Dalla
CIA Bologna
La
situazione dei prezzi del grano pagati agli agricoltori è molto
critica. Le quotazioni della borsa di Bologna il 30 giugno u.s. hanno
segnato € 15,8 – 16,2 al quintale per il grano tenero e €
19,8 – 20,3 per il grano duro.
Così
non si sostengono neppure i costi di produzione, per la CIA bisogna
intervenire subito, anche in assenza di un Piano nazionale di
settore.
La
cerealicoltura è in ginocchio i prezzi sono dimezzati negli anni,
parlare di crisi è un eufemismo, solo per pagare i contributi INPS
che scadono il 16 luglio prossimo ci vorrebbero 40 ettari di
coltivazione a grano con una media di 100 euro ad ettaro di guadagno,
oggi impossibile. La situazione è diventata paradossale, non solo
perché i grani nazionali sono di qualità sempre più eccellente, ma
perché al porto di Bari ogni giorno si scarica grano proveniente
dall’estero, negli ultimi giorni è arrivato persino grano
australiano. “Altro che difesa del Made in Italy” , osserva
Pietro Sabbioni della direzione provinciale Confederazione Italiana
Agricoltori (CIA) di Bologna, siamo di fronte all’ennesimo e
gravissimo attacco ad un prodotto simbolo. La pasta italiana, vanto
della nostra tradizione, tra qualche anno sarà solo un bel ricordo
se i pastifici continueranno a lavorare grano estero” .
Da
qualche anno cresce la tendenza degli Imprenditori agricoli a non
seminare: una scelta che dipende da quotazioni basse del grano e dal
fattore costi, soprattutto visto che i prezzi di mercato, non
riescono a compensare gli oneri da fronteggiare. I costi produttivi
in costante aumento (+6,4% solo del carburante), hanno portato gli
agricoltori del settore ad un netto rialzo dei terreni lasciati a
riposo più 19%. Tanto più nell’ambito dei cereali, dove il prezzo
del grano tenero e duro pagato ai produttori italiani resta tra i più
bassi del mondo. Per la CIA il settore necessita di una diversa
organizzazione di filiera, attraverso il sostegno della qualità,
della ricerca applicata al settore agroalimentare, tutti elementi che
possono aumentare il potere contrattuale della produzione rispetto
alle industrie di trasformazione. Senza provvedimenti, per rientrare
almeno dei costi di produzione, gli agricoltori investiranno sempre
meno a discapito della qualità. “ Se non si cambia rotta a
perderne sarà tutto il sistema agricolo italiano basato sulla
qualità, salubrità e genuinità”, conclude Sabbioni con evidente
preoccupazione .
Così vuole l'europa, anzi l'eurafrica, piantatela di piagnucolare.
RispondiEliminaL'unica misura d'emergenza è l'Italexit.
Una situazione assurda!
RispondiEliminaCi vogliono fatti e basta parole parole!,
RispondiEliminaCosì vuole il consumatore, che non è minimamente interessato né alla qualità, né alla provenienza della materia prima degli alimenti che compra.
RispondiEliminaBasta che costino poco, ma se consumare cibo costa poco non si può pensare che chi lo produce ci campi dignitosamente.
Anonimo del 5.7., in parte sono d'accordo con lei ma il prezzo lo fanno anche i costi e le spese del produttore e su questo un governo nazionale e anche locale puo' intervenire eccome per esempio con la tassazione per non parlare di altre misure. Certo e' piu' semplice lasciare gli agricoltori in balia di un mercato impoverito. Ma vogliamo parlare degli stipendi e delle tasse nazionali e locali che potrebbero lasciare al consumatore piu' soldi disponibili per scegliere?
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