Gli esuberi dell’impresa del Bolognese sono 58. L’incentivo scade dopo un anno, i lavoratori possono anche decidere di tenersi i soldi
Kemet di Sasso Marconi licenzia 58 dipendenti su base volontaria e paga 7.000 euro alle aziende che li assumeranno entro un anno. Sempre se i lavoratori che lasceranno l’azienda non decideranno di incassare la cifra. Lo prevede l’accordo siglato in Regione, che chiude la procedura di licenziamento aperta poco più di un mese fa a Pontecchio Marconi.
Il «buono»
Ed
è una novità, per il nostro territorio: nell’incentivo per
andarsene, i dipendenti potranno contare su 7.000 euro che andranno
alle aziende che li assumeranno. Un caso simile si era visto, negli
anni scorsi, alla Electrolux, ma qui c’è una differenza: «In
questo caso il lavoratore può decidere se utilizzare così quella
cifra o se incassarla dopo dodici mesi», spiega Stefano Zoli della
Fiom. Insomma, è una specie di «buono» che i dipendenti possono
scegliere se sfruttare. Per i sindacati dovrebbe andare a compensare
gli sgravi che c’erano prima del Jobs Act per chi assumeva i
lavoratori in mobilità, sgravi pesantemente ridimensionati
dall’istituzione della Naspi.
L’offerta ai dipendenti per andarsene
Nell’offerta
che l’azienda fa ai dipendenti per andarsene ci sono anche un
incentivo di ricollocazione da 3.000 euro che verranno versati a chi
firmerà un contratto di lavoro o aprirà un’attività entro sei
mesi (o, comunque, alla fine di questo lasso di tempo), oltre a un
assegno da 44.500 euro per i dipendenti fino a 48 anni e di 54.500
per quelli dai 49 in su, a cui vanno aggiunti 300 euro per anno di
anzianità aziendale.
La crisi
Per
Kemet si chiude un altro capitolo della travagliata storia degli
ultimi anni. L’azienda metalmeccanica è da due anni in solidarietà
e, quando scadrà (a febbraio 2018), sarà la prima big del
territorio a finire gli ammortizzatori. Nell’accordo si prevede
che, se da qui ad agosto 2020 ci saranno altre difficoltà nel
mantenere l’occupazione, «le parti si incontreranno per valutare
interventi condivisi privilegiando il ricorso agli strumenti non
traumatici». Tradotto, spiega Zoli, «c’è l’impegno a non
procedere a iniziative unilaterali». Fino a non molti anni fa il
gruppo americano contava oltre mille dipendenti: adesso, in attesa di
sapere quanti si licenzieranno (58 è il numero massimo), ne ha 442.
Lo stabilimento di Pontecchio Marconi raccoglie i lavoratori che una
volta si distribuivano tra Sasso Marconi, Vergato e Monghidoro: qui,
in particolare, dopo Kemet si stabilì Stampi, che poi è fallita
nonostante i nove mesi di presidio davanti ai cancelli dei suoi
dipendenti. «Speriamo che ci sia la luce in fondo al tunnel e che
questa sia la parola fine per quanto riguarda la riorganizzazione»,
auspica Marino Mazzini della Fim. Nell’accordo, Kemet ha promesso
ulteriori investimenti per poco più di due milioni nel biennio
2018-19.
Nessun commento:
Posta un commento