La Soprintendenza
per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna e il Comune di Sant'Agata Bolognese
presentano, domenica prossima 6 aprile, alle 16, nella Sala del Consiglio Comunale di Porta
Otesia a Sant'Agata
Bolognese, il volume della collana
Quaderni di Archeologia ‘Un villaggio nella
pianura. Ricerche archeologiche in un
insediamento medievale del territorio di Sant'Agata Bolognese.
Saranno presenti Daniela
Occhiali, sindaco di Sant'Agata Bolognese Claudio Broglia, senatore
della Repubblica, Paola Marani, consigliera regionale
dell'Emilia-Romagna
Marco Edoardo Minoja, Soprintendente per i beni archeologici dell'Emilia-Romagna, Filippo Brandolini, Presidente Herambiente S.p.A., Silvia Marvelli, Direttore del Museo Archeologico Ambientale
Marco Edoardo Minoja, Soprintendente per i beni archeologici dell'Emilia-Romagna, Filippo Brandolini, Presidente Herambiente S.p.A., Silvia Marvelli, Direttore del Museo Archeologico Ambientale
Interverranno
i curatori del volume, Sauro Gelichi e Mauro Librenti, dell’Università
Ca' Foscari di Venezia e Marco Marchesini, Soprintendenza per i beni
archeologici dell'Emilia-Romagna.
È il sito
altomedievale più vasto e meglio indagato dell'Italia settentrionale, un unicum,
per dirla con gli archeologi, tanto più eccezionale quanto più completa e
abbondante è la qualità, quantità e stato di conservazione dei materiali
archeologici, archeobotanici e archeofaunistici rinvenuti.
Scoperto nel 1994 nel territorio di Sant'Agata Bolognese e attentamente
studiato da un pool di esperti di varie discipline, svela oggi i suoi segreti
(a cominciare dal nome, indicato non senza suspance nelle ultime pagine) del volume.
Il volume illustra il villaggio altomedievale scoperto nel 1994 a Sant’Agata Bolognese, a tutt'oggi uno dei più importanti siti del Nord Italia. Delle campagne, dell'organizzazione del loro habitat, dello sfruttamento delle loro risorse tra X e XI secolo sappiamo ancora poco, certo molto meno di dire altre regioni d'Europa dove l'archeologia rurale ricopre da anni ben altro ruolo.
Quello di
Sant'Agata Bolognese è l'unico scavo che abbia indagato, forse in modo non esaustivo
ma certo esteso, un villaggio dei secoli centrali del Medioevo nella pianura
padana.
Il volume tocca molti temi, dall'edilizia abitativa alla struttura dell'insediamento, dall'economia ai caratteri della vita quotidiana, e di fatto fornisce lo spaccato di una comunità e (indirettamente) dei suoi signori, delle loro strategie e dei loro modi di rapportarsi con le risorse, in quei secoli centrali del Medioevo (X-XI secolo) che furono davvero centrali per le società dell'Occidente Europeo.
Le innovative metodologie di scavo applicate hanno permesso di capire l’importanza e la complessità cronologica dell’insediamento, mettendo in luce i suoi forti legami con il territorio circostante, come confermano le fonti scritte in cui si evidenziano gli assetti insediativi, politici, patrimoniali e sociali dell’area dove il villaggio era ubicato.
Gli studi condotti sui materiali (ceramica, pietra ollare, oggetti in metallo, macine, fusaiole, vetri, ecc.) hanno evidenziato un elevato tenore di vita e una fitta rete commerciale sia a livello regionale che nazionale. Le analisi ambientali hanno fornito la fotografia di un territorio fortemente “vissuto”, con un’agricoltura sviluppata e abbondante utilizzo del legno come materia prima indispensabile per la vita del villaggio.
L'opera si chiude con la risposta alla domanda che più di ogni altra ha tormentato chi si è occupato di questo scavo: come si chiamava questo villaggio? Perché dargli un nome, cioè identificare un luogo tra le carte d'archivio (sempre poche!) che ci sono rimaste, significa anche riuscire in qualche modo a relazionarlo con qualcuno (da una parte) e in fondo capire come fosse percepito dai contemporanei (abbiamo scavato un villaggio, un castello, un porto? o meglio un sito che veniva qualificato così?)
Il volume tocca molti temi, dall'edilizia abitativa alla struttura dell'insediamento, dall'economia ai caratteri della vita quotidiana, e di fatto fornisce lo spaccato di una comunità e (indirettamente) dei suoi signori, delle loro strategie e dei loro modi di rapportarsi con le risorse, in quei secoli centrali del Medioevo (X-XI secolo) che furono davvero centrali per le società dell'Occidente Europeo.
Le innovative metodologie di scavo applicate hanno permesso di capire l’importanza e la complessità cronologica dell’insediamento, mettendo in luce i suoi forti legami con il territorio circostante, come confermano le fonti scritte in cui si evidenziano gli assetti insediativi, politici, patrimoniali e sociali dell’area dove il villaggio era ubicato.
Gli studi condotti sui materiali (ceramica, pietra ollare, oggetti in metallo, macine, fusaiole, vetri, ecc.) hanno evidenziato un elevato tenore di vita e una fitta rete commerciale sia a livello regionale che nazionale. Le analisi ambientali hanno fornito la fotografia di un territorio fortemente “vissuto”, con un’agricoltura sviluppata e abbondante utilizzo del legno come materia prima indispensabile per la vita del villaggio.
L'opera si chiude con la risposta alla domanda che più di ogni altra ha tormentato chi si è occupato di questo scavo: come si chiamava questo villaggio? Perché dargli un nome, cioè identificare un luogo tra le carte d'archivio (sempre poche!) che ci sono rimaste, significa anche riuscire in qualche modo a relazionarlo con qualcuno (da una parte) e in fondo capire come fosse percepito dai contemporanei (abbiamo scavato un villaggio, un castello, un porto? o meglio un sito che veniva qualificato così?)
Questa
pubblicazione è il coronamento del rilevante impegno di vari enti, i Comuni di
Sant’Agata Bolognese e San Giovanni in Persiceto, la Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Emilia-Romagna e l’Università degli Studi di Pisa, che hanno
effettuato gli scavi, studiato il sito, recuperato, classificato e musealizzato
i reperti, e diffuse le conoscenze acquisite con mostre, pubblicazioni e
conferenze. Tra gli enti che hanno contribuito alla scoperta dell’insediamento
medievale e alla sua valorizzazione va ricordata la Nuova Geovis S.p.A., oggi
controllata del Gruppo Hera, proprietaria di alcuni impianti per il trattamento
e lo smaltimento dei rifiuti nel comune di Sant’Agata Bolognese: il sito è
venuto in luce proprio durante i lavori per l’ampliamento della discarica
intercomunale e la società ha messo a disposizione il terreno, finanziato gli
scavi e posticipato la realizzazione della discarica.
Il volume è
il numero 33 della collana Quaderni di Archeologia dell’Emilia-Romagna promossa
dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna.
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