mercoledì 16 ottobre 2013

NINNI, la fine del mio caro amico, raccontata in un film-documento sulla strage di Marzabotto.


Sergio Marzocchi e Lamberto Lambertini

Una intensa emozione ha ridestato nel pubblico numeroso del teatro di Marzabotto il film-documentario sulla tragedia di Monte Sole ‘Ninni’ di Lamberto Lambertini e Sergio Marzocchi ,  presentato sabato scorso alla presenza degli autori, dei sindaci di Marzabotto e Monzuno Franchi e Mastacchi e di alcuni dei protagonisti involontari di quegli eventi storici legati all’occupazione tedesca durante l’ultima guerra.


Una ripresa con un militare intervistato.
Sono 48 minuti di testimonianze raccolte da Lambertini, in 23 anni di ricerche, con una telecamera amatoriale. Spinto inizialmente dal desiderio di indagare sulla uccisione di un suo amico, compagno di scuola e di giochi, Anselmo Tomesani, chiamato Ninni appunto, sfollato a Sperticano da Bologna con la famiglia per sfuggire ai bombardamenti sulla città e barbaramente trucidato all’età di 13 anni in uno dei rastrellamenti che funestarono il tristissimo autunno del ’44 a Monte Sole, Lambertini ha poi continuato a raccogliere materiale intervistando i superstiti ancora in vita e raccogliendo le storie di famiglie, di singole persone, di bambini,  donne, partigiani, religiosi che ebbero la sventura di trovarsi in quei luoghi. Storie diverse ma con lo stesso tragico epilogo, con lo stesso terribile destino.
I due autori con i sindaci e con il presidente Comitato Vittime.
Tutto il materiale era di oltre 30 ore di registrazione su nastro magnetico ed è stato necessario trasportarlo sui moderni supporti digitali e restringerlo a meno di un’ora. In questo è subentrata  l’opera del regista Sergio Marzocchi  che, con le musiche originali di Sandro Comini,  ha trasformato gli spezzoni di registrazione in un toccante racconto di fatti e sentimenti che, senza retorica né enfasi ma con la semplicità del linguaggio della gente comune  sa giungere dritto al cuore, sa commuovere profondamente, sa essere la condanna più severa della guerra con tutte le sue conseguenze.

In platea, don Dario Zanini con Lucia Sabbioni, una superstite
Lambertini non l’ha fatto per spettacolarizzare quegli episodi, non solo per interesse storico. L’ha fatto per cercare di metabolizzare quelle tragedie. Essere superstiti non è facile, ha spiegato Marzocchi. Non basta tutta la vita per superare il ricordo di quelle ore, dei minuti, di attimi di terrore e orrore.
Come hanno sottolineato nei loro interventi i due sindaci, questo prezioso lavoro potrà essere divulgato, fatto conoscere alle giovani generazioni anche tramite le scuole, rimarrà un documento importantissimo perchè raccolto direttamente dalle persone ancora vive che  sono stati testimoni di un momento di storia tra i più bui di queste terre. 

