Sopraffatto
dall'emozione per la consegna di un attestato di ringraziamento,
Cesare Agostini ( nella foto) non ha saputo trattenere la commozione e si è
emozionato fino alle lacrime ricordando l'impresa che ha permesso a
lui e all'amico Franco Santi di riportare alla luce la 'Flaminia
Militare', la transappennica romana di cui si si erano perse le
tracce. La scoperta ha richiesto ai due trent'anni di lavoro tra
sondaggi, scavi e lo scherno di molti convinti di trovarsi di fronte
a due visionari.
Agostini ha
raccontato come il tutto prese il via quarant'anni fa, nel 1977,
dando fede alle voci dei vecchi abitanti del paese che raccontavano
dell'antica strada tra i boschi sommersa ormai nella vegetazione.
Fede rafforzata dall'occasionale ritrovamento di una moneta romana
di epoca repubblicana fatto da Santi in una cava di pietra. Proprio
questa moneta avvalorò per i due intrepidi ricercatori l'ipotesi che
in quell'epoca romana si fossero in quel luogo estratte pietre per
lastricare la via poiché non vi era memoria di antiche costruzioni
in sasso. Per dieci anni i due trascorsero tutto il tempo libero a
sondare il fondo di boschi, senza alcun esito. Poi la loro caparbietà
fu finalmente premiata e a una profondità di circa 60 centimetri
trovarono un primo tratto di selciato. Ma la loro opera non era
ancora finita: dovevano dimostrare che la strada trovata era un
tratto della transappennica quindi continuarono i sondaggi e lo scavo
fino a individuare altri 9 chilometri di tracciato, sino oltre il
passo della Futa. Ciò provò che la strada, oltre a essere romana,
attraversava l'Appennino. Questa seconda impresa richiese altri 20
anni e un grande lavoro fatto a braccia con il solo aiuto di pochi
volontari che si erano aggregati solo negli ultimi anni di attività.
Tutto il tracciato si trovava a una profondità da un minimo di 60
centimetri a un massimo di 120.
Lo
scopritore ha raccontato la sua storia dopo aver ricevuto il
riconoscimento dal sindaco Marco Mastacchi, durante la cerimonia di
inaugurazione a Monte Venere di Monzuno del pilastrino che sorgeva
prima del II conflitto mondiale accanto all'oratorio, andato perso e
riedificato nel rispetto dell'originale su iniziativa
del Lions Club Valli Savena e Idice e al sostegno delle donazioni di
molti. Alla operazione ha dato il suo apporto anche il Gruppo di
Studi Savena Setta Sambro, rappresentato nella cerimonia dal
presidente Daniele Ravaglia.
Il piccolo manufatto è stato completato da quattro formelle, una per ogni lato del cippo, di carattere religioso opere del Maestro Luigi Enzo Mattei che ha illustrato al pubblico il motivo che lega le quattro belle raffigurazioni in una lettura omogenea.
Con l'inaugurazione
del pilastrino si completa il recupero delle strutture religiose di
Monte Venere: nel 2013 è stata restaurata la grande croce edificata
da don Dario Zanini nel 1956, e nel 2015 l'oratorio del 1904.
Il sindaco Mastacchi
ha anche consegnato un attestato di riconoscenza a Gino Santoli ( nella foto) per
la sua grande disponibilità a sostegno delle iniziative di carattere
collettivo.
La Banda di Monzuno ha accompagnato la funzione religiosa |
Premi meritati e opere da tempo attese.
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