Il Lavoro quotidiano in
un’agenzia di call center
Stop
alle telefonate «mute» provenienti da piattaforme automatiche dei
call center delle aziende, e stop in ogni caso al telemarketing sui
cellulari dei consumatori: sono i due principi di diritto —
destinati a innovare profondamente il mercato della vendita di
prodotti o contratti o abbonamenti tramite telefonate — che la I
sezione civile della Cassazione mette a fuoco nella sentenza con la
quale non si limita a respingere il ricorso di Enel Energia spa e
Reitek spa contro un provvedimento del Garante della Privacy del
2013, ma va appunto oltre e amplia la franchigia di privacy
telefonica riconosciuta agli utenti.
Il meccanismo
A
tutti, infatti, capita spesso di ricevere a casa telefonate mute, che
perciò mettono spesso in allarme. In realtà, in molti casi, non
sono malintenzionati che tastano le presenze domestiche, ma è il
trucco tecnologico con il quale le aziende ottimizzano il
tempo-lavoro degli operatori dei propri call center. Per cercare di
eliminare le chiamate non produttive (padrone di casa assente o già
occupato alla cornetta), le aziende sfruttano piattaforme automatiche
che effettuano un numero di telefonate superiore al numero degli
operatori nei call center, in modo che essi trovino da lavorare in
continuazione: la controindicazione è però che si crea
statisticamente una quota di telefonate che raggiungono i consumatori
in un momento nel quale non ci sono operatori liberi nei call center
(telefonata muta). Le norme lo consentono, a condizione però —
stabilì il Garante della privacy — che una persona raggiunta da
una telefonata muta non ne ricevesse altre prima di 30 giorni.
La direttiva Ue
È
uno di questi casi — tra Enel Energia, Reitek (fornitore del
software) e Garante — che arriva al vaglio dei giudici di
Cassazione (presidente Aniello Nappi, estensore della sentenza
Francesco Terrusi). I quali indicano che il trattamento dei dati
personali, ovvero nome e numero, con sistemi automatici di chiamata è
consentito da due articoli del Codice della privacy ma solo con il
consenso dell’interessato. È vero, come obietta Enel, che esiste
la deroga dell’«opt-0ut», cioè il consenso non è richiesto in
chi, iscritto negli elenchi telefonici degli abbonati, non abbia
esercitato il diritto di opposizione iscrivendo il proprio numero
nell’apposito registro pubblico. Ma questa deroga, argomenta la
Cassazione alla luce della direttiva comunitaria 2002/58, vale per le
chiamate fatte dagli operatori, non per le chiamate automatizzate
inviate da un software. «Anzi, a scopo di definitiva
chiarificazione» — è l’altro punto cruciale della sentenza —
anche nel marketing diretto, fatto da operatori fisici, «il
trattamento del dato personale tratto da elenchi» telefonici «resta
legittimo solo in quanto» questi elenchi (cartacei o elettronici)
«siano pubblici, come non è invece per il caso della telefonia
mobile»: il che significa che i call center non possono fare
telemarketing sui cellulari.
Esiste anche questa petizione contro le chiamate non desiderate, ma non decolla. https://www.change.org/p/garante-delle-comunicazioni-basta-chiamate-dai-call-center-a-chi-%C3%A8-iscritto-al-registro-delle-opposizioni?recruiter=40804277&utm_source=share_petition&utm_medium=copylink
RispondiEliminaIo ho risolto installando la app Call Blacklist sullo smartphone,sia quella che altre app hanno la possibilità di bloccare numeri indesiderati o "invisibili" e addirittura avere le liste bianche per autorizzare solo i numeri della rubrica o alcuni di essi a contattarci....è l'unica difesa che abbiamo finchè non faranno una legge al riguardo.
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