Gli orfani di lavoro della Cartiera di Lama di Reno
sono la prova che ‘al peggio non c’è mai
fine’.
Tutti infatti ancora a spasso e con nessuna speranza
di rioccupazione a breve termine, i venti operari della Cartiera di Lama di Reno
che avrebbero dovuto essere riassorbiti dall’azienda che, riutilizzando uno dei
capannoni della ex Borgo, opera nel
settore del riciclaggio di materiali elettronici: in particolare vi si smontano
elettrodomestici e vi si selezionano i particolari recuperabili per essere
inviati al riutilizzo. L’azienda fu accolta a braccia aperte e con molta enfasi
sia perché si proponeva di risolvere un problema imminente, quello appunto dei
20 senza lavoro che avrebbero dovuto essere assunti con l’incremento
dell’attività, sia perché ritenuta l’apripista
per altre aziende attese per la riconversione
produttiva e per il recupero
occupazionale di tutto il grande
complesso dell’ex cartiera Borgo.
Invece, non solo non sono seguiti altri arrivi, i
venti operai sono ancora senza lavoro e
da due anni privi anche di qualsiasi sostegno economico. L’azienda impegnata nel riciclaggio utilizza
operatori arrivati da altri poli produttivi e i 20 operai sono ormai al dramma.
Tutti con età superiore ai 50 anni hanno già terminato i risparmi e il problema
esistenziale quotidiano si presenta pesante: il dramma è già una realtà. La
delusione è dovuta anche al fatto che l’azienda ha avuto anche agevolazioni e
sostegni da parte degli enti pubblici, proprio perché poteva rispondere a una esigenza
occupazionale locale.
L’impressione è quella del ‘raggiro con la falsa promessa di posti di
lavoro’.
Della vicenda è stato coinvolto il sindacato che sta
valutando l’opportunità addirittura di adire alle vie legali: “Stiamo valutando
la vicenda con il nostro legale”precisa Amos Vezzali delegato territoriale
della Fiom. “Chi non ha il lavoro che
gli era stato promesso non è neppure un esodato e non ha alcun sostegno sociale
essendo gli ammortizzatori sociali per loro ormai scaduti da due anni. Siamo di
fronte a situazioni drammatiche, anche se la dignità dei lavoratori li porta a
non esternare questa loro difficilissima
situazione”.
Intanto diventa
più che un sussurro la tesi che l’aver voluto opporsi alla proposta di
collocare nel sito industriale la Turbogas sia stato un errore. C’era infatti
la proposta di ampliare la centrale a gas già presente nello stabilimento per
rispondere ai picchi di richieste di energia. Una alzata di scudi generalizzata
dei residenti, intenzionati a preservare la salubrità ambientale, ha impedito la
realizzazione di questo impianto che avrebbe creato nuovi posti di lavoro per
coloro che erano rimasti senza occupazione dopo la chiusura della cartiera.
> questo impianto che avrebbe creato nuovi posti di lavoro
RispondiEliminaNo, questa affermazione è falsa.
Sono state divulgate in malafede un sacco di bugie occupazionali sulla pellaccia di povera gente.
L'impianto che si sarebbe dovuto realizzare, oltre a molteplici non sense di altra natura, sarebbe stato realizzato con una tecnologia unmanned, ovvero una tecnologia che può essere operativa e funzionante senza alcuna presenza umana, al più per eccesso di cautela, presenziata con pochissime unità (una o due) peraltro con preparazione specifica.
Questo è stato ampiamente divulgato e la popolazione precisamente informata su questa menzogna "occupazionale".
leggendo l'accordo quadro sottoscritto dalla dismeco, sindacati, amministrazione provinciale e comune di marzabotto (vedi il link) sarebbe opportuno che non solo il sindacado agisse per via legali nei confronti della dismeco ma anche le amministrazioni che hanno sottoscritto l'accordo, tra cui il nostro comune Marzabotto, appunto.
RispondiEliminahttp://www.comune.marzabotto.bo.it/upload/marzabotto/gestionedocumentale/accordo%20quadro%20Dismeco_784_2837.PDF
anto masi