martedì 8 marzo 2016

Il Cai invita a passeggiata tra fossili e arenaria, sulle spiagge dell'antico mare Pliocenico, lungo il percorso della 'Traversata delle Cinque Valli'.


Di Alessandro Ori

Domenica prossima, 13 marzo, il Club Alpino Italiano di Bologna (C.A.I.) accompagnerà gli amanti del vivere la collina bolognese a visitare il Contrafforte Pliocenico. La passeggiata fa parte del programma escursionistico 'Trekking col Treno'.

Mezzo di trasporto / Transport Treno / TrainRitrovo / Meeting place Bologna Stazione Centrale (piazzale ovest) h 8,45Partenza a piedi / Hike start time Sasso Marconi Stazione h 9,30Arrivo previsto / Expected end time Bologna Stazione Centrale h 17,49
Itinerario / Itinerary Sasso Marconi – Prati di Mugnano – Poggio Dell’Oca – Mulino Nuovo – Case Benni – Colombara – Villaggio Baldisserra – Pianoro



  • Durata / Duration: 7 h
  • KM / kms: 19
  • Difficoltà / Level: Media / Moderate
  • Dislivello / Elevation gain: + 800 - 750 mt

TITOLI DI VIAGGIO:

Biglietto FS andata da Bologna a Sasso Marconi € 2,15
Biglietto FS riorno da Pianoro a Bologna € 2,15

