Ma
i giovani vogliono ancora vivere in Italia? La domanda è legittima,
spiega Cinzia Conti, la ricercatrice Istat che ha coordinato
l’indagine sull’Integrazione scolastica e sociale delle
seconde generazioni cofinanziata da Unione europea e ministero
dell’Interno. La ricerca, pubblicata il mese scorso, ha coinvolto
le scuole secondarie di primo e secondo grado con almeno cinque
alunni di cittadinanza straniera.
I
risultati sono interessanti. E allarmanti. Dall’indagine emerge
che, una volta adulti, il 42,6% dei ragazzi italiani e il 46,5% di
quelli stranieri vogliono andarsene a vivere all’estero. Per gli
stranieri «si potrebbe pensare che si tratti di nostalgia di “casa”,
ma non è così - spiega Conti su Neodemos.info - . In realtà solo
il 22% dei giovani stranieri vuole tornare nel Paese in cui è nato o
in quello dei genitori, molti di più vogliono andare in altri
Stati». Con alcune nazionalità che alzano la media: sono oltre il
60% i ragazzi indiani che desiderano andarsene dall’Italia, seguiti
dai marocchini (51,6%), dai filippini (51,4%) e dagli albanesi
(45,8%).
Ma
il bello è che, appunto, anche il 42,6% dei teenager italiani
dichiara di voler scappare oltreconfine. Dove, in particolare? I
giovani italiani puntano con grande decisione sugli Stati Uniti
(31,9% di quanti vorrebbero emigrare dalla Penisola), seguiti da Gran
Bretagna (11,5%), Australia (8,2%), Spagna (7,4%), e più a distanza
da Germania (6,6%) e Francia (5,2%). Assai più distaccati sono
Canada (3,2%), Giappone (2,3%), Svizzera (2,1%) e Brasile (2%). E gli
stranieri? La loro top ten è simile a quella degli italiani, con gli
Stati Uniti che dominano e - solo per gli stranieri nati all’estero
- un appeal leggermente maggiore della Germania rispetto alla Gran
Bretagna.
«Certo
si tratta dei desideri, dei sogni, di ragazzi adolescenti -
spiega ancora Cinzia Conti - ma forse, considerati insieme agli
indicatori demografici diffusi di recente, ci dicono che il problema
odierno e futuro del nostro Paese non è tanto l'“invasione”
degli stranieri, quanto il fatto che l’Italia rischia di
trasformarsi di nuovo in Paese di emigrazione». In cui ad andarsene
- continua la ricercatrice - non sono più solo i “cervelli”,
persone cioè altamente qualificate in cerca di lavori più
stimolanti, ma in generale giovani in cerca di un’occupazione
qualsiasi. E con l’aggravante che, a differenza, degli anni
Cinquanta e Sessanta, a sostenere questa migrazione non ci sarebbe
nemmeno un alto tasso di natalità.
Il
quadro, insomma, è preoccupante. Nel
2015, per la prima volta dal 1917, il nostro Paese ha registrato una
rilevante
inversione di tendenza: la popolazione anziché aumentare è
diminuita di 139mila unità rispetto all’anno precedente, per
effetto dell’aumento della mortalità, dell’emigrazione, del calo
dell’immigrazione e della raffica di record negativi sui tassi di
natalità. Il brutto, sottolinea Cinzia Conti, è che «anche gli
stranieri sembrano ormai pensare meno all’Italia come alla “terra
promessa”. Non solo, infatti, nel 2015 si è registrato un
contenuto aumento della popolazione straniera residente (circa 39mila
unità), ma sono diminuite le nascite da madre straniera di circa
5mila unità rispetto all’anno precedente, anno in cui già si era
registrata una diminuzione». Segnali - conclude la ricercatrice -
che raccontano quanto il nostro Paese abbia perso appeal come posto
dove vivere e far vivere i propri figli.
i giovani figli di politici o poltronati si
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