domenica 29 marzo 2015

A Sasso Marconi, il 'sempre campione' Nino Benvenuti.



‘Vorrei essere albero per morire dove sono nato ’. Questo in sintesi il desiderio messaggio di Nino Benvenuti a Sasso Marconi  per la presentazione del suo libro ‘L’isola che non c’è. Il mio esodo dall’Istria’.

Il campione  con una agile corsa è salito sul palco del teatro di Sasso Marconi come avesse dovuto raggiungere il ring sfoggiando una agilità sorprendente e certamente invidiabile per un  77enne. Benvenuti è infatti nato nel 1938 a Isola di Istria che ha dovuto abbandonare poiché la sua casa fu requisita per dare dimora a un comandante della milizia titina.

Ad attenderlo per la chiacchierata di presentazione Valerio Bignami, presidente del Comitato Soci Emil Banca organizzatore dell’incontro, e il sindaco di Sasso Marconi Stefano Mazzetti che ha portato il saluto della comunità sassese. Il dialogo ha messo in luce l’umanità del campione e una velata, ma profonda  tristezza priva di odio,  per lo ‘strappo’ subito per aver dovuto abbandonare la propria terra d’origine.
“Isola d’Istria è la terra più ricca del mondo. Ha tutto: un mare bello e pescosissimo, una cintura collinare ricca e generosa di frutti  con alla base pianure fertilissime. Il ‘Re Fosco’ che là si produce  è il migliore del mondo,”  ha detto il campione dando corpo al suo grande affetto per l’Istria.

Non è mancato il racconto del triste mattino in cui la sua abitazione di Isola  fu raggiunta dai miliziani di Tito con l’ordine di sgombero in giornata poiché la casa era stata destinata a un ufficiale. “Noi potemmo raggiungere la nostra casa di Trieste” ha raccontato il campione. “ E la famiglia, anche se in ristrettezze, potè rimanere unita con grande beneficio di tutti i componenti. Per gli altri miei amici compagni di sventura, il ricovero fu una baracca in un campo profughi”.  Ha ricordato il comando della madre di ‘stare zitto’ quando un militare inspiegabilmente e con incredibile leggerezza sparò alla sua cagnetta Bianca uccidendola. E lo stesso comando quando voleva gridare la sua italianità. Amore che sfogò quando, divenuto campione mondiale dei ‘medi’ si cinse addosso il tricolore e con tutta la sua voce si abbandonò a al grido liberatorio  ‘Viva l’Italia’.

Il campione ha poi dato la misura della sportività del ring raccontando che al suo primo incontro con Griffith gli appoggiò confidenzialmente la mano sulla spalla  e fu da lui subito rimproverato per il gesto azzardato con l’ammonimento ‘sono il campione’ . Dopo che  Benvenuti lo sconfisse strappandogli il titolo  fu lo stesso pugile battuto a dirgli: “ Ora puoi mettermi la mano sulla spalla, sei tu il campione”.  

Ha raccontato del lungo e fraterno rapporto con Griffith cui affidò l’incarico di padrino per la cresima della figlia e che aiutò concretamente e con un mensile quando, colpito dal morbo di parkinson, viveva con un sussidio di soli 500 dollari al mese. Non ha evitato neppure le domande su Monzon che gli succedette come campione dei medi. “ Sono tutti morti”, ha commentato tristemente quasi gli mancassero moltissimo non solo le loro presenze, ma anche i loro pugni.

La presentazione è stata preceduta da un bellissimo e apprezzatissimo ‘racconto musicale’ dei Delirici sulla vita di un altro pugile  Robin Carter,  ingiustamente accusato di triplice omicidio, condannato e incarcerato per oltre vent’anni. La sua vera colpa era quella di essere di colore. Per lui si mobilitò l’intera comunità dei ‘figli dei fiori’ e fra i suoi sostenitori lo stesso Cassius Clay. Bob Dylan dedicò a lui una canzone ‘Hurricane’ attorno alla quale si formò il movimento a sostegno del pugile vittima del razzismo statunitense.  



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