La montagna a monte della provinciale val di Setta si sposta a valle e sta spingendo due case, quelle ai numeri 73 e 75, fuori dalla sede propria. Una delle due case ha già evidenziato crepe che crescono in larghezza ogni giorno e una ordinanza di sgombero ha imposto alle quattro famiglie che occupavano le due costruzioni di abbandonare le abitazioni. Un gruppo, formato da Albino Menzani e dalla famiglia della figlia, ha trovato rifugio presso parenti, mentre Mauro Paolini con la sua famiglia, formata dalla moglie Ernesta Lazzaroni, la figlia Catia e il genero Giulio Tramentozzi , si è sistemato provvisoriamente nell’abitazione a lui concessa a Vado da un amico. L’edificio è però privo di allacciamento dell’acqua, del gas e dell’energia elettrica. “Sarebbe stato meglio il terremoto”, ironizza Mauro per rimarcare l’abbandono in cui è stato lasciato. “Almeno qualcuno avrebbe portato una tenda e un pasto. Ora dormiamo nella nuova casa priva di servizi, ma di giorno, per cuocere i cibi, siamo costretti a ritornare nella nostra casa sinistrata”. Paolini fa poi la cronistoria dell’avvicinamento della frana. “Le prime avvisaglie del distacco della massa rocciosa si sono avute fra ottobre e novembre”, racconta. “Chiamammo allora un geologo che in marzo è venuto per un sopralluogo. La mattina tragica è stata comunque quella del 3 maggio quando, a partire dalle 9.15, iniziò un lungo boato come quello di un terremoto. Boato generato certamente da un movimento di distacco significativo della frana. I rumori sono terminati alle 10, come che il distacco si fosse consumato nella sua interezza. Da allora il movimento non si è più fermato e ogni mattina le crepe si presentano più larghe specialmente quelle esterne nella roccia.” Ieri sono stati fatti i rilievi topografici guidati dal geometra Gisberto Gerbi al fine di individuare l’intervento più opportuno per mettere in sicurezza la zona e salvare l’edificio dal crollo. “La roccia è purtroppo a strati con piani di scivolamento che la rendono piuttosto instabile”, ha detto Gerbi. “L’intervento è impegnativo perché occorre trasferire una massa notevole di roccia e sabbiella. Occorre rimodellare un profilo altimetrico tale da scongiurare altri smottamento che potrebbero minacciare ancora le abitazioni. Si conta poi di operare in modo tale che la parte di sabbiella e roccia rimossa sia sufficiente ad alleggerire la spinta in essere contro la casa e a stabilizzare in modo definitivo il movimento franoso”, ha concluso.
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