Il Comando
Provinciale dei Carabinieri informa:
Da
sin., Maggiore Diego Polio, Comandante
del
Nucleo Investigativo dei Carabinieri di
Bologna
e Luogotenente Salvatore D’Elia,
Comandante
della Stazione Carabinieri
Bologna
Indipendenza
|
Nel
corso della nottata, a Napoli, i Carabinieri del Nucleo Investigativo
di Bologna e della Compagnia di Bologna Centro, supportati dai
militari del Comando Provinciale di Napoli, hanno dato esecuzione a
un provvedimento di custodia cautelare, ponendo agli arresti
domiciliari due cugini ventiquattrenni napoletani, ANTONIO MUSTO E
MAURIZIO MUSTO ( nelle foto) .
L’operazione nasce dai risultati conseguiti
durante l’esecuzione dell’indagine “Avvoltoio” che il 30
settembre del 2016 aveva visto l’arresto di otto persone
riconosciute quali componenti di un’associazione a delinquere
finalizzata alla commissione di truffe in danno di anziani. Le
perquisizioni effettuate nei domicili degli arrestati avevano
permesso di acquisire del materiale (telefoni cellulare, tablet, pc)
che, una volta analizzato, ha fatto emergere delle responsabilità a
carico di altri soggetti, allora ignoti, facenti parte dello stesso
sodalizio criminale. Dal febbraio 2016, i Carabinieri del Nucleo
Investigativo del Comando Provinciale di Bologna e della Compagnia
Bologna Centro hanno avviato una complessa indagine finalizzata a
disarticolare un sodalizio criminale dedito, appunto, alle truffe con
la cosiddetta “tecnica della cauzione”. Le investigazioni,
condotte sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di
Bologna – diretta dal Procuratore Capo, dott. Giuseppe Amato -
e svoltesi anche con l’ausilio di intercettazioni telefoniche e
servizi di osservazione e pedinamento, hanno permesso di individuare
l’esistenza di un’organizzazione criminale specializzata nelle
truffe alle persone anziane, con sede esecutiva a Napoli, composta da
una pluralità di “batterie”, attive sul territorio
nazionale in maniera autonoma. Nello specifico, è stata individuata
una “batteria” riconducibile al clan “Marsicano-Esposito”
di Casoria, composta da soggetti suddivisi stabilmente in “aliquote
specializzate”, una “cellula di telefonisti/terminalisti”,
soggetti stanziali a Napoli incaricati di:
-
individuare e contattare come “avvocato” le potenziali
vittime, grazie a siti web che abbinano l’indirizzo al numero del
telefono fisso;
-
provocare il contatto con il finto Carabiniere, spesso presentato
come “Maresciallo Primo”, per rassicurare la vittima,
invitata a comporre un numero di telefono della caserma dei
Carabinieri, senza rendersi conto che il truffatore, in realtà, non
interrompe mai la comunicazione;
e
un “aliquota di emissari”, due soggetti, presenti sui
luoghi delle truffe, in contatto diretto con i telefonisti, a cui
suggeriscono gli indirizzi e che riscuotono le finte cauzioni dalle
vittime. Le indagini hanno permesso di accertare che l’organizzazione
criminale in questione è collegata al clan “Contini” di Napoli,
a cui viene corrisposta una tangente, che nel corso delle
conversazioni è invocata in maniera convenzionale con i termini di
“pesone” o “carosiello”, ed il cui pagamento, a
titolo di protezione, è ritenuto indispensabile per poter operare in
tutta “tranquillità” e “sicurezza”. In particolare, il
“canovaccio” abituale prevedeva l’entrata in scena del
sedicente “avvocato Molinari”, che componeva numeri di
telefono di abitazioni di una medesima via/quartiere, reperendoli da
siti internet, fino a quando non s’imbatteva in una persona anziana
in casa da sola. L’avvocato cercava di convincere l’anziano che
per evitare l’arresto del proprio parente, coinvolto in un fittizio
incidente stradale e per questo motivo trattenuto in una caserma dei
Carabinieri, era necessario pagare una determinata somma,
generalmente qualche migliaio di euro, da consegnare a un suo
collaboratore che si sarebbe presentato quanto prima presso
l’abitazione. Per rendere il tutto ancora più credibile, la
conversazione proseguiva con l’intervento telefonico del “finto”
maresciallo dei carabinieri, che si presentava come “Maresciallo
Primo”, con il compito di carpire definitivamente la fiducia
della vittima “rassicurandola” sulle buone intenzioni
dell’avvocato. La truffa si consumava quando la vittima consegnava
al “collaboratore dell’avvocato”, che nel frattempo
stazionava nei pressi della via/quartiere preso di mira, il denaro
richiesto. In molte circostanze, poiché le persone anziane non
detenevano in casa grandi somme di contante, i truffatori si facevano
consegnare gioielli o preziosi. Le indagini hanno acclarato che alle
truffe partecipavano, direttamente o indirettamente, componenti
d’intere famiglie, uomini, mogli, madri e figli, non solo con
compiti operativi ma anche di collegamento con gli emissari
(intervenendo all’occorrenza anche in prima persona) nonché
logistici, reperendo numeri di telefoni di cellulari ma anche
autovetture con cui spostarsi, trasformando così l’attività
illecita in un vero e proprio “affare di famiglia” dal quale
tutti traevano sostentamento. Il GIP del Tribunale di Bologna –
Dott.ssa Francesca Zavaglia, recependo le risultanze investigative,
ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 2
soggetti, incensurati, posti agli arresti domiciliari, ravvisando
nelle condotte dei correi il reato di cui all’art.416 C.P. Il
provvedimento di oggi si colloca su quella stessa linea giuridica
tracciata dalla Procura della Repubblica e concordata dall’ufficio
G.I.P. del Tribunale di Bologna che nel settembre 2016 inaugurò un
impianto accusatorio assolutamente originale, innovativo ed efficace
rispetto alla fattispecie delittuosa: aver fatto emergere la matrice
ideativa comune ed aver individuato gli elementi fattuali costitutivi
di un’associazione finalizzata a commettere una serie elevatissima
ed indeterminata di truffe pluriaggravate in danno di anziani, con
condotta protratta nel tempo ed ancora in essere, agendo mediante
ripartizione dei compiti, con carattere di continuità e stabilità.
Tale contestazione ha permesso di aggredire in modo incisivo fenomeni
delittuosi nei cui confronti, se presi singolarmente, la normativa
vigente non offre strumenti di contrasto efficaci e adeguati.
Gli
odierni arrestati sono accusati di aver commesso almeno quattordici
truffe consumate e svariati altri tentativi a danno di persone
anziane, con un metodo che può ormai dirsi, purtroppo, consolidato e
comune a diversi gruppi criminali dediti a questa tipologia di reato,
che hanno eletto la nostra provincia a territorio di “caccia”
privilegiato in ambito nazionale.
Belle facce da galera, neppure gli avvoltoi sono così.
RispondiEliminaA chi truffa gli anziani 30 anni di lavori forzati.
Se anche gli scugnizzi riescono a prelevare le parole d’accesso ai social network e poi a ricavarne l’età dei titolari, pensate cosa possono fare i Servizi o le stesse società dei social o altre società di marketing.
RispondiElimina...poi bisogna firmare pile di moduli per la protezione dei dati personali, la Privacy, la privacy!
...poi si lamentano degli anonimi!
...poi arrivano le depenalizzazioni dei reati!
"Avvoltoi" rende bene l'idea.
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