giovedì 20 ottobre 2016

Nidi d'infanzia, si cambia: più flessibilità nei servizi alle famiglie e vaccinazioni obbligatorie. Sarà inoltre più semplice il sistema di accreditamento delle strutture. Alla base della riforma che la Regione si appresta a varare le trasformazioni sociodemografiche degli ultimi decenni evidenziate da due ricerche presentate al convegno sui nuovi servizi per l'infanzia: meno nati, meno donne al lavoro, l'aumento della povertà infantile.

Da E-R Sociale


Nidi d'infanzia, si cambia: una maggiore flessibilità organizzativa dei servizi, un sistema di accreditamento delle strutture educative più semplice, l’introduzione della obbligatorietà delle vaccinazioni contro poliomielite, difterite, tetano ed epatite B per l’iscrizione. A determinare la necessità di mettere mano a una legge del 2000, che regola il sistema
regionale dei servizi educativi per la prima infanzia, alcune importanti trasformazioni quali la limitata crescita della natalità, l’aumento del tasso di disoccupazione femminile, la crescita dell’incidenza della popolazione straniera, l’incremento della povertà infantile.
Una riforma, quella che la Regione Emilia-Romagna si appresta a varare, che nasce dai territori, al termine del ‘Giro’, il tour attraverso le tante esperienze, spesso positive, dei nidi d’infanzia dell’Emilia-Romagna, compiuto dalla vicepresidente della Regione, Elisabetta Gualmini.
Questi, in sintesi, i temi al centro del convegno “I bambini dell'Emilia-Romagna: ne parliamo tutti insieme” che si tenuto in Regione, nel corso del quale si sono confrontati  alcuni tra i più rappresentativi soggetti pubblici e privati attivi nel campo dei servizi per la fascia di età tra 0 e 6 anni, in considerazione dei nuovi scenari demografici e sociali e dei nuovi bisogni delle famiglie.
Le ricerche che abbiamo presentato oggi hanno confermato le ipotesi e le intuizioni che avevamo avuto come amministratori a inizio mandato – ha dichiarato la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna e assessore al welfare, Elisabetta Gualmini, a margine del convegno- ci spingono ad andare avanti nella direzione già tracciata. I cambiamenti della nostra società sono stati negli ultimi anni e sono ancora radicali e il sistema dei servizi deve essere in grado di adeguarsi. Da un lato- spiega la vicepresidente- la  maternità, come ci ha illustrato il prof. Dalla Zuanna, non è più una scelta "fatale e ineludibile" e aumentano le donne che volontariamente o involontariamente non hanno figli, contribuendo al calo significativo del tasso di natalità e all'invecchiamento galoppante della popolazione, cosa che richiede un completo ripensamento del sistema dei servizi di welfare. Dall'altro- prosegue Gualmini-  chi sceglie di avere dei figli, e magari più di uno o più di due  si trova, nel caso in cui la situazione occupazionale e reddituale non sia stabile, sempre più a rischio di scivolare nella povertà. La scelta dell'asilo nido infatti, soprattutto sotto ai due anni, continua a rimanere strettamente correlata al reddito familiare, alla presenza o meno di una madre che lavora e al titolo di studio della madre. Questo significa che occorre lavorare sulle tariffe, cercando di contenerle, e su strumenti innovativi che prevengano le condizioni di esclusione  e di povertà dei minori. Ed è proprio questa- conclude- la strada che stiamo scegliendo: in primo luogo lavorare a servizi per la prima infanzia di alta qualità e quanto più possibile aperti a tutti, valorizzando quelle formule  innovative che già sono in essere e che si possono ulteriormente sperimentare per andare incontro alle esigenze di tutte le giovani famiglie, in secondo luogo introdurre alcuni strumenti nuovi per il contrasto alla povertà minorile come il sostegno all'inclusione attiva e il reddito di solidarietà con l'obiettivo specifico di dare una risposta a chi vuole uscire da condizioni di marginalità". 
Una riforma, quella proposta dalla Regione Emilia-Romagna, che riguarda un sistema educativo dai numeri importanti. Sono infatti 232 mila i bambini  emiliano-romagnoli tra zero e cinque anni di età registrati all’anagrafe al 1° gennaio 2016, il 5,20% della popolazione totale dell’Emilia-Romagna (4.448.146). Tra questi, nella fascia 0-3 anni, oltre 30 mila sono iscritti nelle 1.214 strutture educative (nidi, nidi aziendali, micro-nidi e sezioni primavera).
Parte da questi numeri l’analisi a 360° affidata a due ricerche condotte dalle Università di Padova e Modena, i cui risultati sono stati presentati al convegno, che  riguardano, rispettivamente, la  condizione socio-demografica dei bambini di età 0-5 in Italia e in Emilia-Romagna e la relazione tra domanda e offerta dei nidi per l’infanzia nella nostra regione e i fattori che influenzano la scelta dei genitori di iscrivere i propri figli ai servizi educativi. ‘Il Giro’  è anche il titolo del videoracconto sul confronto con gli amministratori locali che raccoglie alcune osservazioni risultate significative per l’elaborazione del progetto di legge.
Sono fortemente convinto, come amministratore e come medico, dell'opportunità di rendere obbligatorie le vaccinazioni contro poliomielite, difterite, tetano ed epatite B come condizione necessaria per l’iscrizione dei bambini ai nidi d'infanzia. Si tratta- ha dichiarato l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Sergio Venturi-  di una misura di tutela importantissima per i bambini che vivono in comunità, un luogo delicatissimo di incontro dei più piccoli, alcuni dei quali possono essere affetti anche da patologie croniche o immunodepressi. Sono bambini, quindi, particolarmente vulnerabili, che possono subire seri danni se dovessero venire in contatto con patologie che potrebbero essere evitate grazie ad una corretta profilassi vaccinale. In  Emilia-Romagna- precisa l’assessore- l''obbligo della vaccinazione partirà entro l'autunno, ma è ovvio che i bambini non ancora vaccinati non saranno allontanati dai nidi e dalle altre strutture educative. Le famiglie avranno tempo, tutto il prossimo anno scolastico, per adeguarsi. Con questo provvedimento- spiega Venturi-  abbiamo scelto  di responsabilizzare le famiglie nel momento in cui decidono di affidare i loro bambini alle comunità. Voglio infine sottolineare l’importanza di intervenire sulle politiche per l’infanzia senza le quali il saldo, già oggi negativo tra anziani e giovani generazioni, non farà che acuirsi ulteriormente. Una società che non investe nei giovani sarà una società priva di creatività.”

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