Sigilli aperti ieri allo stabilimento della Marconigomma di Sasso Marconi per consentire una serie di ‘operazioni irripetibili’ utili ad arrivare alla verità sullo scoppio al miscelatore della gomma che è costato la vita a Iadav Ramjaz e Fabio Costanzi. In particolare è stata esaminata tutta la parte dello stabilimento interessata dall’evento, “ con l’obiettivo”, ha spiegato il pubblico ministero Marco Mescolini titolare dell’inchiesta per omicidio colposo e lesioni, “ di individuare residui utili alle indagini anche se è da supporre che, essendo stata l’area sottoposta a una temperatura di fusione, poche siano le tracce lasciate dal passaggio delle fiamme e individuabili. E’ stato inoltre esaminato il macchinario all’interno del quale le componenti della gomma vengono miscelate per ottenere i diversi prodotti ( il benbery all’interno del quale avviene la miscelazione e la cui camera chiusa si è trasformata in una bomba). Si sono valutate eventuali anomalie strutturali che potessero aver contribuito alla combustione che ha portato allo scoppio”. Il Pm ha poi spiegato che questa è l’ultima fase degli accertamenti urgenti. Le indagini proseguiranno poi a 360 gradi. Al lungo incontro erano presenti, a garanzia delle parti, i consulenti del PM ingegner Massimo Bardazza e il dottor Onelio Morselli, i consulenti di parte Cincotti di Milano, Ortolani di Milano, Casadei di Castenaso, Angiolini di Bologna, Pasquali di Bologna e Tommasi di Milano. Nello stabilimento anche gli avvocati Alessandro Armaroli e Sergio Zoffoli che difendono Luciano Cardin e Tiziano Boselli della Marconigomma e gli avvocati Ugo Guidi e Guia Fontana per la fornitrice francese Arnoud e per il signor Remì Meuniere. Gli avvocati di parte francese hanno inoltre messo a disposizione dei consulenti uno dei componenti forniti alla Marconigomme dalla ditta francese e realizzato in Cina. L’avvocato Ugo Guidi dopo aver rimarcato la correttezza procedurale, ha voluto precisare che, dopo l’assunzione di questa fase dei rilievi ‘irripetibili’ si augura che si arrivi in tempi brevi alla revoca o all’ attenuazione del sequestro. “Ciò potrebbe consentire all’azienda di riavviare le attività come attendono i 55 dipendenti dell’azienda. “Il sequestro era di tipo probatorio”, ha precisato l’avvocato. “Terminata quindi la fase di valutazione delle prove lo stabilimento potrebbe essere dissequestrato. Solo se il sequestro fosse stato di tipo ‘preventivo’, motivato dal timore che il fatto potesse ripetersi, la prosecuzione del provvedimento avrebbe una motivazione. Ma questo non è il caso della Marconigomma”.
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