto il mongolino d'oro

    RispondiElimina
  6. Dei 5 commenti precedenti non ne ho trovato nemmeno uno da prendere nelle minima considerazione. Solo dare la colpa ai cinghiali, ai politici che permettono opere a dir loro solo distruttive, l'asservimento alla bieca Europa, lo sfruttamento del territorio (sic) gli enduro che scorazzano, l'inverno con la neve, fenomeno mai visto ed amenità discorrendo. Non sarebbe meglio non postare nulla e lasciare solo la notizia e che ciascuno che legge si faccia una sua idea solitaria senza far ridere.

    RispondiElimina
  7. anonimo delle 21.50..... sei un mongolo hai ripetuto ciò che gli altri hanno detto
    prima di te, perciò doppio mongolo. Non sai quello che SCRIVI.

    RispondiElimina