Info cell. : a partire da 3 giorni prima dell' escursione  331 918 4640


IL CONTRAFFORTE PLIOCENICO


Allineamento di pareti rocciose che si elevano trasversalmente alle valli dei torrenti Reno, Setta, Savena, Zena e Idice, formato da arenarie del Pliocene medio-superiore depositatesi in ambienti di spiaggia. Peculiari le strutture sedimentarie le morfologie. Il termine contrafforte si riferisce alla peculiare sequenza di pareti rocciose, mentre quello di pliocenico sta a indicare l'età geologica delle arenarie che formano questi rilievi. L'articolazione del contrafforte in rilievi separati da valli e vallecole consente l?individuazione di diversi settori di interesse.
Tra il fondovalle Reno e il fosso Raibano, si identifica il rilievo di Monte Mario, che rappresenta l'estremità nord occidentale del Contrafforte pliocenico, il cui fianco nord-occidentale presenta una alta parete verticale che si erge al di sopra di terreni argillosi a più debole acclività. Lungo la spettacolare parete è ben visibile la stratificazione suborizzontale, delle arenarie ed è possibile una loro ripartizione in tre complessi tabulari, la cui separazione è marcata da allineamenti continui della vegetazione. La stratificazione assume, verso nord, una giacitura diversa, che porta gli strati ad immergersi in direzione del fondovalle Reno con forti inclinazioni. Le rocce affioranti sono arenarie formatesi in ambienti di mare poco profondo, nei pressi della linea di costa, probabilmente a cavallo fra un ambiente di piana deltizia ed uno di fronte deltizia, come dimostra il ritrovamento di depositi canalizzati e di strutture legate all'azione del moto ondoso.
La valle del Fosso Raibano separa i rilievi di Monte Mario e Badolo, solcando profondamente le rocce plioceniche, la valle è stretta e profonda, chiusa tra due versanti piuttosto ripidi che mettono a nudo le arenarie interpretate come il riempimento della paleovalle del Setta. Le arenarie si presentano discretamente cementate, e questa loro qualità ha permesso il mantenimento delle forme scolpite dalle acque, come piccole gole, sezione dell'alveo simili a marmitte dei giganti, anse dovute al locale andamento meandrizzante del corso d'acqua. Queste ultime si riconoscono anche ad una certa altezza sulle pareti della vallecola e rappresentano paleoanse che indicano il precedente livello di scorrimento delle acque. Dove sono presenti salti d'acqua, cascatelle di dimensioni variabili (dal metro ai 7-8 metri di altezza), si assiste alla formazione di colate travertinose.
Lungo la parete della Rocca di Badolo sono presenti tre banconi di arenaria di forma tabulare, che possono essere visivamente ricollegai a quelli visibili a Monte Mario, a Monte dei Frati e a Monte Adone. Le arenarie che vi affiorano testimoniano l'innalzamento del livello marino, avvenuto verso la fine del Pliocene. Questo è documentabile grazie alla approfondita analisi delle strutture sedimentarie: negli strati più bassi, infatti, sono prevalenti strutture originate dall'azione di correnti fluviali: queste, passando agli strati superiori, tendono a scomparire lasciando il posto alle tipiche strutture legate al moto ondoso, a testimonianza di un graduale approfondimento del fondo del bacino con conseguente attenuazione e successiva scomparsa dell'influenza fluviale. La cengia che si osserva lungo la parete, corrisponde a un livello di materiale più fine nel quale sono assenti strutture sedimentarie poiché è avvenuta una intensa rielaborazione da parte di organismi che attraversavano il sedimento (bioturbazione). Le sottili linee arrossate che segnano questa cengia corrispondono a livelli di argilla in corrispondenza dei quali si è verificato un arricchimento in ossidi di ferro. Tra la cengia e la sommità della Rocca si ritrovano livelli lenticolari con "clay chips".
Tra Badolo e il fosso degli Aldani si snoda la lunga parete arenacea del Monte del Frate, nella quale è possibile identificare i tre spessi banconi di arenaria di forma tabulare, che possono essere visivamente ricollegai a quelli visibili a Monte Mario, alla Rocca di Badolo e a Monte Adone, al cui interno è presente una fitta trama di strutture sedimentarie. Tra l'arenaria sono presenti livelli di piccoli ciottoli formati da rocce di natura diversa (calcari, arenarie e anche diaspri), che testimoniano la vicinanza di queste aree alle foci fluviali plioceniche, presso le quali si depositava il detrito più grossolano. Gli agenti atmosferici hanno cesellato nella parete numerose morfosculture, rimarcando le linee a differente cementazione, cosicché la superficie degli affioramenti risulta disegnata con una sorta di bassorilievo che mette in risalto le strutture sedimentarie presenti. In