Dante
Franchi ha inviato il comunicato-appello dei COMITATI DOSSETTI PER LA
COSTITUZIONE che, con il titolo ‘UN COLPO DI RENI PER IL FUTURO DELLA
REPUBBLICA’, hanno diramato l’invito a partecipare all’Assemblea pubblica ‘contro
la violenza della riforma elettorale’ in programma per venerdì prossimo,
14 febbraio alle 17, nella sede di Bologna
del Convento di San Domenico, in Piazza
San Domenico.
Ecco il testo:
I Comitati Dossetti per la
Costituzione agiscono sotto la propria responsabilità e mai hanno preteso che
le proprie posizioni fossero quelle che se fosse stato in vita avrebbe preso
Giuseppe Dossetti. Ma oggi sono certi che il proprio Fondatore avrebbe lanciato
un grido di allarme sulla violenza che si sta innescando nel corpo politico
italiano, e di cui sono stati preannuncio gli avvenimenti di questi giorni. Il
fatto che la violenza si sia finora manifestata solo in parole di pesantissima
volgarità e sessismo, in momenti di rissa parlamentare, nonché in atti
istituzionali e in proposte legislative, non significa che essa sia meno grave
e pericolosa di quella cruenta: “voi credete di ritardare il giorno fatale e
affrettate il sopravvento della violenza” (Amos, 6,3).
È un innesco della violenza anche
quello comportato dal progetto della nuova legge elettorale che se realizzato
muterebbe la figura stessa della Repubblica: per suo mezzo infatti la
Repubblica democratica istituita dalla Costituzione rischia di trasformarsi in
una democrazia “octroyée”, concessa cioè dalle forze dominanti nei
limiti in cui venga considerata compatibile con la sovranità dei poteri
economici e l’impunità del denaro.
In questa situazione ciò che
soprattutto oggi Dossetti chiederebbe a tutti è la lucidità dell’analisi.
Il rischio della trasformazione
della democrazia della Costituzione in democrazia per concessione è ravvisabile
nella facoltà attribuitasi dagli autori della riforma elettorale di decidere
quanti e quali debbano essere i partiti ammessi a essere rappresentati nelle
Assemblee legislative e a giocare il gioco della governabilità. Secondo la
legge proposta da Renzi e Berlusconi, a parte la Lega e le minoranze
linguistiche fatte salve come fenomeni di ambito locale, per effetto degli
sbarramenti eretti contro singole liste e coalizioni (dal 4,5 all’8 al 12 per
cento, pari a diversi milioni di voti), i partiti che resterebbero in gioco
sarebbero tre: Forza Italia, Partito Democratico e Movimento 5 stelle. Tuttavia
per il suo settarismo, la sua immaturità e il suo autolesionismo il Movimento
di Grillo si pone fuori dal sistema proponendosi come sua alternativa
catartica; e poiché l’occasione è subito colta dai suoi avversari per
neutralizzare la sua critica e convenire di escluderlo da ogni ingerenza nel
potere, i partiti atti a governare resterebbero due, Forza Italia e Partito
Democratico.
Saremmo dunque ben oltre il
bipolarismo, al bipartitismo; ma si tratterebbe di un bipartitismo imperfetto
perché a causa dell’alto premio di maggioranza i due partiti, al primo turno o
al ballottaggio, entrambi in condizione di minoranza e prevedibilmente non
lontani l’uno dall’altro, diventerebbero per legge l’uno un nano, l’altro un
gigante. Ma il nano, pur nella sua diversità di stile e di opzioni etiche, non
potrebbe che svolgere un’opposizione apparente, di fatto funzionale alle scelte
politiche della forza di governo a cominciare da quelle che, rese obbligatorie
dall’ideologia economica o dai poteri di Bruxelles e di Berlino, sarebbero,
come già oggi, comuni.
Quale dei due partiti assumerebbe le
funzioni di governo nella condizione, così costruita, di un sostanziale
monopartitismo, cioè di un partito unico al comando?
In seguito all’accordo elettorale
stipulato al Nazareno si è già creato uno squilibrio. Le forze affini alla
destra, a cominciare dalla scelta di campo di Casini e di altri “centristi”, si
uniranno in un solo fascio, con o senza sbarramento, a differenza delle forze
di sinistra che rimarranno divise. Venuto meno il rigetto provocato dalla
persona di Berlusconi, altre forze e personalità rispettabili confluiranno in
una destra sentita come conforme alla cultura d’ordinanza, alle leggi
economiche, al palcoscenico mediatico e alla volontà dei mercati. Ciò a cui la
nuova legge elettorale è funzionale – salvo un colpo di reni oggi non ancora
prevedibile - è perciò la formazione e il successo di una Grande Destra
che si collegherebbe a una lunga tradizione italiana – liberismo più
trasformismo – interrotta solo dalla fase dell’intransigentismo sturziano,
della proporzionale e dei partiti popolari di massa, e poi superata nella
Repubblica democratica dopo la tragica esperienza del fascismo. Ma questa
destra, raggiunta dalle nuove forme di intolleranze, di xenofobia e di
razzismi, sarebbe molto diversa e ben più pesante di quella conosciuta sotto
l’antico rivestimento liberale.
