mercoledì 20 aprile 2016

Ma i giovani vogliono ancora vivere in Italia? Senza di loro un Paese nei guai

Un lettore ha inviato questo di Enrico Marro pubblicato dal Sole 24 Ore:
 
Ma i giovani vogliono ancora vivere in Italia? La domanda è legittima, spiega Cinzia Conti, la ricercatrice Istat che ha coordinato l’indagine sull’Integrazione scolastica e sociale delle seconde generazioni cofinanziata da Unione europea e ministero dell’Interno. La ricerca, pubblicata il mese scorso, ha coinvolto le scuole secondarie di primo e secondo grado con almeno cinque alunni di cittadinanza straniera.
I risultati sono interessanti. E allarmanti. Dall’indagine emerge che, una volta adulti, il 42,6% dei ragazzi italiani e il 46,5% di quelli stranieri vogliono andarsene a vivere all’estero. Per gli stranieri «si potrebbe pensare che si tratti di nostalgia di “casa”, ma non è così - spiega Conti su Neodemos.info - . In realtà solo il 22% dei giovani stranieri vuole tornare nel Paese in cui è nato o in quello dei genitori, molti di più vogliono andare in altri Stati». Con alcune nazionalità che alzano la media: sono oltre il 60% i ragazzi indiani che desiderano andarsene dall’Italia, seguiti dai marocchini (51,6%), dai filippini (51,4%) e dagli albanesi (45,8%).
Ma il bello è che, appunto, anche il 42,6% dei teenager italiani dichiara di voler scappare oltreconfine. Dove, in particolare? I giovani italiani puntano con grande decisione sugli Stati Uniti (31,9% di quanti vorrebbero emigrare dalla Penisola), seguiti da Gran Bretagna (11,5%), Australia (8,2%), Spagna (7,4%), e più a distanza da Germania (6,6%) e Francia (5,2%). Assai più distaccati sono Canada (3,2%), Giappone (2,3%), Svizzera (2,1%) e Brasile (2%). E gli stranieri? La loro top ten è simile a quella degli italiani, con gli Stati Uniti che dominano e - solo per gli stranieri nati all’estero - un appeal leggermente maggiore della Germania rispetto alla Gran Bretagna.
«Certo si tratta dei desideri, dei sogni, di ragazzi adolescenti - spiega ancora Cinzia Conti - ma forse, considerati insieme agli indicatori demografici diffusi di recente, ci dicono che il problema odierno e futuro del nostro Paese non è tanto l'“invasione” degli stranieri, quanto il fatto che l’Italia rischia di trasformarsi di nuovo in Paese di emigrazione». In cui ad andarsene - continua la ricercatrice - non sono più solo i “cervelli”, persone cioè altamente qualificate in cerca di lavori più stimolanti, ma in generale giovani in cerca di un’occupazione qualsiasi. E con l’aggravante che, a differenza, degli anni Cinquanta e Sessanta, a sostenere questa migrazione non ci sarebbe nemmeno un alto tasso di natalità.
Il quadro, insomma, è preoccupante. Nel 2015, per la prima volta dal 1917, il nostro Paese ha registrato una rilevante inversione di tendenza: la popolazione anziché aumentare è diminuita di 139mila unità rispetto all’anno precedente, per effetto dell’aumento della mortalità, dell’emigrazione, del calo dell’immigrazione e della raffica di record negativi sui tassi di natalità. Il brutto, sottolinea Cinzia Conti, è che «anche gli stranieri sembrano ormai pensare meno all’Italia come alla “terra promessa”. Non solo, infatti, nel 2015 si è registrato un contenuto aumento della popolazione straniera residente (circa 39mila unità), ma sono diminuite le nascite da madre straniera di circa 5mila unità rispetto all’anno precedente, anno in cui già si era registrata una diminuzione». Segnali - conclude la ricercatrice - che raccontano quanto il nostro Paese abbia perso appeal come posto dove vivere e far vivere i propri figli.

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