corrispondenza delle zone a minore cementazione si sono create piccole cavità e sottili cenge, che hanno permesso la colonizzazione da parte di piante rupicole. L'area ospita una estesa stazione di "Stipa pennata", volgarmente detta lino delle fate, una bellissima graminacea che trova nelle pareti del contrafforte le uniche stazioni regionali. Una estesa macchia di bosco, formata da roverelle, lecci e ornielli, occupa una fascia a minore acclività posta al centro della parete, mentre le scure chiome dei lecci e le spighe argentee della stipa, accompagnati da ginepri, ginestre, elicrisio, eliantemo, geranio e lino, ne coronano il ciglio formando una associazione legata a questi assolati affioramenti arenacei.
Il Monte Adone è la massima elevazione del Contrafforte Pliocenico. Presso la cima si osservano due alti torrioni, numerosi affioramenti di interesse sedimentologico e alcune profonde fenditure di origine gravitativa che originano camini e grotte. Lungo l'imponente parete di Monte Adone si osserva una fitta trama di strutture sedimentarie, che comprende lamine piano parallele e cuneiformi (queste ultime tipiche strutture da battigia). Presso la cima di M. Adone una profonda e stretta vallecola (una sorta di piccolo canyon) interrompe la continuità della parete arenacea e al suo interno si alzano da due maestose torri arenacee che con una altezza di oltre 15 m, sono un esempio di selezione erosiva: acqua e vento hanno avuto una azione meno incisiva nelle zone dove sono presenti strati più duri (che si individuano bene sia sommità delle torri che lungo i fianchi), che hanno funzionato come un robusto cappello protettivo per la colonna di roccia sottostante. Ai piedi della parete rocciosa di Monte Adone si aprono due profonde fenditure verticali, in corrispondenza delle quali si è creata la Grotta (o Tana) delle Fate di Monte Adone. La grotta, al cui interno si avverte una forte corrente d'aria, è accessibile per un tratto di quasi 50 m, oltre il quale massi e detriti crollati dall'alto interrompono il passaggio. Si tratta infatti di una tipica "grotta tettonica", cioè una cavità che si è aperta per la presenza nella roccia di fratture e faglie, allargatesi poi sotto l'influenza della forza di gravità. Le faglie lungo cui si è formata la grotta delle Fate e il camino adiacente, sono le stesse che hanno originato la gola e i torrioni presso la cima del monte. La presenza di concrezioni alabastrine lungo le pareti testimonia la circolazione di acqua concrezionante. Le firme presenti nelle parti più interne della grotta attestano la sua frequentazione sin dal medioevo, un periodo durante il quale si alimentarono le leggende sulla cavità: favolosi tesori o apparizioni di dame eteree (in passato era nota anche come Grotta di Monte Donnico). La cavità venne verosimilmente già utilizzata in tempi preistorici come ricovero o abitazione; il rinvenimento nel 1900 sulla cima di M. Adone di molti frammenti di vasi di terracotta, di fattura grossolana e simili a quelli ritrovati presso la grotta del Farneto e a Castel de' Britti, testimoniano la frequentazione del contrafforte e la presenza di una via di transito durante L'?età del Bronzo. La grotta da' rifugio a una fauna molto ricca con coleotteri, ortotteri, crostacei e isopodi tra cui il raro Coleva cisteloides, assieme a numerosi pipistrelli. Il crinale di Monte Adone è un esemplare spartiacque tra due versanti caratterizzati da morfologie e microclimi contrastanti. Quello esposto a sud-ovest, che è parte del "contrafforte", si presenta molto ripido, a tratti roccioso, poiché è modellato lungo strati disposti a "reggipoggio", cioè con giacitura opposta a quella del pendio, assetto che, come dice il termine, è garanzia di una maggiore stabilità. La vegetazione che riveste le parti meno acclivi è legata alle condizioni calde e secche derivate dall'esposizione, con la presenza dominante di roverella a cui si accompagna il leccio. Il versante esposto a nord-est è invece a "franapoggio", cioè la sua inclinazione è conforme a quella degli strati, che possono funzionare anche come piani di scivolamento per movimenti franosi. In questo fianco è favorita la presenza di un bosco "mesofilo"", tipico dei versanti umidi e freschi. Lungo il sentiero, tra la primavera e l'inizio dell'estate si possono incontrare alcune rarità botaniche tra cui spiccano le belle fioriture della rara erba limonia o frassinella (Dictamnus album) e lunghe spighe a pochi fiori dell'orchidea Limodorum abortivum. La sottostante valle del rio Carbonaro solca le argille e i conglomerati del Pliocene inferiore, derivando il nome degli abbondanti resti di legno fossile carbonificato contenuti all'interno delle argille, che si rinvengono con facilità risalendo il greto.