Conclusa la parentesi berlusconiana,
si avrebbe così, con il sopravvento in tal modo predisposto per legge di questa
Grande Destra, la ristrutturazione di tutto il sistema politico italiano, e
verrebbe così a concludersi il ciclo apertosi con la rimozione del muro di
Berlino, la Bolognina, il messaggio di congedo di Cossiga dalla Costituzione
del 1991 e la discesa in campo del concessionario televisivo di Arcore nel ’94.
La pretesa “transizione” italiana, postmoderna postcastale e postpolitica,
verrebbe a finire in una democrazia filtrata e controllata, la democrazia
governante si trasformerebbe in democrazia non responsabile verso le istanze
interne e succube di poteri esterni, e il campo della competizione democratica
si trasformerebbe in un campo chiuso ai competitori. Infine la democrazia si
trasformerebbe in una democrazia triste, perché le elezioni nei sistemi in cui
tutti possono partecipare e tutto sembra poter cominciare di nuovo, sono anche
una celebrazione e una festa, mentre se si mutano in un rito misantropo di esclusione
di ogni possibile novità e del diritto di rappresentanza di milioni di
cittadini, diventano il luogo in cui anche il volto di un comico si tramuta in
una maschera tragica, il luogo di una lugubre notificazione del sequestro del
futuro e dell’esproprio delle garanzie democratiche.
Questo processo di manomissione
politica e costituzionale tuttavia non si è ancora perfezionato. Perché non si
realizzi sono necessario almeno quattro cose.
1)
È necessario che il Partito Democratico, proprio nel momento in cui Alfano
insiste, col pretesto della stabilità di governo, per stringerlo a sé in un
abbraccio mortale, si liberi da questa stretta, riacquisti la sua autonomia
politica e ideale e ricordi le speranze che era stato in grado di suscitare. È necessario
che resista all’omologazione nel pensiero unico del regime
economico-finanziario imperante e alla sua “ideologia dell’indifferenza”
rispetto ai bisogni e ai diritti umani di tutti e soprattutto dei poveri. È
necessario che respinga la democrazia concessa ai pochi e negata ai molti, e
prenda la testa di un movimento per la riforma costituente dell’Unione europea
in funzione dell’attuazione dei diritti e delle garanzie costituzionali per il
pieno sviluppo delle persone e dei popoli.
2)
È necessario che il Movimento 5 stelle, anche per rispetto dei suoi 8 milioni
di elettori, converta le sue posizioni e la sua immagine pubblica evitando di
cadere e anche di essere spinto nel buco nero della pubblica riprovazione e
della irrilevanza politica.
3)
È necessario che, comunque venga modificata la legge elettorale in discussione,
siano abolite le soglie di sbarramento, inutili e anzi dannose ai fini della
“governabilità”, tagliola al pluralismo politico, impedimento a ogni invenzione
possibile e insidia per gli stessi grandi partiti costretti a presentarsi in
listoni male assortiti e sinistramente allusivi al listone della legge Acerbo.
4)
È necessario che l’elettorato e in particolar modo l’opinione pubblica democratica
e costituzionale venga a sapere e comprenda che l’ora delle scelte da cui
dipende il futuro della Repubblica non è quella delle prossime elezioni
politiche, ma è proprio quest’ora in cui è in corso l’iter parlamentare della
legge elettorale in cui è messo in gioco lo stesso assetto
istituzionale dello Stato e il carattere della sua democrazia. È questo il
momento in cui l’elettorato si deve mobilitare per far sentire la sua voce a
quanti oggi sono chiamati a decidere. È questo del resto l’appello originario
dei Comitati Dossetti per la Costituzione, che sono nati per promuovere in ogni
città paese o quartiere l’iniziativa e l’incontro dei cittadini per la difesa,
l’attuazione e lo sviluppo della Costituzione.
In questo senso i Comitati
Dossetti invitano aderenti e cittadini ad assumere dovunque sia possibile le
opportune iniziative per affermare, in concomitanza col dibattito parlamentare
e in dialogo con i parlamentari delle rispettive sedi, le ragioni della
Costituzione, della democrazia e della libera rappresentanza popolare.
Per discutere e deliberare sul
presente documento è convocata, con invito rivolto a tutti i cittadini,
un’Assemblea pubblica a Bologna, venerdì 14 febbraio alle ore 17.00, nel
Convento di San Domenico, in piazza San Domenico.
ah ah ah ah ah ah ah ah ah
RispondiEliminaL'obbiettivo è tornare alla DC quanto prima, bravi.. Dossetti, Lercaro, La Valle, Mah!
RispondiEliminaha ha ha ha ha ha
RispondiEliminaI domini canes e tutte le altre congreghe vaticane sono lì da secoli a difendere la sovranità dei poteri economici e l'impunità del denaro.
ha ha ha ha ha ha
Non solo, i Dominicanes (cani del signore) erano esattori del papato,presso le regioni che non volevano partecipare alle crociate ed anche allestitori del tribunali della SANTA INQUISIZIONE, ma con chi vi state mischiando? Fagocitati? E' il posto giusto per difendere la Costituzione. Il prossimo è l'ordine militare dei GESUITI.
RispondiEliminaState preparando il terreno per il ritorno di Prodi come Presidente della Repubblica,alla fine tutti PD.
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