Entro il 2020,
ha spiegato l’assessore regionale Paola Gazzolo, la regione Emilia-Romagna
vuole introdurre la tariffa puntuale su tutto il territorio regionale: si
pagherà in proporzione ai rifiuti che si produrranno.
Riceviamo:
Il
cittadino pagherà una tariffa puntuale sulla base della quantità di rifiuti non
differenziati che produrrà: è questo l’ambizioso obiettivo
che la Regione Emilia-Romagna si è promessa di raggiungere entro il 2020. Non
più quindi un tributo fisso, calcolato sulla base di variabili imprecise quali
i componenti familiari o la metratura dell’appartamento, ma una tariffa che,
accanto ad una quota fissa e ad un’altra che continuerà ad essere calcolata
secondo indici e stime, avrà una quota misurata con precisione.
Lo
ha spiegato l’assessore regionale all’ambiente Paola Gazzolo nel corso
del convegno ““La tariffa e la misurazione puntuale dei rifiuti” che si
è tenuto a Marzabotto lo scorso 6 giugno. Il motivo che ha spinto la Regione a
muoversi in questa direzione, con la legge regionale 16 del 2015 e il
successivo piano del maggio 2016, è stato chiarito: occorre pensare infatti
ad una economia circolare, in cui ciò che è scarto torna ad essere materia
prima. La regione vuole arrivare al 73% di raccolta differenziata per
portare cioè il 70% dei rifiuti ad essere riciclati, con un calo di produzione
procapite che si attesti tra il -20 e il -25%. Per farlo ha previsto un fondo
incentivante che secondo il principio “paghi solo quello che butti via” premi i
comuni virtuosi (da subito messi a disposizione il primo anno 4 milioni di
euro), ha stipulato accordi con la grande distribuzione e con il mondo
sportivo. Operativamente poi chiederà ai comuni di adeguarsi alle linee guida,
o regolamenti tipo, che saranno predisposti da Atersir, l’AgenziaTerritoriale
dell'Emilia Romagna per i Servizi Idrici e Rifiuti.
Le
premesse per ora sono incoraggianti: nei comuni infatti dove la tariffa
puntuale è già partita, finora sono una cinquantina, c’è stato un aumento della
raccolta differenziata che è arrivata a raggiungere l’89% e, grazie ad una
attenta attività di controllo, si sono minimizzati i rischi connessi a questa
attività (aumento dei costi, abbandoni incontrollati, peggioramento della
qualità della raccolta differenziata).
La
strada intrapresa dalla Regione si iscrive poi in un percorso che il
legislatore aveva cominciato addirittura nel 1999, anche se si parlava più di
facoltà che di obbligo, e che è proseguito poi sia con la legge di stabilità
del 2013 che introduceva la Tares, sia nel più recente decreto sulla
misurazione dei rifiuti del 20 aprile con cui il Ministero dell'Ambiente si
rivolge ai comuni e detta loro alcuni criteri per realizzare un sistema di
misurazione della quantità dei rifiuti conferiti.
Cosea
Tariffa e Servizi, come ha spiegato il responsabile Mauro Sanzani, vuol
farsi trovare pronta sia da un punto di vista normativo e regolamentare, sia da
un punto di vista delle infrastrutture. La misurazione oggi è possibile infatti
solo con un preciso monitoraggio della filiera del rifiuto, dall’origine,
tramite bidoni per la raccolta con chip e chiave elettronica da assegnare alle
famiglie, o sacchetti prepagati con un codice a barre, fino alla fatturazione
del rifiuto misurato. Tale monitoraggio è resto possibile solo con una gestione
informatica integrata che tengo conto delle necessità di trasparenza della
filiera e dei costi, della gestione di archivi e database sempre più complessi,
accessibili e sicuri.
Nel
corso del dibattito si sono poi presi in considerazione aspetti normativi
riguardanti il ruolo dei comuni e degli ambiti territoriali, le prerogative di
un territorio non facile come quello della montagna, gli incentivi da
riconoscere agli operatori economici e non solo alle famiglie, la necessità di
ragionare sempre più su abitanti equivalenti e non su residenti, perché i primi
contemplano le utenze effettive e quindi anche i rifiuti prodotti da turisti e
fuori sede. Il tutto tenendo presente, come ha spiegato in conclusione il sindaco
di Castello d’Argile e componente del Consiglio d’Ambito Atersir Michele
Giovannini, che ci sono spazi per i comuni per adeguare e adattare questi
regolamenti con equilibrio e buon senso.
io abito nel comune di marzabotto e cammino parecchio a piedi io dello sporco con i bidoni non ne vedo assolutamente ne abbiamo uno blu' x la carta uno giallo per la plastica uno verde x barattoli e vetro uno per l'indiferreziato e uno per i rifiuti organici che possiamo portare in qualsiasi momento non mi interessa se siamo fuori dai parametri europei e dimenticavo un'altro per le potature e posso dire chè tutto in perfetto ordine dopo chi mi garantisce che avrò tutto pulito e ordinato chi non intende pagare o non può dove mette gli scarti per strada in sacchetti anonimi? io ci penserei sopra io comunque spero che il mio comune mantenga la posizione attuale se possibile e come me tanti altri la pensano uguale scusate la mia lungaggine
RispondiEliminaPeccato che al convegno erano presenti non più di 4-5 rappresentanti dei Comuni del territorio gestito da cosea ambiente che ne annovera invece oltre 20 tra versante emiliano e toscano!! I restanti 60 e oltre venivano da varie parti di Italia!! Questo la dice lunga sulle intenzioni delle ragionerie dei comuni a fronte del rischio di perdere l'incasso della tassa a vantaggio del gestore, chiunque sarà, e che incasserà il corrispettivo per servizio reso (misurabile in termini di rifiuti prodotti e non più relativo alle dimensioni o agli occupanti degli immobili domestici). Per quanto riguarda invece le utenze non domestiche, questo è un problema soprattutto di cultura e di mancanza di controlli sul corretto smaltimento dei rifiuti speciali, pericolosi e non, che vanno in grandissima parte nei cassonetti stradali o peggio direttamente nell'ambiente! C'è parecchio da lavorare, signori!
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