Il Monte Castellazzo è il tratto di Contrafforte Pliocenico posto tra Monte Adone e la Valle del Savena, dove sarebbe esposta la sezione del fianco sinistro della paleovalle del Savena. Questa struttura è visibile nella successione di strati areancei delle pareti del Monte Castellazzo, dove è possibile seguire con lo sguardo l'andamento della stratificazione e, contemporaneamente, la linea che segna il passaggio tra le arenarie e le sottostanti argille plioceniche. Questa linea, che è maggiormente inclinata rispetto agli strati sovrastanti, rappresenterebbe la fossilizzazione del versante sinistro di una paleovalle fluviale che durante il Pliocene venne scavata nelle argille, in un periodo nel quale il livello marino si abbassò in misura rilevante (regressione). In seguito, quando il livello del mare si innalzò di nuovo e le acque annegarono rapidamente le terre che in precedenza erano emerse (trasgressione), la valle venne colmata da nuovi sedimenti marini i cui strati si appoggiarono con giaciture orizzontali sul versante della valle. La stessa geometria si può leggere lungo il versante destro della valle, negli affioramenti arenacei che risalgono verso Livergnano.
Dal greto del Savena il Contrafforte Pliocenico risale sino a Livergnano culminando nel Monte Lolla, con una parete rocciosa lineare nella quale si evidenziano i lineamenti della paleo valle del Savena. Lungo il crinale è presente una peculiare forma a muraglione e la roccia è scolpita da da una serie di forme erosive modellate dal vento, simili a funghi rocciosi.
Lungo la statale delle Futa, presso il paese di Livergnano, si osserva una parete rocciosa nella quale affiorano le arenarie del contrafforte pliocenico (Formazione di Monte Adone, membro di Monte Mario e Formazione di Monte Rumici Membro di Cà Mazza), dove si osservano interessantissime strutture sedimentarie tra cui una evidente clinostratificazione rimarcata da livelletti ciottolosi.
Il tratto del contrafforte pliocenico che da Livergnano scende al fondovalle Zena culmina del Monte Rosso, dove gli affioramenti espongono arenarie nelle quali si trovano intercalati interessanti livelli di conglomerati. Tra questi è possibile focalizzare, nella parte centrale della parete, un esempio molto chiaro di strato a epsilon, nel quale i conglomerati, a cui si alternano sottili livelli di arenaria, sono organizzati secondo linee inclinate. Questa particolare geometria indica la crescita laterale di un corpo ciottoloso avvenuto lungo la sponda concava di un meandro fluviale, nel quale ogni piena poteva determinare la crescita di una fetta di sedimento: in questo modo la sponda cresceva lateralmente formando la cosiddetta "barra di meandro". Gli strati conglomeratici che si osservano verso il ciglio della parte invece sono di aspetto massivo, cioè privi di strutture, e sono caratterizzati dalla presenza di irregolari intercalazioni di arenaria, con un assetto che cambia molto su diversi transetti verticali. Questi caratteri indicano che la sedimentazione di questi materiali è avvenuta a seguito di un trasporto in massa che ha riversato rapidamente una gran quantità di ciottoli e sabbie: questo tipo di accumulo rappresenta pertanto una piena fluviale fossile.
Tra la valle dello Zena e quella dell'Idice si eleva il Monte delle Formiche. Tra le arenarie che vi affiorano sono presenti potenti livelli conglomeratici (Cà del Monte) e strutture sedimentarie di grande interesse paleogeografico. Una frana di crollo avvenuta nel 2003 ha interessato le pendici meridionali, distruggendo la grotta dell'eremita.
Il Monte delle Formiche rappresenta il rilievo più orientale del contrafforte pliocenico e la sua forma pronunciata, su cui spicca la sagoma del santuario, segna il crinale tra l'Idice e lo Zena lungo cui corre una sterrata molto panoramica sulle due vallate e sul contrafforte tra Livergnano e Sadurano. Lungo la parete del monte sono particolarmente evidenti tre banconi separati da sottili fasce di vegetazione, che rappresentano corpi di forma tabulare formati da arenarie e conglomerati. Alla base della parete, presso la località Cà del Monte, è possibile sostare per osservare da vicino un interessante banco di conglomerati dove sono presenti tracce di rielaborazione da parte del moto ondoso; una testimonianza di come durante il Pliocene questa zona fosse vicina a foci fluviali. I ciottoli che si osservano in questo affioramento sono assai simili nella composizione a quelli che formano oggi i greti dell'Idice e dello Zena, testimoniando che le valli dei fiumi pliocenici erano incise nelle stesse formazioni geologiche che si osservano lungo le valli attuali.



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