A Lambertini (nella foto) abbiamo chiesto:
Come ha saputo della fine di Ninni, fatto che l’ha spinto a intraprendere le sue ricerche?
Lessi  nel libro di Jack Olsen ‘Silenzio su Monte Sole, innanzitutto dove è successo il fatto e come morì: fu rastrellato insieme ai familiari e ad alcuni parenti e amici che si trovavano nella stessa casa, Ca’ Roncadelli di Sperticano. Furono tutti trasportati vicino a un ruscello e colpiti dalle fucilate. Cominciai le ricerche e seppi dai testimoni che Ninni, colpito allo stomaco, morì dopo un’agonia di quasi due giorni.  Questa tragedia mi ha spinto a cercare altri particolari e altri episodi della storia di Monte Sole.
Dei testimoni che lei è riuscito a intervistare, quanti sono ancora in vita?
Pochi, dei 27 che appaiono nel filmato, attualmente sono vivi poco più di  una decina. Tra essi anche la sorella di Ninni, Marisa che si salvò perché si gettò, ferita, nell’acqua rossa di sangue del piccolo torrente e la credettero morta
La sua ricerca è un importantissimo documento perché raccoglie documentazioni senza intermediari, dai testimoni diretti. Si è reso conto subito di cosa potesse diventare?
Ho iniziato spinto solo dalla grande curiosità di conoscere cosa è successo. Non ho pensato che potesse diventare importante ma l’ho fatto d’istinto. Ora mi rendo conto che conoscere i fatti può essere lo stimolo ad aiutare a  ‘costruire un percorso di pace’, ad evitare che si ripetano eventi tanto tragici
Lei è riuscito a intervistare anche dei soldati stranieri che erano qui nel ‘44. Come li ha trovati? Avevano superato l’orrore della guerra?
Ne ho rintracciati parecchi, da una parte e dall’altra del conflitto anche se molte testimonianze non hanno potuto essere inserite nel documentario. Si sono trovati tutti in una bolgia dove dovevano assolvere ciascuno a un compito e in seguito, rendendosi conto di cosa era successo si sono chiesti ‘ma cosa abbiamo mai fatto?’ Alcuni sono pentiti, altri meno. Chi è convinto di avere eseguito degli ordini non si dice pentito.
Cosa vuole aggiungere?
Un ringraziamento particolare lo voglio rivolgere alle mie ‘guide’, a coloro cioè che mi hanno accompagnato nella ricerca: Francesco Pirini, Luigi Fontana e la Pubblica Assistenza di Vado col presidente Franchini, don Dario Zanini e Tommaso Ballotta.


Ci siamo rivolti poi  al regista Sergio Marzocchi (nella foto):
 Lei è riuscito in qualcosa che molti suoi colleghi che hanno realizzato lavori su questo periodo non sono riusciti a fare e cioè ha saputo mantenersi neutrale lasciando che ogni racconto fosse fatto da ciascuno secondo il proprio punto di vista e mantenendo l’obiettività che dovrebbe avere il  ricercatore storico. Era un suo obiettivo fin dall’inizio o lo ha trovato nel corso dell’opera?
L’ho scoperto e pensato dopo aver visto le riprese di Lamberto. Ho pensato che l’unica chiave di lettura fosse di non avere una voce fuori campo e un testo esterno alle dichiarazioni. Abbiamo scelto la linea di riportare solo il racconto storico, la neutralità. E l’abbiamo mantenuta
Ritiene che possa essere esaustivo oppure con il materiale rimasto si potrebbero realizzare altri documentari?
Sì, avremmo materiale per realizzare altri documentari ma bisogna verificare se la qualità tecnica dei filmati è sufficientemente valida per essere all’altezza del primo. Il materiale è comunque di grande interesse.
Stupisce la profonda religiosità dei superstiti. Stupefacente l’atteggiamento di quella superstite che racconta della mamma che resasi conto della fine imminente le raccomandava ‘Recita l’Atto di dolore’. E’ una scelta della selezione o una costante nell’atteggiamento delle persone semplici, arricchite da una grande fede?
 La seconda cosa, assolutamente.
Non trapela odio in nessun racconto, né dei civili, né dei soldati o dei partigiani. E’ anche questo frutto di una selezione o è il grande cuore della gente, tutte vittime di un destino più forte di loro?
E’ proprio questo ciò che ho trovato nelle riprese e che era evidente in tutte le interviste. Questa pacatezza comunque rivela ancora una grande sofferenza Sono soddisfatto che emerga chiaramente dal filmato.

Anche la musica riesce a creare una grande suggestione. Sandro Comini (nella foto), compositore delle musiche ci dice:
La musica è determinante perché si deve amalgamare con le immagini senza sovrapporsi ai racconti dei protagonisti. Questo è stato il mio intento. Ciò che mi ha ispirato la musica è stato proprio sentire Lamberto quando nel raccontare di Ninni legge la sua letterina di Natale. Ho seguito il mio istinto e chi l’ha ascoltato mi ha detto che sono riuscito a ‘narrare’ lo struggimento che io stesso ho provato. 



  

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